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 2015  febbraio 27 Venerdì calendario

Dopo quello del bacino avremo il primo trapianto di testa? Il neurochirurgo Sergio Canavero se ne dice sicuro, ma i colleghi si dividono. Un pioniere o un visionario?

C’è qualcosa di misterioso che unisce la ghigliottina al destino di Sergio Canavero, il neurochirugo torinese pronto a praticare il primo trapianto di testa umana al mondo. La rivista «New Scientist» lo ha annunciato così, ieri: «A giugno, ad Annapolis negli Stati Uniti, il medico italiano parteciperà alla conferenza annuale della “società americana di neurochirurgia”. Lì, incontrerà professionisti di ogni specialità: ortopedici e cardiologi, ematologi e pneumologi, per formare l’equipe che lo affiancherà in sala operatoria».
Fu la ghigliottina a ispirare nel 1812 Julian Jean Cesar Legallois. Il fisiologo francese ipotizzò che una testa, se irrogata con sangue ossigenato, avrebbe potuto continuare a vivere. Duecento e tre anni dopo ci prova Canavero. In mezzo le previsioni letterarie del «dottor Frankenstein» e della sua creatura deforme. Il risultato di un collage cucito con pezzi umani. Fino alle invenzioni fanta-horror di John Carpenter, il regista splatter dei corpi e delle teste mozzate. E poi gli esperimenti scientifici su cani, scimmie e rane. Perchè l’uomo è così, ha bisogno di capire per progredire. Per andare lontano e poter curare.
È di due giorni fa la notizia che difficilmente avremmo creduto di sentire. All’ospedale Molinette di Torino è stato eseguito il primo trapianto di bacino al mondo. Il paziente è un ragazzo di 18 anni, malato di tumore osseo che senza quell’intervento, forse, non avrebbe avuto nessuna chance.
Discusso
Sergio Canavero è un medico contestato dalla comunità scientifica italiana. Il neurochirurgo, che ascolta Mozart e Beethoven, è sposato, ha due figli e pratica yoga, alza le spalle. Prende una banana in mano. La divide con un coltello, la infilza con spaghetti crudi e spiega la sua teoria: «Il punto che mi contestano qui, in Italia – s’infuoca – è il come. Come si procede in sala operatoria? Ma se tagliato di netto, collo e midollo spinale, allora ricucire è possibile. I nervi? I muscoli? Hanno già ricongiunto quelli di braccia e gambe. Con la testa non è diverso. Il rigetto è escluso. L’unico possibile è quello psicologico. Ma io ho pensato a come risolverlo: per fare accettare al paziente il suo nuovo corpo gli faremo vivere una esistenza virtuale. Per almeno sei mesi, prima dell’intervento, indosserà occhiali che gli mostreranno la sua testa incollata al nuovo tronco. È la salvezza per paraplegici e malati di distrofia».
Il medico parla, spiega. Si agita. E intanto il suo cellulare non smette di suonare: «È la Bbc. La Cnn. El mundo. Una radio svizzera. Dobbiamo fare presto, mi vogliono intervistare...». Quel turbinio mediatico non sembra disturbarlo. L’aveva già provato due anni fa quando annunciò, per la prima volta, il desiderio di provarci. Fu a quel punto che i colleghi si scatenarono. La società italiana di neurochirurgia, attraverso il suo presidente, Alberto Delitale, si espresse in maniera feroce. E ancora lo fa, a prescindere da «Newscentist». «Oggi, parlare di teste mozzate – dice Delitale – è la scorciatoia più meschina per ottenere visibilità. Ciò che Canavero va dicendo da anni non ha nessun fondamento. La scienza ha bisogno di prove, dimostrazioni. Ripetibilità. La sua teoria non ha niente di tutto questo. L’unico effetto che merita attenzione è la fila di malati, disperati, che bussa alla sua porta. L’etica è una questione che quell’uomo non si pone».
I limiti della scienza
Già, l’etica. Fino a che punto la scienza ha diritto di spingersi? E la società quanto è capace di accettare? Sergio Canavero dice che la sua è una deontologia specchiata. «Ho scelto il mio mestiere a otto anni. Volevo essere ricordato per cosa avrei saputo dare all’essere umano. Il mio studio l’ho messo giù vent’anni fa. L’ho scritto con una Olivetti 87 aggiornandolo di volta in volta: si congelano le teste del destinatario e del donatore. Il tessuto intorno al collo viene sezionato. I vasi sanguigni collegati. La testa viene poi spostata sul corpo del donatore e le due estremità del midollo spinale, fuse insieme. Il polietilenglicole, che inietterò, incoraggerà la fusione del grasso nelle membrane cellulari. Poi azionerò gli elettrodi impiantati nel corpo. Mi rendo conto, suscita impressione, orrore. Ma si può fare. Non so perchè si ostinino a dire il contrario. La scienza accreditata non dice la verità. Anche Eluana, avrebbe potuto risvegliarsi...».
La ragazza in coma vegetativo per 17 anni morta donna a 39 dopo una lunga, terribile battaglia umana e giudiziaria del padre, Beppino Englaro: «Non è così. Mia figlia non avrebbe potuto. Lo disse chiaro il rianimatore dopo l’incidente stradale. E lo provò l’autopsia sulla corteccia celebrare. So che ci sono medici convinti che tutto si possa fare per obbligare l’uomo a vivere. Non li giudico. Sono per la libertà di scelta. Quella loro di spingersi oltre i limiti della scienza. E la mia, di non ascoltarli».