Libero, 26 febbraio 2015
Una politica di alleanze per preparare la successione. Appare questa la strategia di Silvio Berlusconi che, a 78 anni, deve pensare alla prossima generazione. Fra l’altro piuttosto affollata (cinque figli da due matrimoni) e sopratutto divisa da qualche rivalità
Una politica di alleanze per preparare la successione. Appare questa la strategia di Silvio Berlusconi che, a 78 anni, deve pensare alla prossima generazione. Fra l’altro piuttosto affollata (cinque figli da due matrimoni) e sopratutto divisa da qualche rivalità: come non ricordare, tanto per fare qualche esempio, l’aspirazione di Barbara per la presidenza della Mondadori occupata da Marina. E che dire delle differenze di ruolo: Piersilvio alla guida operativa di Mediaset il cuore pulsante del gruppo. Marina a Segrate e alla presidenza della Fininvest, la cassaforte di famiglia. Luigi ed Eleonora, invece, appaiono piuttosto defilati (anche per la giovane età) e Barbara è costretta a sgomitare nel Milan per guadagnare spazio ai danni di un monumento della dirigenza sportiva italiana come Adriano Galliani.
Insomma una situazione piuttosto incandescente che richiede l’intervento del patriarca. Quale soluzione migliore che spostare il riferimento della dinastia dalla gestione alla proprietà? Un passo indietro tipico delle grandi famiglie. Avevano cominciato gli Agnelli settant’anni fa cedendo il comando a Valletta. Ma quella era stata una soluzione imposta dalle circostanze. Negli anni ’80 furono Gianni e Umberto a lasciare la guida a Romiti. E che dire dei Benetton sempre più scarichi di cariche operative? Ci aveva provato anche Leonardo Del Vecchio ad andare in pensione prima di essere costretto a tornare in partita dall’uscita di Andrea Guerra. In ogni caso nessuno dei suoi numerosi figli ha posti in azienda.
Berlusconi ha un problema aggiuntivo: proteggere le aziende dall’assalto degli avversari politici. Una delle esigenze primarie che vent’anni fa l’aveva portato alla discesa in campo. Come costruire lo scudo? La possibilità più semplice sarebbe quelle di vendere. In questo caso, però, i ragazzi non solo smetterebbero di essere gestori ma non sarebbero più nemmeno azionisti. Così è cominciata la partita delle alleanze. L’obiettivo è quello di costruire matrimoni forti che impediscano l’identificazione immediata tra le aziende e la famiglia Berlusconi. Sono operazioni complicate che deve fare Silvio perchè i ragazzi, probabilmente, non ne avrebbero la forza. Quanto sia radicato il pregiudizio politico verso il Biscione si è visto proprio in queste ore con il fuoco di polemiche contro l’integrazione tra Mondadori Libri ed Rcs e la novità odierna del matrimonio di Ei Towers e Rai Way. Due operazioni impeccabili dal punto di vista industriale. Ostacolate dall’ideologia e dal pregiudizio. Nel caso della carta stampata verrebbe creato un campione nazionale che avrebbe uomini e mezzi per stare sul mercato. Un’operazione contro cui si stanno scagliando intellettuali e politici di sinistra. Bersani addirittura ha chiesto una legge per impedirlo considerandola un’operazione da terzo mondo. Eppure nel 2002, in Francia, Hachette rilevò il settore libri di Vivendi creando un blocco che aveva più del 40% del mercato e nessuno propose la censura. Per non parlare del matrimonio nel mondo delle antenne e dei ponti radio. Un grande gruppo nazionale capace di sviluppare tecnologie e investimenti. Per il momento però le nozze fra Ei Towers e Rai Way sembrano come quelle fra Renzo e Lucia: non s’hanno da fare. Vedremo più avanti anche se, trattandosi di titoli quotati, nelle dichiarazioni servirebbe un supplemento di attenzione e trasparenza.
Comunque l’impegno di Silvio nel tessere alleanze non conosce soste. Sta cercando un partner per il Milan. In questo caso però, gli ostacoli non riguardano la politica. Casomai l’eccessivo debito e la passione sportiva del Presidente non ancora esausta. Un’accordo perfetto è quello trovato da Piersilvio su Mediaset Premium. Un gioco di sponda che ha portato la pay tv italiana all’altare con il colosso dei telefoni spagnoli Telefonica. All’orizzonte c’è la possibilità di un’ulteriore crescita a livello europeo.
Ma è chiaro che il vero matrimonio, quello destinato a cambiare la storia del Biscione, è un altro. Quello tra Mediaset e Telecom Italia. Un’operazione di cui si parla da anni: l’integrazione tra tv e telefono con la famiglia Berlusconi che diventa azionista del gruppo (ma senza gestione).
Gli ostacoli, certo, non mancano. Sono politici ma anche finanziari visti i 38 miliardi di debito che gravano sul gruppo telefonico. Ora però la situazione sta cambiando. A cominciare dal fatto che il primo azionista di Telecom è il finanziere bretone Vincent Bolloré che di Silvio è vecchissimo amico.