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 2015  febbraio 26 Giovedì calendario

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è paralizzato a causa della nuova Guerra Fredda. A vuoto tutti i tentativi di riforma, prevalgono gli interessi nazionali

Se a settant’anni dalla sua creazione l’Onu fatica a centrare gli obiettivi di pace del proprio mandato, la colpa è dei Paesi membri. E sono proprio questi Paesi che potrebbero sbloccare lo stallo, se ne avessero la volontà politica, a partire dalla riforma del Consiglio di Sicurezza.
La provocazione del segretario di Amnesty International Salil Shetty, che ha sollecitato i membri permanenti Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna a non usare più il veto, non è nuova. L’aveva fatta anche l’ex segretario Kofi Annan, scrivendo un editoriale sul «New York Times» il 6 febbraio scorso. L’ostacolo è l’interesse nazionale, che difficilmente convincerà questi Paesi a rinunciare ai loro privilegi.
Due funzioni
Il Palazzo di Vetro oggi svolge soprattutto due funzioni. Quella umanitaria, che conducono agenzie tipo l’Unicef o il Commissariato per i rifugiati, preziosa ma quasi dimenticata; e quella politica, chiaramente insufficiente, a giudicare dai titoli quotidiani dei giornali. Ciò che lo blocca è l’architettura, voluta dopo la Seconda Guerra Mondiale dai Paesi vincitori, che si sono autoassegnati il veto per non correre il rischio di subire provvedimenti sgraditi. Così ancora oggi la Russia può bocciare qualunque iniziativa sulla Siria o l’Ucraina, e gli Usa possono fermare ogni risoluzione su Israele, giusto per fare due esempi.
All’epoca dell’amministrazione Bush, i neocon suggerivano semplicemente di chiudere il Palazzo di Vetro, per sostituirlo con l’Alleanza delle democrazie. Questa ostilità dipendeva principalmente da due fattori: l’opposizione dell’Onu alla guerra in Iraq, e la percepita ostilità verso Israele. Contro l’invasione di Baghdad, però, avevano preso posizione soprattutto Francia e Germania, ovvi membri di qualunque Alleanza delle democrazie, che quindi si sarebbe spaccata come il Palazzo di Vetro. Quanto ad Israele, l’avversione nasce dal fatto che nel mondo c’è un ampio gruppo di Paesi islamici, che non sparirebbero cancellando l’Onu.
Sempre più inefficace
Nel frattempo però il problema dell’efficacia dell’organizzazione è rimasto, o è peggiorato. Il Palazzo di Vetro resta uno strumento fondamentale, perché non esiste un’altra istituzione che possa legittimare l’uso della forza con la stessa autorevolezza. Però ci riesce sempre meno, appunto per i veti incrociati.
La riforma del Consiglio è sul tavolo da oltre vent’anni, e finora si è concentrata sul problema dell’allargamento, che è importante per rispecchiare meglio i rapporti di forza internazionali mutati. L’Italia è riuscita ad evitare che si procedesse con l’ingresso di nuovi membri permanenti, Germania, Giappone, India e Brasile in testa, proponendo invece di consentire ad alcuni membri non permanenti di ruotare con più frequenza. Oltre ai quattro grandi pretendenti, l’Africa si oppone a questa idea perché è l’unico continente senza un seggio fisso con potere di veto. La rivalità fra Sudafrica, Egitto e Nigeria però impedisce agli stessi africani di trovare un compromesso, ed è indicativo che proprio Annan sul «Times» abbia sposato l’idea italiana.
Questa proposta risolverebbe il problema della rappresentatività del Consiglio, ma non quello della sua efficacia, che resta minata dal veto. L’Onu non è il governo del mondo, e il segretario generale non ha truppe con cui intervenire per imporre la pace: è uno strumento a disposizione degli Stati membri, e se gli Stati membri scelgono la paralisi, è impossibile aggirarli. I primi responsabili dello stallo sono i detentori del veto. Naturalmente non accetteranno mai di rinunciare a questo potere, ma così rendono inutile l’intera Onu. La proposta soft di Shetty e Annan è che lo conservino, senza però usarlo in maniera paralizzante come hanno fatto finora. Davanti alle crisi, in genere la comunità internazionale avrebbe un’idea di cosa sarebbe giusto fare, e ce l’hanno anche i membri permanenti del Consiglio. Se però l’interesse nazionale resterà il principio prevalente, armato col veto renderà impossibile qualunque azione utile.