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 2015  febbraio 26 Giovedì calendario

Alla fiera delle esenzioni greche. Dall’Iva alle case, dai consumi alle isole dell’Egeo. In Costituzione il diritto degli armatori a non pagare tasse sui profitti all’estero. Parliamo di sconti che costano 4 miliardi l’anno alle casse di Atene

La crisi greca è cominciata nel 2009, e già allora tutti gli esperti dicevano che il problema dei problemi era quello dell’evasione fiscale, e che risolto quello tutto sarebbe andato a posto. Sei anni dopo, si scopre che su quel fronte non è stato fatto assolutamente niente. Proprio ieri è cominciato il processo all’ex ministro socialista dell’Economia Papakonstantinou, accusato di aver sbianchettato la «lista Lagarde» (un elenco di 2000 greci col conto in Svizzera), e poi sabotato ogni indagine. Quel che è certo è che se non interverrà rapidamente e radicalmente sull’evasione (illegale, o del tutto legalizzata) per Alexis Tsipras non ci sarà speranza alcuna.
Nessun greco paga le tasse volentieri, ma oggi circa due terzi della popolazione può fare poco per evitarle, pagando con la ritenuta alla fonte sul reddito. Si può però evadere facilmente le imposte indirette e a volte quelle sugli immobili: imprese e professionisti, invece, hanno mille occasioni e modi per farla franca. Possono stare del tutto tranquilli i più ricchi del Paese, ovvero gli armatori.
Parliamo di un settore che gode di un trattamento privilegiato addirittura stabilito nella Costituzione sin dal lontano 1967: la totale esenzione fiscale sui profitti ottenuti all’estero. Va da sé che gli armatori, grazie alla loro ricchezza, sono riusciti a controllare molti settori chiave della vita del Paese: le reti televisive e i giornali, le infrastrutture e i lavori pubblici, le squadre di calcio, la grande distribuzione, la vendita di benzina e carburanti, le banche. E, si dice, anche i partiti storici di governo, Pasok e Nea Dimokratia.
E poi ci sono le «esenzioni fiscali legali», quasi 4 miliardi di euro l’anno: 300 milioni riguardano la casa, 700 la tassazione dei capitali, 600 la tassazione degli immobili, 70 quella dei veicoli, un miliardo di euro valgono i trattamenti privilegiati sull’Iva e un altro miliardo la «tassa speciale sui consumi» che riguarda i carburanti. Alcune di queste esenzioni hanno una storia antica, come l’Iva agevolata per le isole dell’Egeo: una volta erano terre povere e abbandonate, ma oggi grazie al turismo sono le aree più ricche.
E a complicare le cose c’è anche un sistema fiscale dove regnano inefficienza e corruzione. Pochi computer, banche dati cartacee, propensione alla bustarella del personale, pressioni dei politici a favore dei «grandi contribuenti», impossibilità di incrociare pagamenti e dichiarazioni. E infine, la crisi ha dato il colpo di grazia alle entrate: ora ci sono ben 72 miliardi di euro di imposte (e sanzioni) arretrate.
Per cercare di incassarne almeno una parte, il governo di Syriza ha promesso di realizzare una sorta di condono super tombale, ma gran parte di queste tasse arretrate sono a nome di aziende fallite da anni o del tutto inventate per evadere.