Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 26 Giovedì calendario

A Torino il primo trapianto di bacino al mondo. Salvato così un 18enne, dopo 12 ore di intervento per la protesi al titanio e tantalio costruita su misura per lui

«Senza questo intervento, mio figlio non ci sarebbe più. Se mi dicono dove lo vogliono, a questi medici faccio un monumento...». Lacrime di gioia per il padre del diciottenne sottoposto, per la prima volta al mondo, alla sostituzione di metà del suo bacino con una protesi in titanio e tantalio costruita su misura per lui. Il figlio è già sveglio dopo l’intervento di quasi 12 ore. Affetto da un osteosarcoma inoperabile, fino a poche settimane fa per questo ragazzo la diagnosi era infausta. Nonostante avesse risposto abbastanza bene a 16 cicli di chemioterapia, probabilmente non ne sarebbe uscito.
L’osteosarcoma è un tumore giovanile (età media dei colpiti: 19 anni), con una sopravvivenza passata solo negli ultimi anni dal 20 al 60 per cento. Molto maligno. La sua incidenza è di un nuovo caso all’anno ogni 100 mila abitanti.
Il padre del giovane operato è nel corridoio antistante l’ingresso della rianimazione del Cto di Torino. Continua a ripetere una sorta di mantra: «Sveglio, bello, con la prospettiva di tornare a camminare». Scherza: «Con quella protesi al titanio, ora è anche prezioso». Poi frena l’euforia, tra realtà e scaramanzia: «Aspettiamo prima di cantare vittoria». Ecco i medici: «Era inoperabile, l’abbiamo operato. Per ora tutto bene, anzi meglio del previsto. Ma...». Un «ma» giustificato dall’unicità dell’intervento, perché trapianti di bacino con ossa da cadavere sono stati fatti (in Italia, l’ortopedia fa scuola), anche se i risultati nel tempo non sempre sono stati buoni a causa del riassorbimento dell’osso donato. Di qui l’idea di usare un materiale che nel tempo si «integra» con l’osso, che diviene osso. È il tantalio, al momento esclusiva di una sola azienda al mondo. Azienda statunitense. Raimondo Piana, 44 anni, nato a Torino, è il chirurgo dei tumori ossei del Cto. Su insistenza del giovane ha ipotizzato la via della bioprotesi. Ha mandato negli Usa una Tac tridimensionale di quel bacino «mangiato» dal tumore, è stato fatto un calco e, finalmente, dopo 50 giorni è stata creata la protesi su misura. E anche il sistema di aggancio, in attesa di un’osteointegrazione. Dall’anca alla pelvi, la testa del femore, il femore. La parte destra. Il ragazzo dal bacino metà bionico è stato «progettato» a tavolino, nei minimi particolari. Continui i contatti con gli Usa. Cinquanta giorni di trepidante attesa per il ragazzo della provincia di Torino.
Il chirurgo Piana è stato all’estero, ma sottolinea: «La migliore scuola è quella italiana». E cita il Rizzoli di Bologna come top. I protagonisti di questa storia sono però tutti all’ombra della Mole, nella Città della Salute. Il 18enne è stato curato con la chemio al Regina Margherita, da Franca Fagioli. Quindi al Cto. È entrato in sala operatoria l’altro ieri e ne è uscito ieri dopo circa 12 ore. Raimondo Piana gli ha rimosso l’emibacino destro e l’anca colpiti dall’osteosarcoma. Alessandro Massè, direttore della Clinica ortopedica, lo ha ricostruito con la protesi in titanio e tantalio. Maurizio Berardino (capo dell’Anestesia e rianimazione) lo ha fatto «dormire» e poi risvegliare senza strascichi.
Davanti alla stanza del giovane, che ora riposa, il padre racconta le sue prime parole al risveglio dall’anestesia: «Ci ha chiesto com’era la ferita. Pensa già al recupero e ha cambiato idea sul suo futuro: non più avvocato tributarista, ma medico. Per aiutare gli altri». Storie di buonasanità.