Corriere della Sera, 26 febbraio 2015
Salvini ieri ha organizzato una manifestazione al Campidoglio contro il sindaco Ignazio Marino, disertando l’incontro al Quirinale. E sullo scontrro interno al suo partito ha detto: «Tosi? Ha fatto troppi sbagli. Avrà il Veneto dopo Zaia»
C’era una volta la Lega di lotta e di governo. Ora è rimasta solo la prima e il nuovo corso di Matteo Salvini non fa sconti a nessuno. Ma c’era una volta anche la Lega della Roma ladrona. Le cose cambiano e così il leader del Carroccio alza il tiro: diserta il Quirinale, lasciando il presidente della Repubblica solo con i capigruppo, e si prepara alla discesa romana di sabato, con il corteo anti Renzi. Come antipasto, ieri ha organizzato una manifestazione al Campidoglio, contro il sindaco Ignazio Marino. Ma se il livello dello scontro si alza esternamente, anche nel partito il conflitto si fa duro, con il ribelle Flavio Tosi che non si vuole adeguare alla linea di opposizione dura e pura che mira a rompere le alleanze in vista delle Amministrative. E Salvini che lo bacchetta, appoggiato anche da Umberto Bossi. Il Senatùr sentenzia così: «Tosi cerca di stare a galla, ma ha fatto troppi sbagli. Zaia deve restare davanti agli altri».
Il capogruppo alla Camera Gian Marco Centinaio dà atto al presidente Mattarella di averli ricevuti: «È un fatto molto positivo». La richiesta del Carroccio è di una «moral suasion» del capo dello Stato verso il «dittatore» Renzi: «Rispetti di più il Parlamento». Ma il territorio d’elezione dell’opposizione leghista è la piazza. Non a caso ieri Salvini ha voluto essere presente di persona al Campidoglio, insieme a una decina di sostenitori che indossavano una t-shirt con la scritta «Renzi a casa». «A casa» Salvini vorrebbe mandare anche il sindaco Marino, «una calamità». Contro il leader della Lega, alcuni contestatori di Sel hanno gridato «buffone», «fascista», «razzista». Ricevendo in cambio baci ironici diretti alle ragazze e una replica alla stampa a posteriori: «Erano solo quattro disadattati».
Sul terreno delle alleanze, assicura il governatore veneto Zaia, «può ancora accadere di tutto». Ma Salvini conferma la linea: «Non saremo mai alleati con l’Ncd. Berlusconi farà le sue scelte». E le farà anche Tosi, che anche ieri non ha risparmiato attacchi ai vertici: «Quando c’era Bossi, per il Veneto decideva la Liga. Salvini vuole decidere tutto da Milano. E ha disatteso tutti gli accordi». L’ipotesi che Tosi si lanci in una corsa solitaria, contrapposto a Zaia, resta in piedi. Salvini scalpita. Da una parte sembra rassicurare, spiegando che «Tosi non rischia e non è fuori dalla Lega». Dall’altra però chiarisce: «Chi non appoggia Zaia in Veneto è fuori. Discutere la sua candidatura sarebbe sciocco. Ognuno ha le sue legittime ambizioni, ma se Tosi vuole fare il governatore potrà farlo dopo il secondo mandato di Zaia». E Tosi, spiega il sindaco di Padova Massimo Bitonci, «per me è già fuori dal partito». Il sindaco di Verona non la pensa così: «Io resto nella Lega».
Sul versante piazza, Salvini si prepara al sabato romano. Questa volta, sotto accusa non è la matrona romana che accoglieva nel suo grembo le uova d’oro covate dal ricco nord (lo storico manifesto leghista), ma il governo. «Manifestazione pacifica e aperta a tutti, anche a Forza Italia», assicura Salvini. Ma il clima è teso. Da una parte Casa Pound si schiera con la Lega, dall’altra si annuncia una contromanifestazione «antagonista». Pronti a intervenire cento agenti.