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 2015  gennaio 30 Venerdì calendario

Dobbiamo salvare di nuovo la Grecia? E chi esattamente: i loro poveri, che vivono peggio di 10 anni fa; o i loro ricchi evasori che hanno appena beneficiato del guadagno del 20% di apprezzamento del franco svizzero? È difficile rispondere in modo utile ignorando i fatti. Proviamo quindi a ricordare anzitutto cosa è successo negli ultimi 5 anni

Dobbiamo salvare (di nuovo) la Grecia?  E chi esattamente: i loro poveri, che vivono peggio di 10 anni fa; o i loro ricchi evasori che hanno appena beneficiato del guadagno del 20% di apprezzamento del franco svizzero? È difficile rispondere in modo utile ignorando i fatti.
Proviamo quindi a ricordare anzitutto cosa è successo negli ultimi 5 anni:
Dal maggio 2010, la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario (mediante un apposito Economic Adjustment Programme ) dai Paesi membri dell’ Eurozona e dal Fondo Monetario Internazionale, non essendo più in grado di finanziarsi sui mercati. Alla sua richiesta di aiuto, la comunità internazionale (Washington, Bruxelles, e Francoforte) ha dato una risposta molto positiva seppure con il metodo della condizionalità : ti aiutiamo a condizione che tu faccia tutto ciò che serve a te, per tornare autosufficiente, e a noi – che diventiamo tuoi creditori – per riavere indietro quanto ti prestiamo.
Da allora, un apposito gruppo di lavoro (espressione tecnica della cosiddetta “troika” ) ha costantemente monitorato l’evoluzione dell’economia greca, con periodiche visite in loco e predisposizione di rapporti ad hoc sui successi e sui problemi che man mano emergevano.
Tutto il lavoro fatto è documentato in modo esauriente sul sito della Commissione Europea : ci sono i documenti politici (consiglio di leggere il comunicato del vertice dei capi di stato e di governo dell’eurozona del 25 marzo 2010), i rapporti tecnici, e via via le successive operazioni di verifica e di adeguamento del primo piano (la prima ristrutturazione del debito del 2012, e così via).
Chi ha la pazienza di leggere qualche centinaio di pagine, tabelle e grafici compresi, capisce facilmente tre cose :
I problemi più gravi dell’economia greca sono strutturali e noti da tempo: evasione fiscale, amministrazione pubblica inefficiente, corruzione, insomma il contrario di ciò che definiremmo una buona economia di mercato, in grado di beneficiare dell’integrazione europea, come rinforzata da una moneta comune.
Entrata in Europa nel 1981 e poi nell’Euro nel 2001, la Grecia non ne ha avuto alcun beneficio reale, e non ha neppure provato a fare quanto necessario per avere quei benefici.
I documenti approvati dalla “troika” (e dovremmo sempre ricordarci che di quei tre organismi l’Italia è parte rilevante!), contenevano giustamente un mix di richieste al Governo greco (che peraltro non è sempre stato lo stesso negli ultimi 5 anni!) che riguardavano sia riforme strutturali (a cominciare dalla riduzione dell’evasione fiscale) sia tagli di bilancio (l’austerità fiscale necessaria per riportare in pareggio il bilancio pubblico).
Come prevedibile, c’era troppo ottimismo sia nell’una sia nell’altra richiesta. Le riforme strutturali che servono per tornare a crescere non si fanno facilmente, e sono ancora più difficili in un contesto di tagli di bilancio che provocano – almeno nell’immediato – disoccupazione e povertà.
Ed anche lo scenario assunto per l’economia europea era allora troppo ottimistico. La decisione che i Paesi dell’eurozona dovessero tagliare i loro deficit tutti assieme non era molto sensata. E la decisione di abbinare al bail out dei Paesi un po’ di bail in dei privati, come richiesto dalla Germania già al Consiglio europeo del maggio 2010 (ma poi formalizzato solo a Deauville nell’ottobre ) era giustificata in sé ma fu comunicata nel modo peggiore possibile. In proposito, la miglior narrazione resta quella di Carlo Bastasin sul Sole 24ore del 4 agosto 2011, che ci induce a diffidare delle ricostruzioni di parte, anche recenti. Perché questo è il vero nodo politico da risolvere: uno Stato può salvare un altro Stato, solo se è anche nel suo interesse nazionale. Altrimenti, diventa beneficenza o altruismo e allora non si capisce perché un disoccupato italiano dovrebbe sacrificarsi a beneficio di un ricco evasore greco.
Detto tutto ciò, quali sono i problemi di oggi?
Ovviamente, gli stessi – irrisolti – di cinque anni fa : e quindi anche nel nostro interesse, dobbiamo aiutare la Grecia a risolvere i suoi problemi.
Bisognerà perciò anzitutto aggiornare lo scenario macroeconomico e tener conto del fatto che l’ottimismo di 5 anni fa si è rivelato infondato. Bisognerà anche ammettere che riforme e macroeconomia sono complementari, nel senso tante volte ricordato da Draghi: ciascuna deve stare in piedi da sola e deve essere complementare all’altra. È esattamente lo spirito con cui tante volte, dal Rapporto Delors (1989) in poi, abbiamo detto che l’Euro serve ad una Unione Economica e Monetaria (UEM). In altre parole, la moneta comune (in cui forse gli amici greci sono entrati per sbaglio...) serve a rendere indissolubile una unione economica che così darà i benefici dell’integrazione: ciascuno si specializza nelle sue virtù, nell’interesse proprio e altrui.
Se il nuovo Governo greco ci chiede di aiutarlo ad avere – assieme a noi – i benefici promessi dalla moneta comune, è ovvio che non possiamo che dirgli di sì. Quel debito insostenibile può essere utilmente consolidato e l’emergenza sostituita da un orizzonte appropriato, come una volta si faceva con il debito delle guerre. Sfuggire dal ricatto quotidiano dei mercati, significa tornare esattamente alla prospettiva di lungo periodo cui avevamo in questi anni rinunciato.