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 2015  gennaio 27 Martedì calendario

Sull’Ucraina ora Putin va allo scontro tra civiltà per rafforzare la propria popolarità

L’ultimo atto pubblico compiuto da Vladimir Putin nel 2014, il 26 dicembre, è stato firmare la nuova dottrina militare russa. Nel dibattito che aveva preceduto la sua realizzazione, un generale aveva proposto d’inserire il concetto di attacco nucleare preventivo. L’idea che sia una barbarie e che invece l’arma atomica possa essere usata solo come ultima risposta a un’aggressione di pari natura, è da mezzo secolo un pilastro della deterrenza nucleare.
Quella proposta alla fine non è stata presa in considerazione. La nuova dottrina è più moderata, anche se sottolinea ormai «la rivalità nell’orientamento dei valori e dei modelli di sviluppo» con l’Occidente alla luce del conflitto ucraino. Come commenta Dmitrij Trenin dell’istituto Carnegie di Mosca, «per il comandante in capo Putin e per i suoi generali, ammiragli e apparati della sicurezza, nel 2014 la guerra ha cessato di essere un rischio e si è trasformata in una sinistra realtà».
Non per noi in Europa, ancora certi che il compromesso sull’Ucraina sia possibile: mostrando così la nostra superiorità morale ma anche l’essenziale debolezza rispetto alla determinazione russa. La trattativa diplomatica non si è quasi mai interrotta ma questo non ha impedito che sul campo il conflitto continuasse a relativamente bassa intensità, facendo comunque centina di vittime fra i civili. Sembra sempre più evidente che il negoziato non sia un fine per i russi ma un mezzo per guadagnare tempo e continuare il piano di annessione dell’Ucraina orientale, per destabilizzare il governo di Kiev e controllare l’intero Paese o per entrambe le cose: un anno dopo l’inizio del conflitto, le reali intenzioni di Putin non sono ancora chiare.
Gli effetti delle sanzioni economiche contro la Russia diventano sempre più pesanti, cionondimeno il consenso popolare per Putin diventa sempre più solido: giocando il leader su quello scontro fra civiltà – la rivalità fra valori e modelli con l’Occidente – indicato anche dalla nuova dottrina militare. La politica a Mosca ha ormai una natura patrimoniale: la fanno gli oligarchi vicini a Putin che preservano i loro affari con un comportamento paternalistico verso la società e uno padronale verso il Parlamento. Non si può dire che a Kiev, nonostante le ultime elezioni, il quadro sia molto diverso: alla fine i due Paesi in lotta continuano ad assomigliarsi molto.
L’anomalia di questo conflitto è tuttavia la sua impermeabilità. Si combatte in Ucraina una partita per il controllo di un pezzo d’Europa: ma questo non ha impedito al ministro degli Esteri russo di partecipare a Parigi alla marcia per la libertà – mentre a Mosca venivano arrestati tutti coloro che esponevano il cartello “Je suis Charlie”. E fra qualche giorno, con il sostegno americano, la capitale russa ospiterà un tentativo di dialogo fra esponenti del regime siriano e dell’opposizione non radicale islamica. Continua dunque a esserci una vita diplomatica, oltre la guerra in Ucraina.