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 2015  gennaio 27 Martedì calendario

Per Standard & Poor’s ormai i titoli di Stato della Russia sono spazzatura. L’agenzia di rating declassa il debito del Cremlino: l’economia peggiora e le armi di politica monetaria sono sempre più deboli. Nuovo crollo del rublo

I titoli di Stato del Cremlino non sono più «affidabili». Standard & Poor’s li mette nel calderone dei titoli junk, dunque ad alto rischio, quelli interessanti solo per la speculazione più azzardata. La mossa dell’agenzia di rating Usa, la prima a decretare il livello «spazzatura», non è sta una sorpresa, ma è destinata ad avere comunque effetti pesanti. E non solo in Russia. Basti pensare che questo genere di titoli non possono restare per statuto nel portafoglio dei grandi fondi di investimento internazionali, fondi pensione in testa. Si aggiunga la prevedibile impennata del costo del debito per la Russia con le conseguenze che si possono immaginare sul sistema bancario, visto che le imprese sono già escluse dai mercati internazionali per via delle sanzioni. Certo, la Russia ha un paracadute importante, gli oltre 400 miliardi di dollari di riserve in valuta straniera, dicono gli economisti, un cuscinetto cruciale-anti default, ma fino a quando questa ricca riserva potrà bastare? La Russia di oggi è molto diversa da quella di 16 anni fa, ma lo spettro del crac del 1998 fa ancora molta paura.
IL PARACADUTE PIÙ DEBOLE
A mettere sul tavolo i rischi dietro l’angolo sono proprio le parole di Standard & Poor’s. L’agenzia Usa ha abbassato il rating a BB+ da BBB perchè «la flessibilità della politica monetaria si è indebolita (e potrebbe peggiorare ulteriormente) così come le prospettive di crescita economica» del Paese. Non solo. Nel caso in cui «i cuscinetti fiscali peggiorassero ancor di più nei prossimi 12 mesi a una velocità più rapida delle stime», potrebbe arrivare anche un nuovo taglio. Di qui l’outlook «negativo».
S&P è infatti convinta che il sistema finanziario della Russia si stia indebolendo a tal punto da limitare la capacità di azione della Banca centrale moscovita. Insomma, la Banca centrale, dice S&P, fa i conti con decisioni monetarie sempre più difficili mentre cerca di sostenere la crescita del Pil. «Le sfide derivano dal deprezzamento del rublo», si legge nel report, «e dalle sanzioni imposte dall’Occidente». Sicché gli analisti si aspettano una crescita annuale del Pil ridotta drasticamente allo 0,5% tra il 2015 e il 2018, sotto il 2,4% visto nei quattro anni precedenti. Una previsione che ha a che fare con «un rallentamento dell’economia iniziato già prima dei recenti sviluppi in Ucraina», dalla «scarsità di finanziamenti esterni» e dal forte calo del greggio.
Il punto è che l’economia russa va a picco, fa intendere S&P’s, e la Banca centrale ha meno armi di prima per arginare la reazione a catena. Timore comprensibile, visto che la stessa Banca moscovita ha speso più di 82 miliardi di dollari nel 2014 per cercare di tenere a galla il rublo (12 miliardi soltanto a dicembre). Ma la spirale negativa non si è fermata: per acquistare un euro servono ancora oltre 67,87 rubli per comprare un dollaro dopo la flessione di ieri (-6,5%) e 76 per un euro. Sette mesi fa ne bastavano, rispettivamente, 35 e 47. Intanto gli Stati Uniti non intendono ridurre le sanzioni. E mentre l’inflazione vola verso le due cifre, imprese e banche russe devono rimborsare nel 2015 finanziamenti per 134 miliardi di dollari. Con il greggio e il rublo che tracollano e gli interessi vicini al 20% non sarà facile rinegoziarli.