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 2014  novembre 27 Giovedì calendario

Il Quantitative Easing in Europa farebbe bene solo ai mercati della Germania. Berlino si vedrebbe assorbire più dell’80% delle sue emissioni lorde, a tutto vantaggio del Tesoro tedesco; l’Italia solo il 40%

La vera notizia non è che l’asta di Bund a 10 anni sia stata coperta solo per l’80%, ma nel fatto che vi sia gente disposta a comprare titoli di lungo termine che rendono solo lo 0,74%: ossia meno dell’inflazione complessiva, che in Germania è allo 0,8%, metà di quanto siano cresciuti i prezzi di beni e servizi al netto della voce energia. Se qualcuno pensa che la Germania e la Bundesbank siano disposte ad accettare supinamente il lancio di un quantitative easing della Bce sui titoli di Stato non tiene conto delle conseguenze sociali e politiche che una tale decisione potrebbe avere in quella nazione. E, quanto ai benefici effetti di un Qe sull’economia dei vari Paesi d’Eurozona, ci sarebbe molto da discutere.
L’acquisto di titoli di Stato forse si farà all’inizio del 2015, ha dichiarato Vitor Constancio, vice presidente della Bce, rieccheggiando quanto aveva detto il giorno prima il francese Christophe Noyer. Se non funzionano gli acquisti di Abs, di covered bond e di eventuali bond societari, si tenterà forse anche questa via. I mercati stanno già gioiendo, ma una tale prospettiva è il sintomo della disperazione e non di una prova di forza.
Il presunto benefico effetto di un Qe sull’economia poggia in sostanza su due fattori: la riduzione dei tassi d’interesse a medio e lungo termine e l’indebolimento della valuta che, in questa congiuntura è il primo fattore in grado di generare un po’ d’inflazione. Ma in Eurozona, a differenza degli Stati Uniti tra il 2009 e il 2013, i tassi di lungo periodo sono già molto bassi tra i paesi “virtuosi” e di un punto, un punto e mezzo più alti nei paesi con grossi problemi di debito pubblico, come l’Italia: e il costo del rischio è fondamentale per evitare l’azzardo morale. Inoltre, l’euro s’è già deprezzato parecchio sul dollaro, di un buon 10% dai massimi del 2014, e la prospettiva di un cambio alla pari fra due o tre anni, come immagina Goldman Sachs, non potrà lasciare inerte la Fed e il Tesoro Usa.
Il paradosso è che un Qe sui titoli di Stato si tradurrebbe in più forti acquisti di Bund (129 miliardi, secondo la stima di Goldman Sachs che ipotizza un intervento complessivo di 500 miliardi all’anno in Eurozona) e di Oat francesi (101 miliardi). I Btp ammonterebbero a 88 miliardi e i Bonos a 63. La Germania, dunque, si vedrebbe assorbire più dell’80% delle sue emissioni lorde, a tutto vantaggio del Tesoro tedesco; l’Italia solo il 40%. Nondimeno, sarebbero i rendimenti dei titoli periferici a poter scendere maggiormente: 30-40 centesimi, nelle stime di Goldman. Quelli del Bund decennale calerebbero allo 0,7%; o allo 0,6%, secondo Mizuho. Non c’è dubbio che i mercati azionari e obbligazionari festeggerebbero, come già stanno facendo. Ma che l’economia d’Eurozona e dei paesi periferici tragga da tutto ciò un reale giovamento è assai dubbio, come dimostra la recessione tecnica del Giappone dopo due anni di inaudito Qe.