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 2014  novembre 27 Giovedì calendario

Confcommercio ha calcolato il peso dell’illegalità in Italia: abusivi, rapine e ladruncoli ci costano 26 miliardi di euro ogni anno. Nel mirino soprattutto farmacie e benzinai. Nei supermercati è boom di furti dovuti alla crisi

A pesare sui conti dei commercianti non c’è solo la crisi che svuota le tasche e fa precipitare i consumi: anche l’illegalità ha un costo, e pure salato. Tra furti, abusivi e contraffazione si perdono 26 miliardi l’anno, con circa 260mila posti di lavoro regolari sfumati. Secondo la ricerca di Confcommercio, presentata ieri in occasione della giornata nazionale di mobilitazione sulla legalità, peggiora anche la percezione della criminalità: un’impresa su due dice di sentirsi meno sicura di cinque anni fa. Solo tra assicurazioni, danni e sistemi d’allarme e sorveglianza, se ne vanno più di 5 miliardi l’anno: i più bersagliati sono tabaccai, ambulanti e benzinai.
«Aggiungerei le farmacie: siamo il bancomat della microcriminalità, da sempre», commenta Alberto Alberetto, vice presidente di Assotabaccai. L’antidoto? «Anche se è semplice cadere nel luogo comune delle forze dell’ordine che non ci sono mai, non è questo il problema. Non possiamo pretendere una pattuglia di fronte a ogni esercizio, ma chiediamo di ripristinare gli sgravi fiscali per gli impianti di sorveglianza e un accordo tra governo e banche per disciplinare i costi delle transazioni su carte di credito e bancomat». Insomma se i soldi non ci sono, impossibile rubarli. Se l’obbligo di dotarsi del Pos per i pagamenti al di sopra dei 30 euro è stato accolto con fastidio dai commercianti, vero è che la moneta virtuale può essere la risposta a furti e rapine: ancora una volta però si contestano i costi troppo alti delle commissioni. «Siamo più che favorevoli ai pagamenti virtuali, ma il costo non può gravare solo sui gestori – aggiunge Martino Landi, presidente della Federazione italiana benzinai -. Abbiamo perso tra il 30 e il 40 per cento degli incassi: noi dobbiamo tirare la cinghia, i costi aumentano, la criminalità pure e governo e banche non ci ascoltano. Abbiamo 24mila punti vendita, solo la metà hanno un impianto di sorveglianza, a volte non basta nemmeno quello».
Anche se al primo posto tra le paure dei commercianti c’è quella per chi ruba, conti alla mano chi fa peggio è chi lavora, ma senza rispettare le regole: l’abusivismo commerciale pesa per 7,8 miliardi, quello nel turismo costa 5,2 miliardi, la contraffazione ne vale 3,3. L’incidenza degli irregolari sul commercio è del 19,4 per cento nel commercio ambulante, con un fatturato stimato inferiore del 30 per cento rispetto ai regolari. Durante l’anno circa il 27 per cento degli italiani ammette di aver acquistato almeno una volta un prodotto o un servizio illegale, che sia un panino da un ambulante senza licenza oppure una manicure. Secondo Confartigianato, il settore più a rischio è quello dei servizi alla persona, seguito dal turismo. Facile che dopo aver perso il posto di lavoro in negozio, ci si possa reinventare estetiste e parrucchiere a domicilio.
Per chiudere la conta dei danni dell’illegalità c’è il taccheggio: quasi 5 miliardi di merce sgraffignata. Più del 50 per cento dei commercianti denuncia di aver subito piccoli furti, con un picco del 60 per cento nel Centro e nei grandi centri urbani del Nord. Tra i più colpiti, accanto a tabaccai e ambulanti, gli alimentari: tra gli esercizi commerciali più della metà si è attrezzato con sistemi di sorveglianza, circa il 30 per cento ha investito in corsi specifici per il il personale e solo il 10 per cento ha deciso di ricorrere alla vigilanza, meno dell’1 per cento chi ha ritenuto opportuno reclutare una guardia armata. Un fenomeno sempre più diffuso, ma che più che far paura mette tristezza: spesso i furti sono su merce di poco valore, in molti casi prodotti alimentari. Secondo l’indagine, che disegna l’identikit del taccheggiatore – nel 40 per cento dei casi di nazionalità italiana, nel 28 per cento extracomunitario, età media compresa tra i 35 e i 64 anni – colpisce più di tutto che le persone pescate a rubacchiare tra gli scaffali siano per lo più donne, nella maggior parte dei casi madri e padri di famiglia.
Per quel che riguarda usura, tangenti ed estorsioni la percentuale di commercianti che dichiara di averne avuto esperienza diretta è ferma all’8 per cento, lo stesso risultato del 2007: per il 60 per cento si è trattato di pressioni psicologiche, per il 35 per cento di danni a negozio e merci e nel 7 per cento dei casi violenza sulle persone. «I risultati della nostra ricerca sono la spia di una sofferenza profonda che cresce – commenta Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio -. Per questo chiediamo tolleranza zero e certezza delle pene».