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 2014  novembre 27 Giovedì calendario

Il re del cachemire Brunello Cucinelli ha deciso di realizzare tre parchi vicino al borgo umbro di Solomeo. L’idea è restituire il paesaggio autentico al posto dei capannoni industriali: «È il mio progetto per la bellezza»

Lui lo chiama «un progetto per la bellezza» e subito cita le parole di Papa Francesco, «siate custodi del creato». Brunello Cucinelli parla della seconda parte di questo progetto, già avviato e affidato alla Fondazione Brunello e Federica Cucinelli («è una iniziativa della famiglia, non ha nulla a che fare con l’azienda!» ci tiene a dire); è la restituzione alla natura e al meraviglioso paesaggio delle colline umbre, di più di 80 ettari di terreno, nella valle che si estende ai piedi del borgo medioevale di Solomeo: «C’era un piccolo insediamento di sei opifici, usati come depositi per i servizi, frutto della cultura del loro tempo, quando si veniva fuori dalla povertà e certo non si pensava al paesaggio. Li ho comprati ad uno ad uno, e li hanno ricostruiti nella non lontana zona industriale. Sono stati demoliti e quel terreno è stato suddiviso in tre zone, in tre parchi: quello dell’Industria, attorno alla nostra fabbrica, che diventerà un giardino campestre pieno di colori e profumi come ai tempi dei nostri nonni. È uno dei miei maestri, l’Imperatore Adriano, a suggerirmi di essere anch’io “responsabile delle bellezze del mondo”». A fianco ci saranno il parco dell’Oratorio Laico e il parco Agrario: «Il primo accoglierà i bambini dai 6 ai 12 anni, e tra prati e boschetti ci saranno un campo di calcio e una palestra. L’ho dedicato a don Alberto, salesiano che per anni fu parroco di Solomeo, era appassionato di calcio e fu una guida sicura anche per me». Poi ci saranno 70 ettari destinati ad orti, vigneti, oliveti, frutteti, grano, mais, girasole. «I prodotti serviranno alle nostre mense aziendali e alle nostre famiglie».
Sul palcoscenico del teatro Strehler due rustiche sedie da vecchia chiesa di campagna, che ha voluto al posto delle solite poltroncione quello che viene chiamato dal Wall Street Journal “Il re del cachemire”, dal New York Times “Il principe del cachemire”, dal Daily Telegraph “Cittadino cachemire”. Per pochi minuti le occupano l’architetto Massimo De Vico Fallani e Cucinelli che lo presenta come «il mio ispiratore, il mio Aristotele, paesaggista, filosofo, che mi sveglia alle 5 del mattino per leggermi una poesia e che da trent’anni lavora con me aiutandomi a realizzare il mio sogno, quello di rendere più umano il lavoro». Ad ascoltarli e a fare domande, una platea piena, giornalisti, industriali, analisti finanziari, (la Cucinelli è quotata in Borsa dal 2012, ha 1300 dipendenti, nel 2013 ha avuto un fatturato di 322 milioni, 15,5 per cento in più dell’anno precedente), amici umbri e i sindaci Andrea Romizi di Perugia, Christian Belli di Corciano, Giacomo Chiodini di Magione, «tutti trentenni» dice Cucinelli.
Poi camminando sul palcoscenico come un attore consumato, mostra gli ingrandimenti fotografici della sua Solomeo, da lui restaurata in 30 anni, dove ha conosciuto la sua bella moglie Federica, quando aveva 16 anni e lui 17, e del progetto per la Bellezza, come è la valle e come sarà tra un anno. Gli chiedono subito noiosamente di politica, ma lui resiste: «Io amo la politica, ma non sono un politico sono un industriale, e credo in un capitalismo garbato. Però penso che non si debba essere gelosi di cosa si possiede e del proprio profitto: la mia idea è “profitto e dono”, io amo molto la parola dono. I nostri prodotti non sono cari, ma costosi, perché costano, di materiale e bravura artigianale, e così possiamo pagare i nostri dipendenti più degli altri, e non produrre nulla fuori dall’Italia».
Cucinelli non si sente un edificatore, ma un restauratore giardiniere: nel borgo di Solomeo, dove vive con la famiglia, la moglie con cui è insieme da 43 anni, e le due figlie Camilla e Carolina che lavorano nell’ufficio stile, c’è un solo nuovo edificio, ed è il teatro dalla bella stagione di prosa; anche la nuova indispensabile fabbrica nella valle, dove è riunita la produzione, non l’ha costruita, ne ha restaurata una abbandonata. Figlio di contadini, da ragazzino Brunello seguiva l’aratro tirato dai buoi, ha conosciuto l’elettricità nel 1960, si è diplomato geometra ma non ha terminato gli studi di ingegneria: il suo incontro a 17 anni con un libro di Kant è stato fatale, l’ha spinto a leggere testi antichi che tuttora sono per lui una guida. Nel 2010 l’Università degli Studi di Perugia gli ha conferito la laurea honoris causa in “Filosofia ed Etica delle relazioni”. Con l’azienda, non con la Fondazione, ha restaurato il magnifico convento dei benedettini di Norcia, e sta per ridare a Perugia l’arco etrusco restaurato.
«Dobbiamo fare un passo indietro, ritornare alla semplicità della vita, all’etica. Sono sicuro che siamo all’inizio di una nuova era di benessere». Proprio adesso in cui tutto appare nero? «Ma il passato lo era di più; penso a mio padre che adesso ha più di 90 anni, che tornava a casa dal lavoro e piangeva, dopo essere stato umiliato. Il lavoro ha diritto alla massima dignità, economica e morale, che ripaga dalla fatica e dalla monotonia. A Solomeo ci siamo ispirati a William Morris e a John Ruskin fondando una scuola di arti e mestieri: sartoria, maglieria, taglio e rammendo, agricoltura, giardinaggio e arte muraria. Gli studenti hanno un piccolo contributo di 700 euro al mese. Alla fine del corso si trova subito un lavoro». Pubblico in sala commosso ma anche in preda a sensi di colpa. L’idea di ispirarsi a Cucinelli pare troppo dura, compreso il suo entusiasmo per Marco Aurelio, Eraclito, San Paolo e tutti gli altri ispiratori cucinelliani.