Corriere della Sera, 26 novembre 2014
I Rockefeller lasciano il grattacielo di Manhattan simbolo della rinascita americana. La celebre Room 5600, «la stanza 5600», che ospita il loro quartier generale traslocherà infatti a breve. Non molto lontano: al numero 1 della stessa piazza, ma abbastanza da infrangere il mito
L’albero di Natale più alto di New York è lì come sempre dal 1933, in attesa delle feste; il numero 30 di Rockefeller Plaza «perde» invece la dinastia di miliardari che ha costruito e dato nome al palazzo, e proprio in quell’anno vi aveva aperto i suoi uffici.
La celebre Room 5600, «la stanza 5600», che ospita il quartier generale dei Rockefeller (originariamente tre piani a partire dal 56°, oggi «ridotti» a uno solo) traslocherà infatti a breve. Non molto lontano: al numero 1 della stessa piazza, ma abbastanza da infrangere il mito. «Una delle grandi famiglie dinastiche americane taglia i costi», ha commentato il New York Times dandone notizia.
Il grattacielo art déco, 260 metri che svettano al centro di Manhattan, è fin dal 1932, quando venne posata l’ultima pietra, un pezzo dell’immaginario americano: la famosissima foto dei muratori che lo costruivano appollaiati su una trave sopra al niente diventò presto l’immagine degli States che si risollevavano dalla Grande Depressione. Ma «30 Rock», come lo chiamano affettuosamente i newyorchesi (un gioco di parole che significa «i trenta sono fantastici» e ha dato anche nome a un telefilm), è soprattutto il simbolo del capitalismo a stelle e strisce.
Il petroliere John D. Rockefeller, classe 1839, era diventato il primo miliardario americano: in termini attuali la sua ricchezza sarebbe quattro volte quella di Bill Gates. E il figlio John Jr. aveva voluto quel palazzo da 70 piani per celebrare i fasti della famiglia. «I grandi maestri del destino economico stanno lassù, come aquile, nel silenzio della loro supremazia» sentenziò l’architetto francese Le Corbusier dopo averlo visitato, nel 1935. Col tempo la sede dell’impero Rockefeller aveva finito anche per ospitare una collezione d’arte (privata), con quadri di Mirò e Gauguin.
Poi nel 2000 la famiglia ha deciso di vendere il grattacielo e ha mantenuto un solo piano in affitto: oggi il Rockefeller Center (un complesso di 19 palazzi che ospita un centro commerciale e la sede della televisione Nbc e attira ogni anno milioni di visitatori) è in gran parte proprietà della Tishman Speyer. Ma la famiglia finora aveva mantenuto saldamente un piede nella propria storia prendendo in affitto un intero piano. Adesso, la scelta di cambiare.
Il trasferimento arriverà entro la metà dell’anno prossimo: nei nuovi uffici, dall’altra parte della 49esima strada, lavoreranno 44 persone, molte meno delle duecento dei tempi d’oro.
«Sarei sorpreso se non fossero preoccupati dei costi: le persone ragionevoli rispettano i soldi», ha commentato il presidente di Tishman Speyer, senza però rivelare l’ammontare del canone. Non che i Rockefeller abbiamo problemi economici: sono ancora la ventiquattresima famiglia più ricca degli Stati Uniti, secondo Forbes, e valgono almeno dieci miliardi di dollari.
David Jr., pronipote del patriarca John D. Rockefeller, si è limitato a un laconico: «Abbiamo deciso di ripartire dal One Rock». Intanto sul patrimonio veglia ancora David Sr., l’unico dei nove nipoti di John D. in vita. A giugno compirà cento anni: i pronipoti, fedeli alle tradizioni, sono già pronti a festeggiarlo nella tenuta di Pocantico Hills, contea di Westchester.