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 2014  novembre 24 Lunedì calendario

Dalle cene di Renzi è partito il futuro del finanziamento dei partiti, dopo che l’apporto di aiuti statali si andrà gradualmente riducendo con l’abolizione dei rimborsi elettorali. Caccia ai fondi: dalle serate a tavola al crowdfunding via internet o con sms

In principio furono le cene di Renzi, due serate propagandistico-culinarie che hanno portato nelle casse del Pd poco più di 1,5 milioni di euro. Sono loro ad aver segnato la rotta di quello che sarà il futuro del finanziamento dei partiti, dopo che l’apporto di aiuti statali si andrà gradualmente riducendo con un decalage che la legge 14/2014, che ha abolito i rimborsi elettorali, ha previsto nella misura del 25% per quest’anno, del 50% per il 2015 e del restante 25% per il 2016.
Dal 2017, dunque, le formazioni politiche dovranno provvedere totalmente in proprio al loro sostentamento. Devono pensarci, però, da ora, dato che le casse iniziano a soffrire della mancanza dei finanziamenti statali.
Il Pd del premier Renzi è quello che si è già mosso e ha una visione di prospettiva delineata. Non solo le cene a mille euro a persona, che pure verranno replicate e che, sottolinea il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, sono state qualcosa di più di un appuntamento mondano: «Renzi ha parlato per un’ora e mezza di quello che il Governo intende realizzare. Ci siamo aperti a un pezzo di mondo che finora non ci apparteneva». In cantiere ci sono anche altre iniziative. «Le cene – prosegue Bonifazi – sono la punta di un iceberg che prevede un piano di autofinanziamento in grado di coniugare la tradizione delle Feste dell’Unità con un’innovativa piattaforma di crowdfunding, oltre che con l’obiettivo di valorizzare i marchi dei giornali Europa e Unità e della tv YouDem». Sulla raccolta fondi, l’obiettivo è legarla al singolo evento. «Ammettiamo – esemplifica il tesoriere dei democratici – che la sede del Pd di Cosenza organizzi una serata dedicata a un tema particolare. Tutti gli iscritti al partito e i simpatizzanti potranno,se interessati alla materia, contribuire alla realizzazione dell’evento con donazioni anche di modesto importo. Lo potranno fare con un sms dallo smartphone o cliccando “Mi piace” sul sito o sulla piattaforma dedicata al crowdfunding».
Contributi incentivati anche dalla possibilità – è sempre la legge 14 a prevederlo – di detrarre, nella dichiarazione dei redditi, il 26% di quanto versato, con un tetto compreso tra 30 e 30mila euro. Beneficio che si accompagna alla possibilità, da parte dei contribuenti, di destinare ai partiti la quota del 2 per mille dell’Irpef. I vantaggi fiscali sono, però, vincolati all’iscrizione della formazione politica in una sezione ad hoc del registro nazionale tenuto dalla commissione di garanzia sulla trasparenza e i rendiconti della politica. Al momento in quell’elenco compaiono undici partiti (si veda la tabella sotto).
Non sarà certo facile convincere i cittadini a destinare parte del loro reddito alla tanto vituperata “casta”. «Ci vorrà tempo», afferma Bonifazi. Quest’anno non fa testo. «La novità era ancora poco conosciuta – spiega Marco Marsilio, tesoriere di Fratelli d’Italia –. È comunque utopistico che ci possa essere una corsa al versamento, tanto più in questi tempi di crisi. Dunque, stiamo pensando anche noi alle cene e al crowdfunding legato a eventi particolari. Tutto questo unito a un forte contenimento delle spese. Per le ultime europee abbiamo speso 600mila euro: praticamente il costo di manifesti e volantini. Nulla di più. Di certo, le spese preventivate a inizio legislatura non sono più sostenibili».
Ancora più radicale la cura adottata nel Popolo delle libertà: «Abbiamo messo tutto il personale in cassa integrazione – afferma Maurizio Bianconi, segretario amministrativo vicario -. Le quote residue di finanziamento pubblico ci serviranno per liquidare i debiti. L’attività politica è sospesa».
Anche il Pd ha adottato, accanto alle iniziative di autofinanziamento, la spending review. È ancora Bonifazi a raccontare: «Non poteva essere altrimenti, visto che in passato abbiamo potuto contare su rimborsi elettorali anche di 60 milioni. Quest’anno, però, abbiamo chiuso il bilancio in pareggio, nonostante le perdite di 10,8 milioni del 2013. Risultato raggiunto senza intaccare il costo del personale, che è di 9 milioni, e i livelli occupazionali. Abbiamo tagliato servizi e forniture del 50% circa, risolto i contratti con le sedi secondarie, ridotto i costi di gestione della segreteria».
Preoccupazione che è anche di Paolo Alli, tesoriere di Ncd, partito che chiuderà il 2014 con un bilancio di 4 milioni di euro. «Ci stiamo attrezzando per spendere poco – spiega -, grazie a una struttura minimale con poche persone assunte. Per il resto, stiamo valutando il crowdfunding, sia via telefono sia con altre modalità, a cui aggiungere le più tradizionali fonti di introito come il tesseramento e le contribuzioni dei parlamentari. Ci affideremo anche al 2 per mille e alle erogazioni liberali, per quanto in quest’ultimo caso il tetto a 30mila euro potrà essere penalizzante. Così come non aiuta la tracciabilità dei versamenti: anche per la donazione di poche decine di euro fatta presso i gazebo ora bisogna chiedere il codice fiscale».
Ncd, però, ha il vantaggio di essere nato agli inizi dell’anno, quando il finanziamento pubblico alla politica già era un retaggio del passato. Dunque, non soffre il taglio dei rimborsi elettorali e per rimpinguare le casse deve solo ingegnarsi a trovare nuove soluzioni oltre a quelle già praticate.
In una situazione analoga il Movimento 5 Stelle,che però ai finanziamenti pubblici aveva diritto, ma vi ha rinunciato. «Si trattava di 42 milioni in cinque tranche – afferma Roberta Lombardi, portavoce di M5S -. Dunque, l’abolizione dei rimborsi elettorali non ci tocca. Continueremo a finanziarci con le donazioni, sia quelle a livello locale sia i contributi raccolti durante eventi nazionali, come quello di ottobre al Circo Massimo a Roma, attraverso il blog. D’altra parte, le spese sono ridotte: non abbiamo, per esempio, una sede nazionale. Essendo un movimento, non presentiamo un bilancio, ma l’utilizzo dei fondi è rendicontato, e abbiamo rinunciato al contributo del 2 per mille. Per accedervi avremmo dovuto irregimentarci in una struttura di partito».