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 2014  novembre 24 Lunedì calendario

Quando, pur di non pagare l’Imu, la casa si regala. Tutti i trucchi degli italiani per evitare il prelievo

Pur di non pagare l’Imu, la casa si regala. Succede a Caltanissetta, dove in pieno centro storico – nel quartiere della Provvidenza – cresce il numero di proprietari che scelgono di liberarsi della seconda (o terza) casa al solo costo di copertura delle spese di trasferimento per evitare di pagare le tasse. «Abbiamo assistito diversi casi negli ultimi mesi», afferma il geometra Luigi Mammano, presidente del collegio territoriale. «Si tratta di immobili sfitti con alto indice di degrado che non possono neanche essere demoliti o ricostruiti, se non con la medesima tipologia costruttiva. I proprietari ormai abitano nei nuovi quartieri costruiti in periferia e le cedono a extracomunitari».

Ruderi e capannoni
Le case in regalo di Caltanissetta sono forse un caso limite, ma certamente l’Imu dal 2012 ha indotto un gran numero di proprietari ad attrezzarsi – sempre nel rispetto della legge – per minimizzare le imposte.
Un altro esempio è la corsa ad accatastare gli edifici diroccati come unità «collabenti» (F/2): una categoria senza rendita catastale, che in qualche caso permette di azzerare il conto di Imu e Tasi. Non sempre, però, perché molti Comuni – quando l’edificio è ridotto a un rudere – chiedono comunque di pagare l’imposta sull’area edificabile. Sta di fatto che, secondo le Entrate, tra il 2012 e il 2013 le unità accatastate come «collabenti» sono aumentate del 12,4%, da 373mila a 420 mila.
Tra questi molti sono ex capannoni in disuso, magari impossibili da affittare in tempi di crisi: i proprietari, stanchi di pagare anche fino a 80mila euro di Imu all’anno, hanno deciso di rimuovere la copertura per tentare di riaccatastare l’unità in F/2. Non è raro, infatti, trovare sulle cronache locali le storie di fabbriche scoperchiate nelle zone industriali del Triveneto o lungo le strade provinciali lombarde. Secondo Mirco Mion, presidente di Agefis, l’associazione dei geometri fiscalisti, oggi il fenomeno si sta estendendo ai fabbricati residenziali: «Parliamo in particolare delle zone montane e delle campagne, dove a volte i proprietari hanno la tentazione di togliere le tegole o staccare porte e finestre. Ma è una soluzione la cui legittimità e reale opportunità va sempre valutata con un esperto».
Il riaccatastamento, infatti, va sempre “proposto” dal contribuente – tramite un tecnico – e non è detto che venga accettato dall’Agenzia. Servono condizioni oggettive di degrado o modifiche strutturali, come nel caso di una vecchia casa rurale che nel corso degli anni è stata trasformata e ridotta a magazzino per gli attrezzi. E non va dimenticato che ogni intervento sul fabbricato deve passare per lo sportello comunale per l’edilizia, che potrebbe anche vietarlo, contestare un abuso edilizio o una violazione nello smaltimento materiali.
La soluzione estrema, poi, è l’abbattimento. Secondo i dati di Confedilizia, in alcune province le schede di demolizione sono in aumento anche del 20% in un anno.
Di certo, dove non ci sono interventi sull’edificio, ritoccare la rendita al ribasso è praticamente impossibile. Le migliaia di alloggi in periferia costruiti negli anni 60 e 70 – e oggi penalizzati da rendite più elevate di quelle del centro – possono solo sperare nella riforma del Catasto.

Gli immobili inagibili
In alternativa alla modifica catastale, c’è il riconoscimento dell’inagibilità, che dimezza la base imponibile Imu e Tasi. Ma qui entrano in gioco le regole locali che disciplinano le specifiche condizioni di inagibilità e che – in genere – sono piuttosto severe: la mancanza di utenze o di servizi sanitari non basta, deve piuttosto trattarsi di edifici che non potrebbero essere abitati senza una pesante risistemazione.

La gestione dei diritti
Per ridurre l’impatto del Fisco, l’ultima chance è quella di “riallineare” la distribuzione dei diritti reali all’interno della famiglia. Ad esempio, intestando al figlio la casa che gli era stata prestata anni fa e facendola diventare «abitazione principale» a tutti gli effetti. Oppure risolvendo le tante comunioni ereditarie in cui alcuni dei comproprietari sono costretti a pagare (a caro prezzo) come seconda casa: l’ipotesi più comune è quella della casa ereditata dai genitori in cui risiede solo uno dei fratelli.
Un’ultima opzione che serpeggia su internet tra forum e social network è la separazione dei coniugi che possiedono più abitazioni nello stesso Comune. Dividere le residenze non è sufficiente per raddoppiare i benefici dell’abitazione principale. E allora c’è chi suggerisce di formalizzare la separazione: ma qui, va detto che si tratta di una soluzione illegale, se la separazione avviene solo per aggirare il pagamento delle imposte.