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 2014  novembre 24 Lunedì calendario

Tasse, verso il saldo del 16 dicembre: per Imu e Tasi prelievo medio oltre la soglia del 10 per mille. Tassazione record nei capoluoghi sui fabbricati diversi dalla prima casa

Vanno pagate con codici tributo diversi. Ma le differenze, tra Imu e Tasi, si fermano qui. Come una vera addizionale all’Imu, la tassa sui servizi comunali spinge oltre il 10 per mille l’aliquota media complessiva sui fabbricati diversi dalla prima casa nei Comuni capoluogo di provincia. E anche sull’abitazione principale – dove si paga soltanto la Tasi – il prelievo medio arriva al 2,6 per mille, più del doppio di quello standard fissato dalla legge (1 per mille).
I dati elaborati dal Caf Acli per Il Sole 24 Ore del Lunedì permettono di fare il punto, per la prima volta, sulle aliquote “definitive” decise dai Comuni, che dovranno essere usate per pagare il saldo del 16 dicembre. Il risultato è evidente: la pressione fiscale sul mattone aumenterà per il terzo anno di fila sugli immobili diversi dall’abitazione principale, arrivando quasi a triplicare gli importi rispetto all’Ici. E i grandi centri, anche se hanno tasse storicamente più care, sono comunque un campione “pesante”, visto che nei capoluoghi di provincia vivono più di 17 milioni di italiani su 60.

Dai negozi ai capannoni
Su un negozio-tipo a Milano, ad esempio, il conto di Imu e Tasi arriverà a 1.069 euro per tutto il 2014, contro i 290 pagati nel 2011 (+269%). Mentre su una casa affittata a canone libero a Roma si arriverà a 2.012 euro rispetto ai 772 versati ai tempi dell’Ici (+161%). E la Capitale non è neppure una delle città con gli aumenti maggiori, in virtù di una tassazione relativamente più alta già nel 2011.
«Al di là delle differenze territoriali, c’è un appiattimento delle aliquote verso il massimo che non lascia spazio per articolare davvero la tassazione: spesso le delibere contengono 15 aliquote, ma cambiano pochi decimali», osserva Paolo Conti, direttore del Caf Acli. «Anche tra i contribuenti che si rivolgono ai nostri uffici – aggiunge – c’è la diffusa percezione che la Tasi abbia comportato solo un cambio di denominazione, ma non di sostanza. Di fatto, l’unica vera distinzione riguarda la deducibilità dei due tributi dal reddito d’impresa, che è totale per la Tasi e limitata al 20% per l’Imu». Un elemento, quest’ultimo, che a volte produce effetti nascosti. Ad esempio, a Bergamo e Varese la somma delle aliquote Imu e Tasi sui fabbricati industriali è sempre il 10,6 per mille, ma nella prima città c’è solo l’Imu mentre nella seconda si arriva al totale contando l’imposta municipale (8,1 per mille) e la Tasi (2,5 per mille): il risultato è che, a parità di importo dovuto, le imprese varesine hanno una deduzione più alta di quelle bergamasche. Su un capannone con una rendita di 6.257 euro – la media nazionale – il maggior sconto dal reddito d’impresa è di oltre 800 euro.

L’abitazione principale
Sull’abitazione principale, i numeri definitivi confermano nella pratica i timori che fin dall’inizio erano emersi guardando alle regole. In 71 capoluoghi sui 100 presi in considerazione, il tributo sui servizi indivisibili si è rivelato più pesante rispetto all’Imu 2012. I calcoli, come detto, sono basati sulla rendita catastale media registrata in ogni città, e quindi indicano la tendenza complessiva registrata in ogni Comune. In centri come Asti o Vibo Valentia, Crotone, Caltanissetta ed Enna, dove le rendite sono generalmente basse, la casa-tipo non ha pagato l’Imu nel 2012 grazie alle detrazioni fisse, mentre oggi viene chiamata alla cassa dalla Tasi, ma sono ancora più frequenti le città in cui l’imposta municipale del 2012 aveva presentato il conto, ma il nuovo tributo è arrivato anche a raddoppiarlo o a moltiplicarlo da tre a sei volte.
Se poi si abbandonano i valori medi per entrare più nel dettaglio, emerge chiaro il paradosso che dal confronto con il 2012 escono penalizzate le abitazioni di valore fiscale più modesto, mentre quelle più “pregiate” secondo il Catasto ottengono sconti consistenti. A evitare la beffa a carico delle case medio-piccole, che sono la maggioranza, sono solo le città che, come Torino e Roma, hanno avuto l’accortezza di dosare bene le detrazioni, ed estenderle a tutti i contribuenti che ne avevano bisogno per vedersi garantita davvero la promessa anti-rincari abbozzata dalle regole sulla Tasi.
Verso la «local tax»
L’esperimento condotto nel 2014 sul Fisco del mattone, insomma, non è riuscito, e di questo si deve tener conto mentre si profila la nuova «tassa unica» che il Governo ha intenzione di inserire nella legge di stabilità nel suo passaggio al Senato. Sull’abitazione principale, secondo il progetto la nuova tassa reintrodurrà una detrazione standard (100 euro) che riporta un po’ di progressività nella pressione fiscale, ma permetterà di alzare l’aliquota fino al 5 per mille. Tetto massimo al 12 per mille sugli altri immobili, con un’impostazione che può dare spazio a nuovi rincari.