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 2014  ottobre 30 Giovedì calendario

Il quantitative easing è finito. Questa volta per un bel pezzo. Lo ha fatto sapere la Fed. Con l’economia americana in crescita non sarà necessario, l’attenzione torna sui tassi di interesse

Il QE3 è finito. Questa volta per un bel pezzo. Con l’economia americana in crescita un QE4 non sarà necessario, l’attenzione torna sui tassi di interesse e dobbiamo poterci concedere su queste pagine un altro pronostico: quando la Fed l’anno prossimo passerà a una stretta, il mercato l’avrà già ampiamente scontata senza troppi traumi.
Ma da oggi partirà anche un dibattito sull’utilità di questo QE3, di questo strumento che indubbiamente ha aiutato la crescita americana senza portare quelle ripercussioni di sfiducia, inflazione e rischio bolla di che molti analisti cassandre continuavano e prevedere ogni volta che gli acquisti per circa 80 miliardi di dollari in titoli del Tesoro e titoli rappresentativi di mutui immobiliari venivano confermati. Chissà perché, alcuni di quegli analisti negli ultimi giorni si arrovellavano invece sulla possibilità o meno che la Fed potesse prolungare e non interrompere il suo programma di QE3 al di là della fine del mese. Non era nelle carte e, come recita il comunicato, non è successo. Il programma, con gli ultimi 15 miliardi di dollari di acquisto di titoli immobiliari e del Tesoro, finirà con il mese di ottobre.
L’unica cosa davvero concreata in questa fase di gestione della politica monetaria riguarda il tempismo con cui Janet Yellen, il presidente della Banca centrale americana, deciderà con i suoi colleghi, di iniziare una seppure timida manovra restrittiva sui tassi di interesse, che restano e lo resteranno ancora per molti mesi, su un livello storicamente bassissimo, attorno a una banda di oscillazione fra lo 0 e 0,25% per i tassi sui fondi federali. Dopo il comunicato di ieri, che ha seguito le riunioni del Federal ppen market committee, la Fed ci ha di fatto confermato che sul fronte tassi le cose resteranno invariate per un «considerevole periodo di tempo dalla fine degli interventi di Quantitative Easing».
Questo significa secondo noi che per almeno sei mesi a partire dalla fine di ottobre, ma possibilmente fino al mese di giugno del 2015 i tassi resteranno su questi livelli. Eppure il mercato ha reagito con un minimo di nervosismo. Il fatto che la Fed avesse inserito nel linguaggio del comunicato un paio di cambiamenti semantici ha portato un po’ di agitazione. Ad esempio a propostio del mercato del lavoro si dice che la «sottoutilizzazione delle risorse del lavoro sta leggermente diminuendo». Prima si leggeva che c’era ancora una «significativa sottutilizzazione delle risorse del lavoro». E sappiamo quanto un miglioramento del mercato del lavoro, in un contesto allargato che include partecipazione degli americani alla forza lavoro o le ore lavorate sia importante per la Fed nella determinazione dei tempi per procedere con una stretta monetaria. Idem per l’inflazione, «resterà sotto controllo nel breve termine ma da inizio anno la probabilità che l’inflazione resti costantemente sotto il 2% è in qualche modo diminuita».
Sembrano sfumature, ma il segnale è volutamente chiaro la Fed è più ottimista sul mercato del lavoro. Con il tasso di disoccupazione passato dall’8% del periodo in cui si è partiti con le manovra di stimolo aggiuntivo del QE3 nel 2012 al 5,9% attuale, le cose sono decisamente migliorate. In termini assoluti si parla di circa 10 milioni di posti di lavoro in 5 anni. E a meno che non si verifichino straordinarie deviazioni dall’attuale percorso congiunturale con forti rimbalzi di occupazione o inflazione, la politica monetaria resterà invariata, ha scritto ieri la Fed «per un considerevole periodo di tempo».
E veniamo all’analisi su QE3. La Fed aveva detto in discorsi dei singoli governatori e nel linguaggio ermetico ma insinuante dei comunicati che il QE3 sarebbe terminato a ottobre. In tempi recenti, una lettura meno chiara di alcuni dati economici, una caduta dei valori di borsa con la conseguente volatilità degli indici delle borse e le dichiarazioni del presidente della Fed di Minneapolis Narayana Kocherlakota favorevole a lasciare il Q3 attivo avevano provocato le incertezze di alcuni analisti.
Ma gli ammontari del QE3 erano ormai molto piccoli e dunque irrilevanti per avere un impatto sull’economia in caso di necessità; la Fed ha una regola ferrea per la sua credibilità, che poggia sulla trasparenza: a meno di condizioni eccezionali deve mantenere la parola data.
Restano a questo punto da definire nel dibattito la svolta per i tassi e le conseguenze per la fine della QE3. Seguendo la logica dei comunicati è difficile immaginare una stretta prima del prossimo aprile/giugno. La stretta sarà comunque irrilevante e molto graduale.