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 2014  ottobre 30 Giovedì calendario

La storia di Brittany Maynard, a cui hanno diagnosticato un tumore al cervello e che ha annunciato che sabato si ucciderà: «Dopo il compleanno di mio marito andrò via con dignità». Si è trasferita a Portland, in Oregon, dove da 17 anni l’eutanasia è legalizzata. Un caso che fa discutere l’America

Vuole vivere, appunto. Godersi il panorama. È appena andata nel Grand Canyon, con marito e genitori. Per la prima e ultima volta. «Uno spettacolo da lasciare senza fiato». Ma non lo farà. Brittany deve morire. Lo ha deciso lei, ha annunciato anche il giorno: questo sabato. Subito dopo aver festeggiato il compleanno di Dan, il marito. Poi si metterà a letto, saluterà gli amici, i due cani, metterà la sua musica preferita, e se ne andrà per sempre. Ha 29 anni, è figlia unica, sposata dal 2012, non ha bambini. «È la cosa che mi dispiace di più». Era solo un’insegnante sconosciuta. Una delle tante laureate in psicologia a Berkeley. Ora è un’American Beauty senza american dream. La sua copertina sul popolare settimanale People è risultato il quinto articolo più letto. Il suo selfie più importante non è con una star, ma una risonanza magnetica al cervello. Tumore maligno, glioblastoma di quarto livello. Diagnosticato ad aprile: sei mesi di vita. Tutto inutile: l’operazione (già fatta) e le cure. «Non voglio avere la testa piena di bruciature per le radiazioni».
Brittany Maynard viveva a San Francisco, si è trasferita a Portland, in Oregon, dove da 17 anni l’eutanasia è legalizzata. Non ha fatto una scelta istintiva, ma ragionata: «Non sono depressa, né tendente al suicidio Non voglio morire, ma sto morendo. E voglio farlo a modo mio, con dignità. Ho parlato con molti esperti e mi hanno spiegato che questo cancro ti mangia in modo terribile. Poter scegliere di andarsene in maniera decente ti rasserena un po’ sull’ila nevitabile». Chi crede che la scelta di Britanny sia di quelle che prendi lo zaino e vai, si sbaglia. C’è comunque la burocrazia del trasferimento. «Ho dovuto cambiare dottori e residenza, affittare casa, chiedere una nuova patente e iscrivermi all’elenco dei votanti». L’assistenza legale è stata fornita da “Compassion & Choices” che sembra il nome di un serial tv, ma è invece un’organizzazione che combatte con una campagna perché le leggi sull’eutanasia vengano approvate in tutti gli Stati Uniti e non solo nei quattro che oggi la consentono. Il video di Brittany ha diviso l’America: può una scelta così personale diventare qualcosa da cliccare e finire in spettacolo? Mettere il malato terminale in prima pagina non è morale, solo strumentale ad una causa. Insomma: lei è stata accusata di vendersi, una burattina in offerta, e l’associazione di comprare testimonial per farsi pubblicità. In più ci si è messo anche il dottor Ira Byock, specialista in medicina palliativa: «L’hanno informata male. Potrebbe avere cure eccellenti. I suicidi assistiti non sono una scelta personale, ma un atto sociale».
E poi la foto ritoccata in prima pagina. Come: stai morendo e ti preoccupi del tuo aspetto? Lifting da Ultima Ora. Roba da Maria Antonietta e da Mata Hari. “Compassion& Choises” non vuole sentire parlare di una Brittany telecomandata. «La nostra missione è quella di sensibilizzare cittadini e sistema politico. È lei che ci ha cercato offrendosi come testimonial della nostra causa. E lo ha fatto so- lo dopo aver preso le sue decisioni, aver sentito i medici, essersi procurata i farmaci letali. Vuole ci sia la possibilità per tutti di morire con dignità e non solo per chi ha i soldi per trasferirsi negli Stati che ammettono questa pratica». Non è il caso di Eluana Englaro, per 17 anni in stato vegetativo per un incidente stradale, fino al 2009 quando il padre Beppino ottenne il permesso di interrompere l’alimentazione forzata. Eluana (in vita) aveva più volte manifestato la sua volontà a non subire l’accanimento terapeutico.
Sarebbe bello non giudicare Brittany, non dividersi, non polemizzare. Quanti di noi alle prese con un tuffo difficile da una scogliera, dicono all’amico: guardami. Perché se tu mi vedi io avrò meno paura. E oggi ci si può far tenere la mano anche online. Se solo si potesse apprezzare la scelta di vita di una ragazza, che non ha più rimandato le sue voglie: è andata allo Yellowstone National Park e in kayak sui ghiacciai dell’Alaska. Per far capire a tutti che rinviare le cose belle è sbagliato, pure se non sei malato. Il giorno dopo il suo giro al Grand Canyon si è sentita male: svenimento, mal di testa, perdita della parola, stanchezza. «Per fortuna la mia famiglia si è presa cura di me».
Sapere la propria data di scadenza è terribile. Anche se è stata autoconfezionata e porta la nostra firma. In molti, anche malati incurabili, chiedono a Brittany di ripensarci. E soprattutto di lasciare una porta aperta al dubbio: ma si può una volta che si è annunciata in tv la propria fine, rimandarla ad una prossima puntata? Perché se la condivisione è molto pubblica, The End diventa una scritta sul calendario di tutti. Da quando in Oregon esiste la legge sull’eutanasia su 1.173 persone che l’hanno richiesta solo 752 l’hanno usata. Brittany sarebbe il numero 753. Ma ci tiene a dire che questo sabato potrà cambiare idea. «Dipende dalle mie condizioni, se sono accettabili, andrò avanti. «È una mia scelta. Sapere che ho la medicina in tasca mi dà serenità». Breve la vita felice di Brittany Maynard. Ma sua mamma Debbie ha capito. E quando la figlia non ci sarà più andrà in Perù, sul Machu Picchu. «Ci siamo date appuntamento in vetta. Dove il mio spirito sarà finalmente libero».