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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

La casta in versione pulp. Giorgio Dell’Arti scodella un romanzo su un’ipotetica e cruda “soluzione finale” per liberarsi della classe dirigente italiana. Ecco un’anticipazione da I Nuovi Venuti, edito da Clichy

Tratto dal primo capitolo de I nuovi venuti, romanzo di Giorgio Dell’Arti pubblicato da Edizioni Clichy
…quanto al modo in cui prendemmo lo Stato, i kosovari si presentarono alla Camera dei deputati e, condotti dai commessi in precedenza comprati dal rag. Dominicis, entrarono facilmente nello studio dell’onorevole Fini, sorprendendolo mentre chino sulla scrivania leggeva qualcosa. Gli spiccarono il capo dal busto e, posata la testa su una poltrona, senza ulteriori disordini, chiesero di essere guidati, attraverso il passaggio segreto, fino a Palazzo Madama, dove gli uscieri del Senato, persuasi allo stesso modo dal buon Dominicis, gli aprirono la porticina e li lasciarono salire fino allo studio del Presidente, avvocato Schifani.
Il Presidente doveva aver saputo qualcosa perché, quando i kosovari spalancarono la porta, stava frugando nel cassetto, e bisognò tirargli in fronte prima che trovasse il revolver. Lo staff dei due presidenti – consigliere Alberto Solia, dottoressa Rita Marino, dottor Roberto Alesse, ministro D’Elia, portavoce Alfano e, dall’altra parte, dottoressa Annamaria Palma Guarnier, coordinatrice Letizia Cicinelli, portavoce Benedetti, consiglieri Archi e Mediri – venivano nel frattempo soffocati con dei cuscini.
Il gruppo dei kosovari a cui il bravo Dominicis aveva affidato il Quirinale avvertì, tramite cellulare, che il Presidente era fuggito e, con lui, non v’era più traccia della signora Clio né dello staff, segretario generale Donato Marra, vicesegretario dottor Flavio Salvadori, vicesegretario per la documentazione e le relazioni esterne dottor Filippo Romano, consiglieri Berarducci, Guelfi, Sechi, Stefanini, Mosca Moschini, Cazzella, Cascella, Fotia, Godart, Gifuni, Levi, Zincone, Schmit, Oxilia.
Era normale che costoro non fossero nei loro uffici, ma, cercati casa per casa, risultarono ugualmente irreperibili. Le varie cameriere, maggiordomi ecc., benché picchiati, talvolta a morte, non seppero dar notizie. I francesi ci informarono che certi autonoleggi fedifraghi avevano messo a disposizione delle macchine, i transfughi s’erano mossi tra stazioni ferroviarie minori, alcuni, sapemmo, imbarcati su Cessna 510 a Pisa, s’aggiravano adesso tra Marsiglia e Lione, qualcuno aveva già raggiunto Parigi, pensione Trocadero, rue de la Pompe (retta infatti da un’italiana sposata a un francese), per ora li controllava la Dsge, sarebbero poi stati passati ai servizi interni. È paradossale, ma il cavalier Berlusconi non ebbe la prontezza di rifugiarsi alle Bermude.
All’ultimo momento, informato tardi e male di quello che stava accadendo, credette che non l’avremmo trovato all’ultimo piano del vecchio Gallia, lo trovammo invece, rannicchiato sul letto in questa stanza numero 783 piastrellata di bianco e verde, con i balconi, vista mozzafiato, arredi antichi, asciugamani caldi, i kosovari lo buttarono fuori dalla finestra in pigiama com’era, dissero poi che non aveva nulla del personaggio che si vede in tv, un vecchietto, piuttosto, raggrinzito e pelato. I kosovari andarono quindi in cerca dei berlusconiani e degli ex fascisti, li trovarono invero tutti, ammazzarono La Russa a sberle, infilarono uno spillone nella nuca di Bonaiuti, esagerarono, non bisognava strappare i denti a Gianni Letta.
Matteoli, Alfano, Paolo Romani, Sacconi e gli altri furono messi al muro e fucilati, idem lo staff di Mediaset, Ennio Doris, benché banchiere, i cinque figli, maschi e femmine, soppressi uno per uno, anche se avevamo remore per le donne e avevamo anzi predisposto per le varie Gelmini, Santanché, Brambilla, Minetti e, sull’altro lato, Melandri, Serracchiani, Sereni, Finocchiaro, e quant’altre di qua e di là, non me le faccia elencare tutte, avevamo effettivamente un Parlamento di bellissime, diedi dunque ordine che si aprissero delle case nelle varie città, non solo Roma, Milano, Torino, Napoli ma anche le minori, le facemmo girare alla vecchia maniera, le quindicine, e vi fu calca alle casse delle maitresse.
C’era il problema della Chiesa con cui non volevamo in alcun modo guastarci. Dominicis andò a trovare il cardinale F. in Vaticano, dietro la piazza del Sant’Uffizio, terzo piano, s’accomodarono in cucina. Mentre il cardinale preparava il caffè, Dominicis spiegò di che si trattava, fu quindi accompagnato dall’altra parte, sede dell’Osservatore romano, entrammo nella piccola stanza del direttore, era chiaro che il Papa, all’Angelus, avrebbe parlato d’altro, fu certamente da qui che si rese possibile qualche fuga all’estero, metto la mano sul fuoco per quello che riguarda il Quirinale.
Ma non fu avvertito l’onorevole Casini, che i miei trovarono seduto nella prima fila del cinema Barberini in Roma. Casini, svegliato dai kosovari, fece le viste di una grossa sorpresa, ma gli fu impedito di alzar la voce, le luci in sala vennero accese, gli spettatori gridavano e facevano ressa alle porte, i kosovari lo chiusero in un sacco, lo ficcarono nel portabagagli, poi a Tor Tre Teste, non cessava di agitarsi e urlare, lo impalarono. La popolazione s’era chiusa in casa, la televisione e la radio trasmettevano a intervalli l’avviso di star calmi, che non uscissero in strada, che non circolassero la notte.
Avevamo stima per le persone che erano al governo in quel momento, disponemmo dunque che si organizzazze un campo a San Rossore e lì vennero rinchiusi il professor Monti e i suoi ministri - signori Moavero, Gnudi, Barca, Giarda, Patroni Griffi, Terzi, Di Paola, Grilli, Passera, Catania, Clini, Profumo, Ornaghi, Balduzzi – più i sottosegretari, più altre persone stimabili – scrittori popolari eccetera – ma non le donne, verso cui provavamo e proviamo un sentimento di tenerezza, un sentimento di delicatezza, del tutto ingiustificato, non è necessario parlar di questo ora, dunque concedemmo alle donne – professoressa Fornero, prefetto Cancellieri, avvocato Severino, dottoresse Dassù, Guerra, Ugolini – di restarsene a casa loro, obbligandole al silenzio assoluto, e di non mostrarsi in giro.
Dominicis mise dei carabinieri davanti alle porte dei loro appartamenti. La Dassù, con tutte le sue relazioni, s’era rifugiata negli Stati Uniti. I sindacalisti vennero impiccati in piazza San Giovanni, senza far sconti alle donne, stavolta, Angeletti, Bonanni, Camusso, comprese le seconde e le terze file, e stando attenti a non farsi scappare quelli della Fiom.
La Polverini, in tailleur rosso sopra il ginocchio, oscillava dal cappio e perse tutt’e due le scarpe. Il popolo guardava, il popolo che non voleva guardare stava già in galera, attrezzammo a campi di concentramento l’Olimpico e il Flaminio a Roma, San Siro a Milano, e poi gli altri stadi, e i vari palazzetti dello Sport, non ci fu neanche bisogno di mobilitare carabinieri, polizia e guardia di finanza, avevamo a disposizione dieci milioni di uomini, cinesi, turchi, magiari, curdi, sunniti, somali, serbi, albanesi, gli americani avevano mandato i Navy Seals, i russi parecchi Spetsnaz, i Sayeret israeliani, i Basij iraniani, ecc.
I politici che campavano da anni nei consigli comunali, provinciali, regionali, in Parlamento, nelle circoscrizioni, nei consigli d’amministrazione, nelle comunità montane, ai vertici delle aziende pubbliche e di quelle fintamente private, tutti costoro erano un milione e mezzo e li prendemmo quasi tutti, perché non erano informati ed erano troppo sicuri di sé.
Allo stesso modo ammazzammo i magistrati, tenendoli appesi per i piedi davanti alle Procure, e lasciando che si sfiatassero da sé, che il sangue alla testa li soffocasse, ci mettevano anche una settimana-dieci giorni, loro e i cancellieri, gli uditori, le segretarie, gli addetti alle pulizie, perché si trattava in generale di sfoltire, l’essere stati in una Procura era una buona ragione per essere sfoltiti. I kosovari sopresero l’onorevole D’Alema a passeggio col cane nei dintorni della Rai. Lo circondarono, in dieci quanti erano, e gli imposero di incamminarsi verso il fiume.
Lo persuasero poi a entrare in acqua. La scorta era d’accordo. Con delle pertiche lo costringevano a tener la testa sotto. Cadavere ripescato poi nei pressi del Circolo Nautico Er Balena di Fiumicino. L’onorevole Di Pietro, scovato in un casolare di campagna, fu legato tra due trattori che vennero poi fatti partire in direzioni opposte. L’onorevole Veltroni, lapidato. Il segretario Bersani, accoltellato a più riprese nella vasca da bagno.