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 2014  ottobre 22 Mercoledì calendario

L’Unità torna in edicola, il Pd ha trovato un editore: Guido Veneziani, che finora si è occupato solo di riviste di gossip (Top, Stop, Vero). La redazione del quotidiano però sarà ridotta, si punta anche ai fondi ex Ds per finanziarla

Intanto un primo passo è stato fatto. Tra qualche mese l’Unità sarà di nuovo in edicola. L’impresa non è stata facile. Francesco Bonifazi, tesoriere del Partito democratico, e l’editore di minoranza del quotidiano, Maurizio Mian, si sono messi di buzzo buono per trovare i soldi necessari per rimettere in piedi il giornale e il secondo ha dato un cospicuo contributo finanziario per scongiurarne la chiusura definitiva.
Prima hanno deciso di costituire la Fondazione di cui faranno parte Youdem (l’unico vero strumento di comunicazione del Pd che è in attivo e che, anzi, ha molte possibilità di sviluppo future, tant’è vero che a breve andrà sul digitale terrestre), Europa (che a novembre potrebbe chiudere per poi rinascere solo sull’online e come settimanale di approfondimento) e infine l’Unità . Ed era quest’ultimo il vero problema. Trenta milioni di debiti, 900.000 euro di spese l’anno: insomma un carico insostenibile per un partito che ha optato per l’autofinanziamento e che ha detto addio ai soldi pubblici. Come fare? Pensa che ti ripensa, Bonifazi, con l’aiuto di Adrio de Carolis di Swg, ha capito che l’unica era puntare sul brand del giornale. Non a caso Matteo Renzi ha voluto che la Festa, da quest’anno, riprendesse l’antico nome di Festa dell’Unità e Bonifazi ha puntato su tutto quello che gira intorno al brand di quel giornale e a quello degli altri strumenti di comunicazione del partito: gadget, musica, eventi... Poi con Mian si è dato da fare per trovare un editore disposto a metterci i soldi.
Già, perché sono quelli che scarseggiano a via del Nazareno, dove la querelle sul patrimonio immobiliare dei «fu Ds» non si è ancora risolta. L’ex tesoriere Ugo Sposetti ha fatto capire in tutte le salse che non ha intenzione alcuna di regalare nulla di ciò che fu dei diessini. L’ultimo segretario di quel partito, Piero Fassino, non la pensa nello stesso modo. E come lui non la pensano molti segretari dei circoli del Partito democratico che provengono dall’esperienza ds.
Ma quella è una vicenda destinata ad andare per le lunghe. E se si voleva salvare l’Unità Bonifazi e Mian non potevano certo aspettare che il tormentone diessino arrivasse alla fine. Per questa ragione il tesoriere del Pd si è buttato sul mercato a cercare un partner. Un’offerta è arrivata da Matteo Arpe. Non è stata accettata. Ufficialmente mancavano tutte le garanzie necessarie. In realtà, raccontano a largo del Nazareno, al Pd erano in molti a sospettare che dietro quella cordata vi fosse Massimo D’Alema. Vero o falso? Smentiscono tutti. E Bonifazi è categorico nel negare l’intera vicenda: «Non vi sono stati interessamenti da parte di Matteo Arpe». Ma l’indiscrezione continua a circolare con una certa insistenza.
Fatto sta che, Arpe e D’Alema o meno, Bonifazi alla fine ha trovato un editore con il quale fare un’offerta di dieci milioni per l’Unità . È Guido Veneziani. Un nome sconosciuto all’editoria politica, ma ben conosciuto per i suoi periodici: Stop , Top , Vero . Nomi che, magari, faranno arricciare il naso a qualcuno, ma che consentiranno al quotidiano fondato da Antonio Gramsci di riprendere le pubblicazioni di qui a qualche mese, giacché l’offerta verrà fatta entro il 31 ottobre, ossia tra pochi giorni. Dopodiché si tratterà solo di individuare il direttore. Questione di mesi, dunque. Poi si ripartirà. Certo, con una redazione più snella rispetto a quella precedente. Ma i tempi sono quelli che sono. E ieri, nell’assemblea che ha avuto con i dipendenti del partito, Bonifazi non ha nascosto le difficoltà, anche se ha fatto delle promesse importanti: «Sono disposto a correre il rischio di andare incontro a una piccola perdita pur di non mettervi in pericolo, quindi niente solidarietà». Una rassicurazione che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quanti erano — e sono — preoccupati per le sorti del Pd dopo la decisione di rinunciare ai finanziamenti pubblici. Del resto, la spending review operata dal tesoriere del Pd sta andando avanti a passo spedito. Il costo per i servizi è stato ridotto del 57 per cento rispetto agli anni precedenti, mentre i costi della segreteria nazionale si sono fermati a 50 mila euro, nulla rispetto al milione e 220 mila euro di prima. Sulla manutenzione si risparmia il 70 per cento e l’aver già abbandonato due sedi del Pd a Roma ha portato a un risparmio di 820 mila euro.
Certo, non basta. Ci vogliono ancora altri sforzi. E, soprattutto, è necessario che anche i Ds diano un loro contributo. Ma di questo argomento Bonifazi preferisce non parlare. Non vuole entrare in questa polemica che ha visto uno Sposetti molto combattivo difendere il patrimonio immobiliare diessino confluito in alcune fondazioni. Ma ora sono proprio alcuni circoli degli ex Ds, adesso circoli del Partito democratico, che stanno chiedendo conto di questo problema e della fine che farà quel patrimonio. Ne vogliono discutere a giorni. Ed è assai probabile che sia alle viste una nuova puntata di questo tormentone. Il tesoriere del Pd, almeno per ora, preferisce non intervenire: è troppo felice di essere riuscito a mandare in porto l’operazione che si era prefisso, l’ennesima resurrezione dell’Unità.