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 2014  ottobre 22 Mercoledì calendario

Michel Platini contro tutti: boccia la moviola in campo («è la morte del calcio»), la superlega, la Juventus di Andrea Agnelli («molto italiana e poco europea»), l’elezione di Tavecchio («mi sembra una brava persona, certo che Albertini...»), il tiki taka («ormai lo giocano solo Roma e Juve»)

Se la tira che è un piacere Michel Platini. Dal campo all’Uefa poco è cambiato: mai banale, sbuffa, gioca per lo spettacolo e agita la bacchetta. Non ti va bene? Affari tuoi. In libreria arriva Parliamo di Calcio per Bompiani con presentazione del curatore italiano e grande amico Tony Damascelli. Inutile aspettarsi da lui l’arrendevolezza del gradito ospite, figuriamoci. Dopo essersi beccato i complimenti per aver scelto il giorno giusto nella partita giusta (Roma-Bayern Monaco) lui ti smonta facendoti sentire molto, troppo italiano. «Ma domani (oggi, ndr) c’è uno strepitoso Liverpool-Real Madrid, la partita perfetta». Sì, magari con Balotelli in panca. Recentemente un ex giocatore della Lazio (e ora opinionista Rai) ha addebitato a Mario più di una lacuna tecnica, altro che problemi di testa. «Dico solo che se uno non stoppa bene la palla poi diventa tutto più complicato». Capito al volo, l’osso duro è tra noi.
Partiamo dall’attualità: i droni in campo. «Pericolosi, tremendamente pericolosi. Noi dell’Uefa c’entriamo nulla e possiamo farci poco. Penso che potrebbero fare molto male ai giocatori, speriamo non diventi una moda».
Moviola in campo. «Ve l’ho già detto, io non la voglio, uccide il calcio, spezza il ritmo. Quante volte certi vostri moviolisti mi appiopparono rigori e io me la ridevo come un pazzo, spesse volte il difensore neanche mi aveva sfiorato». E poi... e poi lo sapete già perchè, riempite i vostri giornali degli errori arbitrali, l’errore fa parte della mitologia, della letteratura calcistica, dell’umanità di questo sport stupendo. Ho perso una semifinale mondiale per colpa di un arbitro, ma sono ancora qui per raccontarvelo, non è morto nessuno. Senza errore non c’è pepe». Ci sarà peperoncino, le roi si fa scuro. «Lo so, mi sto rassegnando all’ingresso della moviola in campo, voi italiani, poi state facendo molta pressione. Siamo in minoranza, la moviola passerà e sarà la morte del calcio». Altro spauracchio la Superlega. «Pure quella? No. Ma anche qui la vedo male, i tempi sono maturi. Ma non vi bastava la Champions?». Capitolo Tavecchio. «Carlo? L’avete scelto voi. Mi sembra una persona semplice, perbene. Ci ho parlato ultimamente, quasi piangeva per la gaffe. Certo però che Albertini...». Albertini cosa? «Sarebbe stato meglio, ma avete deciso per Carlo, lasciamo perdere, va...». E in tv intervistato da Sky ammette: «Ha detto una cagata».
Presunta morte del tiki-taka, presunta morte del modello spagnolo e ritorno al sano e disimpegnato lancio lungo?. Ipotesi italiana, naturalmente. «Il Bayern di Guardiola fa più possesso del Barcellona e tutte le vostre grandi, Juve, Roma e Milan, tengono palla. E non è tiki-taka questo?». E arriviamo alla Juventus, incapace di vincere in Europa. «La Juve sarà sempre nel mio cuore, ma ultimamente questa nuova presidenza, questa linea giovane è diventata troppo italiana e poco europea». Capitolo scommesse. «Trovo molto più grave una partita truccata che il doping». Calcio italiano. «Vi ricordo che siete vicecampioni d’Europa e ultimamente vedo delle belle partite. La Fiorentina, ad esempio, è una di quelle che mi diverte. Non state messi male».
Domanda finale su Totti. Pupone da monumento o solita esagerazione romanesca? «Totti non lo conosco ma lo ammiro per come intende il calcio. Però, confermo quello che dissi a suo tempo al Trap. Quando mi accostò a Francesco gli diedi dell’ubriacone». Per carità.
Jacopo Granzotto
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Alcuni stralci da Parliamo di calcio, libro in cui Michel Platini chiacchiera con Gérard Ernault (Bompiani, 288 pagine, 17 euro). Scrive Tony Damascelli, che ha curato l’edizione italiana, nella presentazione: è un’opera di studio e di scoperta, non un semplice racconto di cose di football. Ne risulta l’amore assoluto che Michel Platini ha per il pallone che è cosa assai differente dal calcio.
Una sera, a Milano, tu, Gaetano Scirea e io, dopo la visita a un club di tifosi juventini, ci imbattemmo in un tifoso che ti annunciò di avere chiamato il proprio figlio appena nato Michel - e non Michele - in tuo onore. L’aveva chiamato così per la felicità del tuo football, dei tuoi calci di punizione.
«Ricordo che, tornando a Torino, nella nebbia, cantammo la Marsigliese ma, per non offendere Gaetano, anche l’inno di Mameli. Scirea era l’universalità del calciatore e dell’uomo, mai una squalifica, mai un comportamento sleale, un signore campione del mondo e capitano della mia Juventus. Comunque ero felice per le parole di quel tifoso, ma mi domandavo se nomi come Leonardo (da Vinci) o Antonio (Vivaldi) non avrebbero meritato uguale riconoscimento. Non sono insensibile al fatto che un brasiliano che giocava in Bulgaria si chiamasse Michel Platini e che un messicano portasse sulla maglietta la scritta “Platini-Sanchez”. Ma credo anche che il mio amico Boniek, chiamando Platini uno dei suoi cavalli, sia quello che abbia tributato nel modo migliore alla faccenda la sua importanza e la sua futilità al tempo stesso».
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Tu parli di “gioco del calcio” e non semplicemente di calcio. «Gioco del calcio: è detto tutto. Non si può riassumere meglio il concetto. Nella lingua francese è un jeu (de) balle au pied. Insisto sulla parola “gioco”. È un po’ la parola chiave per farmi capire, “gioco del pallone”: a scriverla è una formula che colpisce in pieno il bersaglio. Peccato solo che nella lingua parlata sia un po’ troppo lunga, e allora io preferisco usare il termine "pallone"».
“Pallone” è molto impersonale, ce ne sono tanti in tutti gli sport.
«Sì, ma nel calcio ha un’accezione superiore. Un esempio? Il Pallone d’oro. Non ci può essere equivoco, pronunciate “pallone” e il calcio viene di seguito».
Allora non ti arrendi alla parola calcio?
«Piuttosto la rifuggo. Il football non è soltanto foot, ed è troppo grande per abbassarsi a un sostantivo cosi ridotto. Foot? No, grazie. Troppo telegrafico, troppo peggiorativo. C’è il rischio di trasformarlo in “tifo” e ”tifoso”, il contrario dell’eleganza».
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«Siviglia (la leggendaria semifinale Francia-Germania della Coppa del mondo 1982, persa in condizioni drammatiche dalla squadra francese di cui Platini era capitano, ndr) resterà per sempre il momento della mia carriera di calciatore... La verità del football è più difficile da conoscere e capire rispetto ad altre discipline sportive. Non risponde alle stesse logiche... Esiste una certa logica sotterranea nel football. Altrimenti è la roulette russa».
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«Voglio eliminare la tripla pena per chi compie il fallo da ultimo uomo: rigore, espulsione e squalifica. Si deve passare alla doppia pena: rigore e ammonizione se il fallo è avvenuto in area di rigore, espulsione e calcio di punizione se il fallo è commesso fuori area».
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«Lo so, mi accusano di essere stupidamente chiuso in una torre dalla quale non voglio scendere. Tutto ciò mi fa ridere, ma ho la tranquillità che ti viene dalla convinzione, figlia della storia, e dell’osservazione delle cose. Concedere il calcio al video è concedergli una minaccia di grande interferenza, di una destabilizzazione, di una vergogna senza fine. Per avere una giustizia perfetta e non avere più gol fantasma e rigori regalati dovremmo installare telecamere su tutto il perimetro».
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«Il Campionato europeo compira sessant’anni, l’Europa stessa ne avrà settanta. E sarà occasione, più unica che rara, di vedere il calcio all’unisono nel proprio continente, nella sua storia, grazie a una larga distribuzione del torneo in un più grande numero di nazioni, piuttosto che riservarlo a una o due. Porteremo l’Europeo ai tifosi piuttosto che i tifosi all’Europeo. E se i poteri pubblici si metteranno al passo, sarà l’occasione, per i tifosi, di attraversare l’Europa senza visto».
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