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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

Come De Magistris, Ilda Boccassini avrebbe acquisito illegalmente tabulati telefonici del processo Ruby: tra le telefonate del capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni ce n’erano alcune con Silvio Berlusconi per le quali il magistrato avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al Parlamento. E non lo fece

Si parla di tabulati, non di intercettazioni. Tabulati che nel processo Ruby contro Silvio Berlusconi non sono entrati mai, perché dichiarati «inutilizzabili» dai giudici del tribunale di Milano. Il dato di fatto, però, c’è. Ed è un dato che salta agli occhi nelle motivazioni della sentenza d’appello: il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e i pm Antonio Sangermano e Pietro Forno, titolari dell’accusa nel dibattimento di primo grado, non avrebbero potuto acquisire i tabulati delle telefonate del capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni relativi alla notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010. Perché tra quelle telefonate c’erano, e verosimilmente loro lo sapevano perché cercavano proprio quello, i contatti telefonici tra il funzionario di polizia e l’allora premier in carica. Per chiedere di avere quei tabulati avrebbero dovuto essere autorizzati dal Parlamento. Ma la richiesta non c’è mai stata. E questo che accomuna loro all’ex pm di Why not, Luigi De Magistris, che per aver spiato dei parlamentari violando la stessa norma, la legge Boato, ha subito una condanna penale e, causa legge Severino, ha perso anche la poltrona di sindaco di Napoli.
La rivelazione, contenuta nelle 300 pagine delle motivazioni della sentenza d’appello, è stata pubblicata dal quotidiano Il Tempo. Il collegio presieduto da Enrico Tranfa - ora nella bufera perché si è dimesso subito dopo il deposito degli atti in quanto in dissenso col verdetto di assoluzione - ne parla diffusamente, scrive il quotidiano romano, nelle pagine che vanno da 153 a 182. Si parla delle modalità di acquisizione dei tabulati telefonici. La Corte ricorda che «il rispetto delle guarentigie costituzionali può porsi (...) per le sole intercettazioni o i soli tabulati che abbiano avuto a oggetto comunicazioni in cui è coinvolto il parlamentare». Ed ecco il punto in cui viene segnalata la violazione commessa dai pm: «È il caso dei tabulati dell’utenza del dottor Ostuni, dichiarati inutilizzabili in quanto addirittura acquisiti in violazione della norma dell’articolo 4 della legge 140 del 2003 (la norma appunto sulle intercettazioni indirette, ndr) poiché, nel momento in cui veniva emesso il decreto di acquisizione, la procura poteva e doveva prefigurarsi l’alta probabilità che tale preciso atto d’indagine potesse determinare l’intrusione nella sfera di comunicazioni del presidente del Consiglio». Secondo i giudici, la violazione della legge Boato è doppia. Non è stata infatti né chiesta l’autorizzazione preventiva, prevista dall’articolo 4 della norma, né quella successiva, imposta dall’articolo 6 della legge Boato, una volta trovati nei tabulati numeri di telefono riferibili a un parlamentare in carica, nel caso specifico il premier.
I tabulati non sono entrati nel processo. A novembre del 2011 il tribunale ha dato ragione ai difensori di Berlusconi, rigettandone l’acquisizione perché privi della necessaria autorizzazione del Parlamento. La violazione, però, c’è stata. E l’analogia con la vicenda dell’ex pm Luigi De Magistris è lampante.