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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

M5S, quella democrazia del web dove tutto doveva essere meraviglioso. Invece «si scopre a poco a poco che tutti possono scrivere un post, non tutti possono parlare, pochi possono votare e solo due persone possono decidere: uno si chiama Beppe e l’altro Gianroberto»

Beppe Grillo ha decapitato la dissidenza del Circo Massimo segnando su Facebook le teste dei colpevoli con un cerchio rosso, e Gianroberto Casaleggio ha risposto a quei quattro che gli chiedevano dal palco un po’ più di trasparenza espellendoli in un post scriptum. Ormai la realtà supera la satira, nel M5s, e gli stessi militanti restano senza fiato assistendo alla degenerazione farsesca di quella democrazia del web dove tutto doveva essere meraviglioso.E ogni decisione sarebbe stata fantastica, e invece si scopre a poco a poco che tutti possono scrivere un post, non tutti possono parlare, pochi possono votare ma solo due persone possono decidere: uno si chiama Beppe e l’altro Gianroberto.Chi ha votato — per restare alle ultime 48 ore — la nuova linea dura dei Cinquestelle sull’immigrazione, con quel post para-leghista di Grillo che annuncia che «i cosiddetti clandestini vanno rispediti da dove venivano», dopo che la base del partito — la Rete! — si era chiarissimamente schierata con un referendum per l’abolizione del reato di clandestinità? Chi ha discusso, sull’Europa, lo scivolamento sempre più a destra del Movimento, che dopo essersi affidato alla leadership dell’ultra-conservatore Farage — per il quale «le donne che lavorano e hanno figli valgono meno ed è giusto che guadagnino meno degli uomini» — ha aperto ieri le porte persino al polacco Iwaszkiewicz, eletto nel Partito della Nuova Destra e autore della teoria secondo cui picchiare le mogli «aiuterebbe molte di loro a tornare con i piedi per terra»? E chi ha emesso la sentenza di espulsione immediata del sindaco di Comacchio, Marco Fabbri, colpevole di essersi candidato alla Provincia per difendere gli interessi dei suoi concittadini, cacciato su due piedi con una tale brutalità da trasformare un appassionato militante in un cittadino così amareggiato, così deluso da arrivare a parlare di «una deriva squadrista e fascista»?Ma il capolavoro del tandem Beppe& Gianroberto è stata ieri la radiazione dei quattro militanti, subito degradati a dissidenti perché avevano osato interrompere la liturgia del Circo Massimo salendo sul palco per domandare con parole semplici che le votazioni sul portale grillino fossero almeno verificabili, «e soprattutto vorremmo sapere qualcosa di questo “staff” col quale tutti ci interfacciamo ma nessuno lo conosce». Chiedevano, in una parola, solo un po’ di quella trasparenza che i cinquestelle reclamano dagli altri ma non applicano mai in casa propria. E sono subito diventati un bersaglio che Grillo ha appeso su Facebook cerchiando di rosso le loro teste, e Casaleggio ha centrato in pieno con un colpo secco: un post scriptum in coda a una delle sue allegre profezie, «Press Obituary”, necrologio della stampa: «I quattro sono fuori dal M5S».È difficile capire perché un abilissimo stratega della comunicazione e un formidabile comunicatore siano scivolati nella trappola di rispondere a un’accusa di scarsa trasparenza con una sentenza assolutamente priva di trasparenza. Perché anche nella non-democrazia inventata dai grillini, Casaleggio non avrebbe in teoria alcun potere: non ha incarichi, non è stato eletto, non è stato nominato. Tutti sappiamo, per carità, del suo ruolo fondamentale nella nascita e nella crescita del Movimento, ma come può una forza politica che si candida a governare il Paese dare di sé l’immagine di una setta nella quale il potere massimo — quello di decidere chi è dentro e chi è fuori — è nelle mani di un’eminenza grigia che non risponde a nessuno se non al suo socio?Grillo invece — che non si è mai candidato alle elezioni perché una vecchia condanna lo priva di uno dei requisiti che lui stesso pretende dagli altri — una carica ce l’avrebbe: quella di presidente del Movimento. Se l’assegnò da solo, una sera di dicembre di due anni fa, davanti al notaio di Cogoleto nominando vicepresidente suo nipote Enrico e segretario il suo commercialista. Una carica che lui non ostenta, e che gli serve solo per decidere chi è candidabile e chi no, quale meetup avrà il simbolo e quale no, e soprattutto chi va cacciato e chi può rimanere. Purché stia buono, canti in coro la canzoncina che lui ha scritto e non si azzardi a fare mai una domanda indiscreta sulla trasparenza di un movimento dove tutto è sempre magnifico, incredibile e stupendo, un luogo magico dove comandano finalmente i cittadini, i militanti, la Rete, mentre lui e Casaleggio prendono solo le decisioni.