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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

Sonia, anoressica, drogata, alcolizzata e disoccupata. Orfana di madre, sposata, separata e poi fidanzata con Gianluca che, accecato dalla gelosia, l’ha ammazzata con un elastico da pacchi e poi è scappato sulla sua bici

Sonia Trimboli soffriva di anoressia, droga, alcol; poi c’era l’amore o quel che ne restava, ed era insieme malattia e persecuzione. Il 28 agosto il suo fidanzato e assassino, Gianluca Maggioncalda, soprannominato «lancetta» per l’altezza e per essere figlio di un riparatore di orologi che lo manteneva a 42 anni, aveva cercato di strangolarla. Non c’era riuscito, come invece è successo alle 19 di domenica. 
Sonia, sposata e separata, senza più la mamma morta per malattia, con il padre ex dipendente di supermercati che vive in compagnia di un pastore maremmano e con un fratello che sta fuori Milano, l’aveva denunciato al commissariato Monforte-Vittoria. L’indomani Maggioncalda era stato indagato per lesioni (le ferite di Sonia avevano richiesto un prognosi di trenta giorni). 
Il padre Michelangelo ripete che da allora lei non aveva più voluto vederlo: nell’appartamento al terzo piano di viale Bligny — un palazzo tranquillo abitato da persone cordiali, un alloggio con le tapparelle basse, le ciotole per il cane, il cestino dei rifiuti per l’umido sul balcone chiuso da un tendone verde —, aggiunge che lui non voleva saperne di perderla. Maggioncalda la inseguiva, supplicava di perdonarlo. Sonia e Gianluca, in un legame divenuto caotica sequenza di calci e pugni, non si lasciavano. Stavano ancora insieme. Quando l’abuso di cocaina e vino sprigionava il rancore, nascevano risse. Le botte e gli insulti non attutiti dalla musica (specie di Baglioni) ad alto volume nella mansarda al quarto e ultimo piano di via della Commenda 28, ricavato sopra la casa di famiglia dei Maggioncalda, in una zona della vecchia Milano dove Gianluca, disoccupato come Sonia, sua coetanea, si faceva vedere in sella a una bici. La stessa che gli è servita, domenica, per la fuga, anzi per il tentativo di fuga: Maggioncalda ha ammazzato la fidanzata, con un elastico da pacchi; è sceso per le scale, ha incontrato il padre, gli ha detto che Sonia stava male, ha telefonato a un amico, ha raccontato del delitto. L’amico, residente nel Pavese, ha avvisato i carabinieri di Garlasco che hanno allertato la polizia di Milano. 
Gli agenti, grazie al segnale del cellulare, hanno rintracciato Maggioncalda che li aspettava seduto sui gradini della Basilica di Sant’Ambrogio. Uno dei due poliziotti l’ha chiamato per nome, lui s’è alzato ed è salito in macchina.«L’ho uccisa io». Per due ore, nella notte della Questura, ha raccontato l’omicidio al pm Giancarla Serafini; ha reso piena confessione, come confermato dall’avvocato Luigi Aleramo Rossi. Con Sonia avevano bevuto: ubriacarsi e «farsi un pippotto di cocaina» era un’abitudine; ha confidato che era pazzo di gelosia e che l’ultimo messaggio, «l’ennesimo di un uomo», ricevuto dalla fidanzata sul telefonino, l’aveva accecato di follia. 
A casa Trimboli, in una pausa sul pianerottolo, di ritorno da una veloce spesa (petti di pollo e due panini), il padre Michelangelo dice che forse la polizia doveva fermare l’assassino, perché tanto, dopo il 28 agosto, era ovvio che avrebbe riprovato, era ovvio che questo sarebbe stato il finale. Dal commissariato i dirigenti replicano che si stava indagando. È una storia che si costruisce nei commissariati, la storia di Sonia e Gianluca, che si alimenta di fascicoli e di precedenti, che anche ad andar lontano richiama solo disgrazie. Era il 2006, sempre in viale Bligny, a un civico, il 42, noto per lo spaccio. Un tunisino aveva salvato Sonia dallo stupro di un connazionale. Lui era morto, lei ferita gravemente. Michelangelo Trimboli insiste con la sua versione: «A mia figlia avevano rubato il cellulare e il portafoglio. Era convinta di poterli recuperare al 42... Ma una volta all’interno è stata aggredita...». Le carte dell’indagine, condotta dal commissariato Ticinese, sostengono un’altra verità: ci fu sì l’ingresso nel «fortino» ma per un acquisto di droga. 
Domenica, Sonia è stata trovata vestita, a viso in su, sopra il letto matrimoniale formato da due letti distinti, accostati e tenuti insieme con quell’elastico usato per uccidere.