Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 20 Lunedì calendario

I bulli e le baby gang che portano la guerra nelle nostre vita, da Milano a Napoli. Noia, rabbia, disagio sociale, solitudine: fenomenologia del branco selvaggio stile Arancia Meccanica

Forse, nei dintorni di Napoli, si consuma l’epilogo di quella che è una lunga serie di violenze, molte emerse, altre lasciate nascoste per paura. Ma il fenomeno non conosce ostacoli di geografia: i casi sono in aumento ovunque, ragazzini tra i 9 e i 17 anni, più maschi, il numero delle femmine in aumento del 12.5 per cento, seppure i primi facciano sentire la forza del branco con la fisicità, le adolescenti sono più propense alla diffamazione. Ma sempre violenza è. Inappropriato sarebbe limitare la definizione al bullismo. Spesso non lo è. Prendiamo l’ultimo episodio, quello di Napoli appunto. Violenza sessuale e tentato omicidio. Vincenzo Iacolare, si chiama l’uomo di 24 anni in carcere. Vince’, per gli amici, apre il tubo e spruzza aria compressa sul volto di un ragazzino, 14 anni, unico segno particolare che è sovrappeso. Prima sul volto, poi nel sedere e il ragazzino cade a terra. Lesioni al colon, diranno i medici. Grazie a un intervento chirurgico gli salvano la vita, ma il ragazzo è ancora in ospedale.   
La periferia violenta di Napoli   
“Guarda il soffitto”, dice la mamma al Fatto Quotidiano, “non parla di quanto gli è accaduto. Forse non ricorda nemmeno, si è chiuso in un mutismo per lui inusuale”. Iannone viene arrestato, i due complici della violenza sono denunciati a piede libero. In diretta tv, per giorni, va in scena lo scontro tra le due famiglie e culmina con le parole della suocera di Iannone. Che dice: “Quello era uno scherzo, io sono fiera di mio genero”. Nessuna scusa, solo la rivendicazione. Ci manca solo che dica: “Ha fatto bene, se lo meritava”. Non era uno scherzo. Nemmeno bullismo. Solo violenza. Lo dice anche il garante per i minori, Vincenzo Sapadafora. Si chiama violenza sessuale. E non solo: un uomo di 24 anni sa che sparare aria compressa nel sedere di un ragazzo può portarlo alla morte. Ci è mancato poco, dicono i medici. Lesioni gravissime e un’invalidità permanente, dicono. Oltre a tutto quello che una violenza sessuale può portare. Dice Raffaele Morelli, psicoterapeuta e una specializzazione per quello che riguarda i minori: “Il ragazzo in questo momento ha bisogno di silenzio e di un aiuto psicologico per superare un trauma che gli resterà addosso.   
Sono vite ai margini della mentalità camorristica, quelle di cui parliamo. Il quartiere dove è avvenuto l’episodio si chiama Pianura, uno dei luoghi del disagio di Napoli, un quartiere satellite, popolato da persone che cercavano un affitto ridotto e una zona, seppur lontana dal centro, ben collegata con il resto della città, sia attraverso la tangenziale che la Circumflegrea. Area dove sopravvivere è difficile e vince la sottocultura legata al branco, al dominio. Il pm, Fabio De Cristofaro, non commenta. Ha chiesto e ottenuto la custodia cautelare per il responsabile della violenza e l’ha ottenuta, gli altri al momento restano denunciati, ma a piede libero. L’indagine, però, conferma la Procura di Napoli, è tutt’altro che chiusa.   
Ucciso con un pugno a Pisa   
Si chiama knockout game. La pratica, esportata da città metropolitane, è arrivata ovunque. La modalità è semplice: una buona dose di alcolici o droghe, poi in strada a picchiare qualcuno. La prima persona che passa, chiunque possa trovarsi nel posto sbagliato al momento spagliato. La prima vittima, in Italia, è a Pisa, aprile scorso. Zakir Hoassin, 34 anni, bengalese, una moglie e tre figli che si porta appresso in una fotografia nel portafogli e che però vivono a migliaia di chilometri di distanza causa reddito troppo basso, esce dal lavoro e cammina per rientrare nella stanza dove vive. Le telecamere riprendono tutto: nessuna aggressione per rapina o a sfondo razziale. Incrocia semplicemente quello che lo metterà giù con un pugno. Morirà poche ore dopo all’ospedale di Cisanello. L’episodio più tragico, ma pratiche del genere avvengono in tutte le principali città. E’ un gioco di ubriachi, con epilogo che si risolve con un pugno. Chi lo sferra più forte e nei confronti di una persona che sta passeggiando. Possibilmente solo, per non lasciare testimoni.   
Profondo nord: Mestre e Belluno   
È la radiografia di un Paese che non esclude nessuno. Il Veneto, un tempo locomotiva economica, non è immune. A Mestre un gruppo di minori ha organizzato un Fight Club, proprio come nel film di David Fincher. Si ritrovavano quasi tutti i giorni in un piazzale della città non lontano dal centro e in due, a turno, combattevano. Gli altri intorno scommettevano sul vincitore e incitavano alla lotta. Chi rimaneva in piedi passava il turno. La musica sparata a tutto volume, alcol e sigarette e i pugni per passare il tempo massacrandosi. Bulli tra di loro per trasferire, poi, la violenza sugli altri. Secondo la polizia, infatti, le stesse persone, tutti ragazzi minorenni, sarebbero responsabili di alcune aggressioni nelle discoteche. A Belluno, invece, un ragazzino, preso di mira dai bulli, è stato costretto a cambiare scuola. Sono stati i genitori, con le spalle al muro, a decidere di trasferirsi per proteggerlo. D’altronde le violenze erano documentate e la Procura, nei giorni scorsi, ha aperto un fascicolo con due indagati. Gli aggressori in una intercettazione dicono: “Così ti facciamo diventare uomo”. Parole registrate sul telefonino della vittima, a cui i due denunciati dal ragazzino chiedevano anche di dire che è “solo uno scherzo”. “O fai così, altrimenti ti aspetta l’acqua bollente”.   
Bande di notte: Milano   
L’ordine arriva con una parola in codice: “Luce verde”. Il capo comanda, i soldati eseguono. La vittima, quasi sempre, viene presa sul predellino della metropolitana. Picchiata. Perché così vuole il codice dell’onore degli Ms13, pandillas sudamericana che a Milano si spartisce una fetta di territorio. Sono in guerra. E così tutto vale. Chi assiste alla violenza non alza un dito tanta la furia della gang. Per capire, ecco alcune frasi del loro inno alla violenza. Dice: “La Mara Salvatrucha sta ammazzando, l’Italia invadendo, con intelligenza ci stiamo espandendo, la Lombardia in un inferno la stiamo avvolgendo”.
In città , dal centro alla periferia, ci si batte per l’onore ma anche per i soldi, come successo al quartiere della Barone, quando, pochi mesi fa, tre minorenni di origini egiziane sono stati arrestati per aver tentato di estorcere 50 euro a un coetaneo italiano utilizzando, per farsi forza, anche un pit bull. E poi c’è il controllo del territorio. Con bande di giovanissimi e quasi tutti italiani che fanno il verso alla grande criminalità organizzata. E’ successo poco tempo fa in via Creta, una strada di palazzoni popolari nel cuore del quartiere di Baggio a sud-ovest di Milano. Qui comandano loro. Come? Con la violenza. Irrazionale e spietata. Tanti episodi messi insieme dalla polizia che della gang porta in carcere quattro minorenni. A loro carico anche l’aggressione a un clochard in perfetto stile Arancia Meccanica. Succede in pieno centro a Milano. All’Arco della Pace, dove le nuove baby-face del crimine meneghino sono arrivate in trasferta. Picchiano il barbone. A calci e pugni. Interviene un ragazzo che a sua volta vien massacrato, non solo perché difendeva l’uomo ma anche perché è di origini ebraiche. Succede anche questo. Tanto che il giudice del tribunale dei Minori per loro disporrà il carcere con una motivazione agghiacciante: “Per loro è l’unica soluzione, perché non hanno il minimo senso dello Stato”. La banda di via Creta ringhia violenza anche nei caseggiati popolari. A farne le spese un transessuale di mezza età e in sedia a rotelle. L’uomo, dopo essere stato minacciato con frasi del tipo: “Ricchione di merda ti ammazzo di botte”, per mesi non è più uscito di casa, ricevendo la spesa solo grazie all’aiuto degli assistenti sociali. Dopodiché la rete e i social-network sono il vettore privilegiato dell’odio metropolitano.