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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

Le tangenti all’India di Finmeccanica non esistono, ma intanto il contratto milionario è saltato

Non parla degli 80 giorni di cella scontati ingiustamente. Non si lamenta per i titoli a nove colonne a lui dedicati da una stampa troppo plasmata sulla magistratura inquirente, per lasciare spazio al dubbio. E al garantismo. Alla pronuncia della sentenza di assoluzione per corruzione internazionale, semmai, l’ex presidente e amministrazione delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, si limita a commentare: «Le vittime di questo processo sono le nostre famiglie. La mia e quella di Bruno Spagnolini, ingiustamente perseguito insieme con me». E senza scomporsi, il manager scagionato dall’accusa di avere versato una tangente all’India per l’acquisto di 12 elicotteri dalla controllata di Finmeccanica, fa un auspicio: «Speriamo che adesso si possano riprendere i contratti con l’India. Contratti congelati in seguito all’inchiesta. Ci auguriamo anche che AgustaWestaland possa tornare sul mercato internazionale a testa alta». Stando alla Corte d’Assise di Busto Arsizio, presieduta da Luisa Bovitutti, per l’ex presidente di Finmeccanica e l’ex ad di AW, la corruzione internazionale non sta in piedi perché «il fatto non sussiste». L’accusa del pm Eugenio Fusco ai due manager era, appunto, avere versato all’India la mega mazzetta per favorire la multinazionale italo britannica Agusta Westland nella gara bandita dal governo di New Delhi per l’acquisto degli elicotteri. Accuse finite nel nulla. Anche se Orsi e Spagnolini vengono però condannati a 2 anni (con sospensione della pena) per false fatturazioni relative al biennio 2009-2010. Un caso giudiziario, quello della maxi tangente, cominciato nel 2011 con le dichiarazioni ai pm napoletani di Lorenzo Borgogni: ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica quando era presidente Pierfrancesco Guarguaglini. È lui il grande accusatore. A verbale fa scrivere la storia della «stecca» da 51 milioni che sarebbe stata pagata dai vertici di Finmeccanica per fare ottenere ad AW una corsia preferenziale nella gara del valore di 556 milioni per la fornitura dei 12 velivoli Aw101 al governo di New Delhi. Un fiume di soldi, di cui 14 milioni sarebbero andati all’influente famiglia del maresciallo Sasha Tiagy: ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica indiana. È il 16 aprile 2012, l’attenzione è convogliata sul faccendiere Valter Lavitola che, atterrato a Fiumicino dal Sudamerica, viene arrestato per corruzione. In quei momenti, a Roma, Lorenzo Borgogni, fa scrivere ai pm venuti da Napoli che «la compravendita degli elicotteri si è conclusa con successo da Finmeccanica solo grazie al pagamento della maxi mazzetta». La sede legale di AW è a Samarate, nel Varesotto. L’inchiesta passa a Busto Arsizio. Titolare del fascicolo è Eugenio Fusco in arrivo da Milano, dove ha guidato le inchieste sugli scandali finanziari Parmalat e Antonveneta. Borgogni insiste e rincara: la corruzione in India non è servita soltanto a far vincere la gara ad AW, ma anche ad accantonare (per mano di Orsi) 10 milioni di euro per finanziare la Lega Nord di Maroni. Che lo ha sponsorizzato come successore di Guarguaglini alla guida di Finmeccanica. Febbraio 2013: Giuseppe Orsi viene trascinato in carcere. Intanto il capitolo sul presunto finanziamento illecito al Carroccio finisce su un binario morto. Il pm Fusco è costretto a chiedere l’archiviazione al gip per mancanza di prove del presunto finanziamento illecito al partito di Maroni. Giugno 2013, parte il processo sull’affaire indiano: imputati, oltre a Orsi e Spagnolini, anche Agusta Westland ltd e Agusta Westland. Le due società patteggiano una sanzione pecuniaria di 380mila euro e la confisca di 7,5 milioni, somma che secondo l’accusa equivarrebbe al profitto della presunta corruzione. Eugenio Fusco chiede 6 anni per Orsi e 5 per Spagnolini. Gli avvocati sollecitano invece l’assoluzione con formula piena. Accolta in pieno. Con Ennio Amodio, difensore dell’ex numero uno di Fimeccanica, che dice: «La sola colpa di Orsi è avere osato sfidare “il Sacro Romano Impero di Guarguaglini”, finito per questo nel mirino della “vecchia guardia” di Finmeccanica rappresentata, appunto, da Borgogni». Ieri il verdetto. E un interrogativo duplice: la Procura farà Appello? A spese del contribuente? LA VICENDA L’inchiesta, approdata nel 2012 a Busto Arsizio dalla procura di Napoli, riguarda l’appalto, ottenuto nel 2010, per la fornitura di 12 elicotteri al governo indiano da parte di Agusta Westland, controllata da Finmeccanica, e di cui era allora amministratore delegato Giuseppe Orsi. Secondo l’accusa, dei 556 milioni di euro dell’affare, 51 sarebbero serviti a pagare tangenti per assicurarsi la commessa. Era stato l’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, a parlare di presunte tangenti ai pm napoletani. Secondo Borgogni, parte del denarosarebbe poi finito alla Lega GLI ARRESTI Nel febbraio 2013, il presidente e ad di Finmeccanica Giuseppe Orsi finisce in carcere mentre per l’ad di AgustaWestland, Bruno Spagnolini, finisce ai domiciliari. In Svizzera vengono arrestati i due intermediari con il governo indiano, Guido Haschke e il suo socio Carlo Gerosa ASSOLTI Ieri l’assoluzione dall’accusa di corruzione internazionale perché il fatto non sussiste. Rimane solo l’accusa di false fatturazioni per cui Orsi e Spagnolini sono stati condannati in primo grado a 2 anni
Cristiana Lodi
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Una condanna a due anni per false fatturazioni. Ma, e la notizia è questa, assoluzione dall’accusa di corruzione internazionale «perché il fatto non sussite». Questo il verdetto per i dirigenti di Finmeccanica Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini. Agusta Westland in realtà era stata assolta la prima volta ad Oslo il 17 dicembre del 2013. Quel giorno il ministero della difesa norvegese annunciò la scelta dell’elicottero Aw 101 in concorrenza con Eurocopter, prodotto da Eads. Un affare importante, 700 milioni di euro destinati a salire a oltre un miliardo. Ma ancor più importante per l’azienda lombarda, per la reputazione a prova di bomba dell’acquirente. Gli addetti ai lavori, infatti, sanno che un contratto con la Norvegia vale nel mondo dell’aeronautica più di un rating tripla A. Per Agusta, nel bel mezzo della tempesta giudiziaria indiana così come per Giuseppe Orsi, l’ex ad di Finmeccanica (in galera per 80 giorni), la notizia era particolarmente bella: l’AW 101 era l’elicottero al centro della corruzione internazionale che aveva portato all’arresto di Orsi nel mese di febbraio. Purtroppo, le garanzie di Oslo non hanno convinto il governo di New Dehli che pochi giorni dopo ha cancellato la commessa di 560 milioni di euro siglata nel 2010 per 12 elicotteri. Per sostituire i velivoli di Agusta Westland, le autorità indiane hanno dovuto arrangiarsi: il ministero della Difesa ha approvato la conversione di 6 elicotteri russi Mi 17/V5 in un velivolo capace di gareggiare con il prodotto italiano. Impresa impossibile: l’elicottero russo ha un’avionica avanzata, dicono i tecnici, ma non è adatta al trasporto di passeggeri importanti. L’India dovrà presto trovare un’altra soluzione. Si spera tornando all’affare iniziale, ovvero gli AW 101 che hanno pochi rivali al mondo. Una storia a lieto fine? Forse, purché, oltre a non voler considerare i danni incalcolabili subiti da Orsi e dall’ex ad di Agusta, Bruno Spagnolini, non è facile dimenticare i costi patiti dall’azienda: un crollo in Borsa. Dopo l’arresto del manager, nel giro di poche ore il titolo subì il 12 febbraio un tracollo dell’8,4%, che triplicò nel giro di poche settimane. Un salasso da quasi un miliardo di euro, oggi rientrato dopo una stagione di rialzi (oggi il titolo vale 6,80 euro, ben di più dei 4,3 segnati sull’onda dell’arresto di Orsi) che ha condizionato non poco la vita della holding pubblica in un anno cruciale. Senza dimenticare il danno diretto: New Dehli, che si tiene ben stretta i primi tre elicotteri consegnati da Agusta (i quali non volano perché privi di manutenzione e pezzi di ricambio), non solo ha cancellato la commessa ma rivendica i 253 milioni pagati, oggetto di arbitrato a Parigi. Ben più gravi sono i danni di immagine: nel mondo, di Stati come la Norvegia, con leggi e comportamenti al di sopra di ogni sospetto, ce ne sono pochi. Pochissimi comprano elicotteri. La polvere sollevata dall’affaire indiano ha avuto effetti collaterali devastanti: buona parte dei governi dei possibili compratori hanno deciso di stare alla larga dai prodotti Agusta Westland. Il motivo? Meglio evitare rapporti con le nostre Procure, spesso elettrizzate dalla prospettiva di esercitare le proprie arti nelle vicende di corruzione internazionale. Altrove (Usa, Francia, Regno Unito) il legislatore ha previsto una sorta di scudo a protezione delle «mazzette» elargite per conquistare commesse, adeguandosi a prassi commerciali consolidate. In Usa le commissioni vanno regolarmente registrate nei conti aziendali. Naturalmente la «licenza» non copre le mazzette boomerang, cioè le percentuali riscosse dai manager delle multinazionali di fronte alle quali scatta la scure della giustizia. Da noi la mannaia può colpire senza alcuna considerazione per le sorti della competizione internazionale. Aspettiamo le eventuali sentenze su Algeria-Saipme (Paolo Scaroni nel mirino) o Nigeria (Claudio Descalzi).
Ugo Bertone