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 2014  settembre 22 Lunedì calendario

Bossetti: «Guardavo siti porno con mia moglie, ma non ho mai cercato video con minorenni»

«Ho guardato dei siti porno con mia moglie – sostiene Massimo Giuseppe Bossetti – ma video sui minori mai». Sono le 10.25 del 6 agosto, nel carcere del Gleno il presunto killer di Yara Gambirasio viene sentito dal pm Letizia Ruggeri. È il quinto faccia a faccia (il terzo in cui l’indagato non sceglie la via del silenzio): due ore e mezza di interrogatorio (il verbale si chiude alle 12,55).
Quella mattina il sostituto procuratore che conduce le indagini sulla morte di Yara coltiva una speranza: riuscire a far crollare Bossetti, convincerlo a confessare un delitto che lui continua con forza ad allontanare da sé. «Bossetti – gli dice il pm guardandolo fisso negli occhi blu – veda che si comprende che quella cosa (l’aggressione e la morte di Yara, ndr) è sfuggita di mano in quel momento. Veda che in certe situazioni – prova a farlo “ragionare” – possono esserci anche delle circostanze aggravanti che vengono meno, o che si compensano con quelle attenuanti...». Lui tira dritto: «Io le dico la verità: non ho mai fatto niente».

DAL CANTIERE AL TABLET DEL FIGLIO
Al Bossetti in carcere in isolamento da più di tre mesi, il pm Ruggeri, nell’interrogatorio del 6 agosto – 80 pagine di cui Repubblica è ora in grado di dare conto dopo avere pubblicato quello del 19 giugno con il gip Vincenza Maccora – fa notare alcune contraddizioni. «Lei la scorsa volta (l’8 luglio), ci aveva suggerito degli spunti investigativi alternativi... Aveva parlato di alcuni suoi colleghi di cantiere... Ecco, i suoi colleghi dicono che lei quel 26 novembre 2010 (il giorno della scomparsa di Yara) non era nel cantiere di Palazzago».
Pm: «Ricorda di preciso fino a quando è stato lì?»
Bossetti: «Non con precisione».
Cruciale, è evidente, è la ricostruzione di quelle ore. Ruggeri, accompagnata dai carabinieri del Ros di Brescia e del Nucleo investigativo di Bergamo, batte sempre su quel tasto.
Pm: «Si ricorda cosa ha fatto quel giorno?».
B: «Io di inverno finisco di lavorare alle 17.30. Mi sono fermato all’edicola di Barzana, e poi anche all’edicola del “nonno”, come la chiamano i miei figli».
Pm: «Per fare cosa?» B: «Per cercare figurine dei cucciolotti, per i bambini». Pm : «Ma lei segue i suoi figli?».
B: «Mi dedico a loro il sabato e la domenica: li interrogo sui compiti sia prima sia dopo mangiato... Vanno bene a scuola, solo Nicolas, il primo, ci fa un po’ disperare... Ma per la cresima gli ho regalato il tablet».
Pm: «Ho visto la pagella, ha brutti voti, si picchia coi compagni. E lei gli compra il tablet?!».
B: «Sa, i genitori per i figli fanno tutto».

I SEGRETI DEL COMPUTER
Dal tablet al pc di casa Bossetti. Il magistrato porta l’indagato nella zona che più gli interessa: i nuovi riscontri emersi dalle perizie sul computer del muratore (rese pubbliche da questo giornale il 23 agosto). Il tentato accesso a siti pedopornografici, la ricerca su Google della parola chiave “tredicenni” seguita da dettagli porno (l’ultima traccia è del maggio scorso, un mese prima dell’arresto di Bossetti, il 16 giugno).
Pm : «Lei ha mai avuto fantasie sessuali che riguardano minori?».
B: «No, mai. Può essere che io e mia moglie abbiamo guardato dei siti porno, tipo Youporn, questo sì. Ma video con minori, mai».
Pm: «Ma lei ha mai fatto ricerche su Google con oggetto “sesso con tredicenni”?».
B: «Mai, assolutamente».
Il pm insiste. «Guardi che questa ricerca su Google è proprio mirata. A lei risulta di avere fatto ricerche del genere?».
«No», ribadisce Bossetti.

GLI AMANTI DELLA MOGLIE
Gli investigatori chiedono a Bossetti della sua vita privata. Dei rapporti con la moglie. Lui, assistito dai legali Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, non si sottrae.
Pm: «Andate d’accordo sull’educazione dei figli?».
B: «Sì».
Pm: «E i rapporti tra voi come sono?».
B: «Buonissimi. Se c’è qualche litigio è dovuto solo a problemi di soldi. Avevo forti ritardi nei pagamenti. Mia moglie continuava a dirmi: devi farti dare i soldi, prenditi un avvocato. Oppure cambia lavoro».
Pm: «C’erano periodi prolungati in cui non vi parlavate?».
B: «Sì, e coi figli cercavo di stemperare».
Pm: «Nel pomeriggio sua moglie stava a casa?».
B: «Sì, lei si occupa dei figli e fa le spese quotidiane. Poi il sabato facciamo la spesa insieme».
Pm: «Avete mai avuto crisi di coppia?».
B: «Mai».
Pm: «Il sesso tra voi funzionava?».
B: «Sì, facevamo l’amore due tre volte a settimana».
Qui si apre uno squarcio che – forse non rilevante ai fini delle indagini – è comunque stato allegato agli atti.
Pm: «Lei sa che sua moglie aveva degli amanti?».
B: «È impossibile, non ci credo. Siamo troppo legati io e lei, ci diciamo tutto».
Pm: «Lei ha mai avuto delle amanti? A noi risulta che qualche scappatella con la signora (...) del ristorante (...) di (...) l’abbia avuta. Poi abbiamo trovato sul suo telefonino un elenco di nomi di donne».
B: «Andavo a mangiare là quando tornavo dal lavoro, ma nessuna storiella con la signora. Ci ho portato anche mia moglie. I nomi di donne sul telefonino sono fasulli, erano solo un modo per ricordarmi il codice del bancomat».
Pm: «Ha mai avuto storie o cercato relazioni su Internet?».
B: «No, mai».

LE BUGIE DELLA MADRE
Bossetti e la madre Ester Arzuffi hanno un rapporto solido. Che sembra resistere anche alla rivelazione (del Dna) sul vero padre di Massimo: Giuseppe Guerinoni, e non Giovanni Bossetti.
Pm: «Sua madre si è fatta una ragione di questa maternità?».
B: «L’ho vista sabato scorso in carcere e guardandola negli occhi l’ho vista sincera».
Pm: «Ma lei lo sa che anche suo fratello non è figlio di Giovanni Bossetti?». B: «Non ci credo».
Pm: «Gli è mai capitato di aggrapparsi a sua madre quando le cose con sua moglie non andavano?».
B: «Sì, andavo da lei, mi capiva, mi confortava».
Pm: «Ha mai parlato di questa cosa del Dna con sua madre?».
B: «Ne ho parlato quando le hanno chiesto di fare il prelievo salivare e lei ha detto che stavano chiamando tutti».
Nelle risposte di Bossetti non si aprono falde. Gli inquirenti tornano al 26 novembre.
Pm: «Abbiamo trovato una fattura delle 14.30, acquisti di materiale edile». B: «Sì, sono stato alle forniture edili a prendere cose. La mattina sono stato in cantiere a Palazzago. Il pomeriggio ho portato il furgone dal meccanico... è stato sistemato dopo... ci sono le fatture... è tutto verificabile. Poi sono passato dal commercialista e da mio fratello per dei lavoretti».
Pm: «Suo fratello tutti questi lavori in casa non se li ricorda...».
B: «Ne ho fatti parecchi, andavo da lui a Brembate Sopra».

IL DNA E L’ARRESTO
Le domande del pm Ruggeri incalzano. Vanno dritto alla pistola “fumante” del Dna, quella che secondo l’accusa incastra Bossetti.
Pm : «Il suo Dna è stato trovato sugli slip di Yara, questo vuol dire che lei era lì».
B: «Non riesco a capire come possa essere finito su quel corpo. Dico la verità: non ho mai fatto male a nessuno».
Pm: «Perché allora ha avuto paura quando sono venuti a arrestarla...?».
B: «Ho visto carabinieri ovunque sul ponteggio, da sopra, da sotto. Ho avuto paura di essere portato via come uno spacciatore di droga».
Qui il magistrato gioca la carta “dolce”. «Si comprende che quella cosa (l’omicidio di Yara) è sfuggita di mano in quel momento... ». Butta lì l’esca della «compensazione tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti». Prova a disarcionare Bossetti, a farlo confessare. Ma lui non molla. «Dottoressa, non ho niente da confessare perché non ho fatto niente».