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 2011  giugno 28 Martedì calendario

Ieri mattina duemila tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e guardie forestali hanno sgombrato a forza di fumogeni e ruspe il presidio detto della Maddalena, in Chiomonte di Val Susa

Ieri mattina duemila tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e guardie forestali hanno sgombrato a forza di fumogeni e ruspe il presidio detto della Maddalena, in Chiomonte di Val Susa. Duemila nemici dei treni ad alta velocità avevano circondato la zona di barricate e blocchi, e si proponevano di dar battaglia. La loro resistenza è durata un paio d’ore, al termine delle quali sono fuggiti nei boschi. Bilancio dello scontro: un’ottantina di feriti, circa trenta tra le forze dell’ordine, altrettanti tra i contestatori e un’altra ventina, facente parte di questi e di quelle, che non ha avuto bisogno del ricovero in ospedale. Per tutta la giornata si sono succedute dichiarazioni polemiche in un senso o nell’altro, mentre manifestazioni venivano improvvisate a Roma (sit-in davanti a Palazzo Chigi e corteo al Corso) e a Torino: qui i manifestanti hanno tirato oggetti contro le forze dell’ordine, senza conseguenze.

• Come mai l’intervento proprio adesso?
La Ue ci ha mandato un ultimatum: al 30 giugno il cantiere dell’alta velocità deve essere aperto altrimenti quella parte del finanziamento europeo di 671 milioni che spetta all’Italia sarà cancellata. Se inadempienti, dovremo anche rimborsare i francesi che stanno costruendo senza problemi la loro tratta dell’alta velocità. Stiamo parlando infatti di una ferrovia che colleghi Torino e Lione in aggiunta a quella esistente. Maroni, ministro dell’Interno, leghista e in questo momento in tensione con Bossi, ieri mattina s’è fatto intervistare dalla “Padania” a cui ha detto: «Il cantiere si apre entro il 30, e l’opera si fa, se no diciamo addio alle centinaia di milioni del contributo Ue, ma soprattutto ai collegamenti con l’Europa, e quindi diciamo addio al futuro. Chi si oppone non credo riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo, perché vuol dire arrecare un danno gravissimo soprattutto alle future generazioni, vuol dire, come è stato calcolato, far perdere due punti di Pil al Piemonte». Anche se l’italiano è un po’ incerto, questa è la premessa politica all’intervento di ieri.

• In che termini sta il problema?
Una ventina di anni fa l’Unione europea decise di costruire una linea – detta Corridoio 5 – che collegasse Lisbona a Kiev e permettesse di rispondere alla domanda di trasporto che proviene dai paesi asiatici in crescita. Si tratta di progetti a lunga scadenza, che saranno completati fra il 2025 e il 2035. L’Italia è coinvolta non solo con la Lione-Torino. Il versante meridionale del Corridoio 5 interessa anche Venezia, Trieste, Capodistria, Lubiana, Budapest, Uzgorod, Leopoli, con ramificazioni per Zagabria, Sarajevo, Bratislava. Un mancato collegamento con l’Italia settentrionale sposterà la corrente di traffico a nord (Corridoio 8) tagliandoci fuori. Credo che perderemmo parecchi soldi e occasioni di sviluppo.

• E allora che senso ha la contestazione?
L’obiezione più seria riguarda la domanda: secondo i No Tav la domanda futura non crescerà così tanto e la linea attuale sarebbe in grado di farvi fronte. I Sì Tav rispondono che si tratta anche di farla finita col traffico su gomma (che oggi sopporta il 70% del movimento) e di trasferire tutto su rotaia. Per far questo – dicono – ci vogliono 300 convogli al giorno, che correndo sulla linea attuale assorderebbero le città interessate. I No Tav sostengono anche che i cantieri dell’Alta velocità, portando alla luce uranio e amianto, danneggerebbero gravemente la salute di cittadini. C’è lì a un passo Casale, devastata dall’Eternitt. La risposta dei Sì Tav è che l’uranio non c’è e che l’amianto mette caso mai a rischio i soli operai al lavoro, che però caveranno la roccia ben protetti e chiusi in galleria (quindi senza che la popolazione venga a contatto con quel materiale) e stoccheranno poi in sicurezza l’amianto in siti appositi. Qui c’è l’obiezione di mia figlia: siccome siamo in Italia, non c’è da credere troppo a queste procedure a regola d’arte.

• I partiti come sono schierati?
Sono tutti Sì Tav, tranne Rifondazione e i grillini. Vari esponenti del Pd ieri hanno solidarizzato con i poliziotti, condannato i violenti e contemporaneamente attaccato il governo per mezzo di un certo numero di contorsioni. Bersani è stato invece piuttosto chiaro: «Quelli di stamani in Val di Susa sono avvenimenti spiacevolissimi. C’è molta amarezza da parte nostra. Nel movimento no-Tav ci sono anche frange violente: negarlo significa assolverli e non siamo d’accordo». Per conto dei democratici la ferrovia si deve fare, e del resto Mercedes Bresso, da governatore del Piemonte, non s’era risparmiata per far partire il progetto.

• La gente del posto è in maggioranza contraria?
Forse la maggioranza degli abitanti è contraria, anche se il presidio di ieri mattina non era così numeroso. C’è però qui un problema che non riguarda solo l’alta velocità: può una comunità locale bloccare decisioni che sono state prese a livello nazionale? C’è un momento o no in cui, esaurite tutte le mediazioni possibili, lo Stato ha il diritto di agire comunque?