Comandini, 10 giugno 1887
• Alla Camera G. Bovio svolge una sua interrogazione sulla politica del Governo verso il “Vaticano e dimostra che la Conciliazione tra la Chiesa e lo Stato avrebbe causato un grave danno alle due istituzioni
• Alla Camera G. Bovio svolge una sua interrogazione sulla politica del Governo verso il “Vaticano e dimostra che la Conciliazione tra la Chiesa e lo Stato avrebbe causato un grave danno alle due istituzioni. Egli dice fra l’altro: «Di veramente politico, di veramente fecondo in Italia non ci sarebbe che una libera lotta tra noi e il Vaticano, lotta che sforzerebbe noi a progredire nella scienza e nella legislazione ed il Vaticano ad illustrare le sue tradizioni, ad acuirsi coi suoi dogmi. Da una parte si leverebbe tutta la patristica, dall’altra parlerebbe tutto il mondo moderno, ed in Roma, senza urtarsi, parlerebbero due mondi. Ciò farebbe la meraviglia delle nazioni. Tolta questa lotta, che cosa saremmo e che ci resterebbe? La Conciliazione sarebbe acqua stagnante, un patto di mutua mediocrità tra lo Stato e la Chiesa, un papa mezzo principe, uno Stato mezzo cattolico, in un terreno comune, fiancheggiante di mezze istituzioni, mezzi uomini e mezza religione». Francesco Crispi risponde: «Noi non domandiamo conciliazioni, nè ce ne occorrono, perchè lo Stato non è in guerra con nessuno. Leone XIII non è un uomo comune. I tempi maturano; essi che mitigano, che estinguono le più fiere avversioni, potrebbero anche avvicinare Chiesa e Stato. Da parte nostra, però, nulla sarà toccato al diritto nazionale sancito dai plebisciti. L’Italia appartiene a sè stessa, a sè sola, e non ha che un unico capo: il Re».