1 novembre 1914
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La prima enciclica nel nome della pace
• Prima enciclica di Benedetto XV: “Ad Beatissimi Apostolorum”. Il Papa denuncia che «ogni giorno la terra ridonda di nuovo sangue e si ricopre di morti e feriti». E scongiura principi e governanti a considerare lo straziante spettacolo presentato dall’Europa: «Il più tetro, forse, e il più luttuoso nella storia dei tempi». Scrive Benedetto XV: «Sembrano davvero giunti quei giorni, dei quali Gesù Cristo predisse: “Sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre… Infatti si solleverà popolo contro popolo, e regno contro regno” (Matteo XXIV, 6-7). Il tremendo fantasma della guerra domina dappertutto, e non v’è quasi altro pensiero che occupi ora le menti. Nazioni grandi e fiorentissime sono là sui campi di battaglia. (…) E chi direbbe che tali genti, l’una contro l’altra armata, discendano da uno stesso progenitore, che sian tutte della stessa natura, e parti tutte d’una medesima società umana? Chi li ravviserebbe fratelli, figli di un unico Padre, che è nei Cieli? E intanto, mentre da una parte e dall’altra si combatte con eserciti sterminati, le nazioni, le famiglie, gli individui gemono nei dolori e nelle miserie, funeste compagne della guerra; si moltiplica a dismisura, di giorno in giorno, la schiera delle vedove e degli orfani; languiscono, per le interrotte comunicazioni, i commerci, i campi sono abbandonati, sospese le arti, i ricchi nelle angustie, i poveri nello squallore, tutti nel lutto. (…) Ci conceda Iddio misericordioso che, come all’apparire del Redentore divino sulla terra, così all’iniziarsi del Nostro ufficio di Vicario di Lui, risuoni l’angelica voce annunziatrice di pace: “Pace in terra agli uomini di buona volontà” (Luca II, 14). E l’ascoltino, li preghiamo, l’ascoltino questa voce coloro che hanno nelle loro mani i destini dei popoli (…)».
• Ma, aggiunge Benedetto XV nella sua prima enciclica, «vi è un’altra furibonda guerra, che rode le viscere dell’odierna società». «Da quando si è lasciato di osservare nell’ordinamento statale le norme e le pratiche della cristiana saggezza, le quali garantivano esse sole la stabilità e la quiete delle istituzioni, gli Stati hanno cominciato necessariamente a vacillare nelle loro basi, e ne è seguito nelle idee e nei costumi tale cambiamento che, se Iddio presto non provvede, sembra già imminente lo sfacelo dell’umano consorzio. I disordini che scorgiamo sono questi: la mancanza di mutuo amore fra gli uomini, il disprezzo dell’autorità, l’ingiustizia dei rapporti fra le varie classi sociali, il bene materiale fatto unico obiettivo dell’attività dell’uomo, come se non vi fossero altri beni, e molto migliori, da raggiungere».