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 2012  febbraio 27 Lunedì calendario

Sulla morte di due pescatori di tonni qualcuno fa l’indiano

Il Foglio dei Fogli, lunedì 27 febbraio 2012

Dalla settimana scorsa due militari italiani del Battaglione San Marco imbarcati sulla petroliera “Enrica Lexie”, Massimiliano Latorre (44 anni) e Salvatore Girone (34), sono in stato di fermo in una residenza per gli ospiti della polizia del Kerala (India): accusati di aver ucciso il 15 febbraio due pescatori scambiati per pirati, rischiano fino alla pena di morte. [1]

«L’Italia non si occupava così drammaticamente come in questi mesi di pirati dal trattato di Parigi del 1856» (Dino Messina). [2] I mari tra l’India e la Somalia sono diventati un “Triangolo delle Bermude” orientale. Guido Olimpio: «Una minaccia cronica diventata più aggressiva che ha portato alla presenza costante di una flottiglia internazionale. Oltre alla Nato, ci sono unità russe, cinesi, iraniane, sudcoreane e indiane. Ognuno ha le sue regole di ingaggio e i propri sistemi. Non sempre ortodossi. Proprio un’unità inviata dall’India è stata protagonista, nel novembre 2008, di un caso controverso. La fregata “Tabar” ha preso a cannonate il peschereccio thailandese “Ekawat Nava 5” che era finito in mano ai pirati somali. Quindici marinai sono morti». [3]

La Fratelli D’Amato, armatore della Enrica Lexie, a dicembre è riuscita a ottenere, dopo dieci mesi di trattative, la liberazione della Savina Caylyn. [4] Per prevenire il ripetersi di simili episodi, l’Italia ha optato per l’ingaggio di militari a bordo dei mercantili. [2] I marò impiegati fanno parte dei Nuclei militari di protezione creati nell’ottobre scorso con un accordo fra il ministero della Difesa e Confitarma, la confederazione degli armatori. Marco Nese: «Finora i marines italiani destinati a fronteggiare eventuali assalti dei pirati sono 60, divisi in 10 team di 6 militari ciascuno». [5]

La base dei nuclei antipirati è stata fissata a Gibuti dove 16 ufficiali ricevono le richieste di imbarcare i militari e fanno trovare le squadre pronte nei porti indicati dagli armatori. Marco Guerriero, capitano di corvetta che addestra i gruppi anti-pirati: «Sono persone di grande freddezza, preparate a fronteggiare ogni tipo di emergenza. Difficile che commettano errori». A bordo i militari si muovono in modo autonomo, non esiste fra loro e il comandante della nave nessun rapporto di subordinazione. Nese: «I proprietari delle navi sono tenuti a pagare 500 euro al giorno per ciascun militare, soldi che la Marina impiega per addestrare nuovi gruppi». [5]

Le regole d’ingaggio non prevedono l’affondamento dei cosiddetti “skiff”, le veloci imbarcazioni usate dai pirati. Nese: «Ci si deve limitare ad azioni in grado di impedire la cattura della nave, gesti intimidatori, segnali luminosi e spari in aria di avvertimento». [5] Mercoledì 15 febbraio, alle ore 15,45, i radar della Enrica Lexie tracciarono un bersaglio in avvicinamento. Paolo G. Brera: «L’attacco, qualunque cosa sia successo, finisce in un’ora e 15 minuti tra avvicinamento, respingimento e messa in sicurezza. Alle 17 è tutto finito». [6]

Alle 19 arrivò a bordo una telefonata del Mrcc di Mumbai, il servizio ufficiale di Controllo e sicurezza in mare che chiedeva di tornare a Kochi per il riconoscimento di alcuni pirati: era un tranello, teso dopo che la Enrica Lexie aveva confermato di aver sventato un attacco. Brera: «Ci sono altre tre navi identiche in quelle miglia di mare, ma la petroliera italiana è l’unica ad aver detto sì. È a quel punto che parte una nuova telefonata tra il comandante e l’ufficiale di turno nell’unità di crisi dell’armatore. E arriva l’ordine decisivo: “Ok, fate come vi dicono, tornate a Kochi”. Alle 19,15 la nave ha già virato. Alle 22, quando Kochi è ormai in vista, l’armatore richiama la nave: “Ho guardato su Internet, in India dicono sono morti due pescatori uccisi per errore”». [6]

Le vittime sono Valentine Jalastine/Gelastine (45 anni) e Ajeesh Pinku/Binki (22), pescatori di tonni salpati il 7 febbraio con altri nove marinai. Freddy Louis, proprietario della barca indiana (St. Anthony): «Stavamo rientrando dalla battuta di pesca e dormivamo tutti tranne loro due. Ci hanno sparato addosso per due minuti, finché non siamo riusciti a portarci fuori tiro». Secondo l’equipaggio, prima di sparare i militari italiani non li avrebbero nemmeno avvertiti. Shajadan Firoz, uno dei cinque componenti del team investigativo, ha raccontato che «uno di loro è stato ucciso da un colpo alla tempia destra; l’altro sul lato sinistro del petto. Con due tiri di precisione». [7]

Secondo la nostra Marina militare l’atteggiamento del peschereccio che avvicinò la petroliera «era chiaramente ostile, tipico dei pirati» (quel tipo di barca viene spesso utilizzata per giocare sull’effetto sorpresa), e i segnali di avvertimento ci furono. [4] La guardia costiera indiana sostiene che «avviene normalmente che i pescherecci si avvicinino molto ai mercantili per costringerli a cambiare rotta in modo che non danneggino le loro reti da pesca». Le differenze continuano: secondo gli italiani, tutto è avvenuto 33 miglia al largo, in acque internazionali; secondo le autorità locali è stata un’aggressione in acque indiane (l’Alta Corte del Kerala si è presa sette giorni di tempo per esaminare la questione). [7]

Oltre che sul “come” e sul “dove” , c’è disaccordo sul “quando” e sul “chi”. Lavinia Di Gianvito & Giuseppe Sarcina: «Il “report” trasmesso a Roma colloca l’azione tra le 16 e le 17 (ora locale); invece secondo la polizia indiana le raffiche dall’Enrica Lexie sono partite almeno due ore dopo. Proprio attorno a questa differenza ruota l’ipotesi che i militari del reggimento San Marco abbiano sparato a un’altra imbarcazione, mentre il peschereccio potrebbe essere rimasto coinvolto in un diverso conflitto a fuoco». [8] Si parla di uno scambio tra l’Enrica Lexie e la greca Olympic Flair. Di Gianvito: «Da Atene a Roma, da New Delhi a Londra si inseguono smentite e conferme. La Marina mercantile ellenica infatti nega con decisione che il suo cargo sia stato attaccato». [9]

Raggiunto al telefono dall’Ansa, un funzionario della società armatrice “Olympic shipping and management” non ha confermato il tentativo di abbordaggio, ma neanche l’ha smentito. Di Gianvito: «Risulta, senza alcun dubbio, all’International maritime bureau dell’Icc (la Camera di commercio internazionale) di Londra, che lo ha confermato via mail alla Marina militare. Il rapporto inglese, dopo aver indicato la data, l’ora e le coordinate (9.57 latitudine nord e 76.2 longitudine est, a circa 2,5 miglia nautiche dalla costa), descrive l’attacco: “Circa 20 predoni in due barche hanno avvicinato un mercantile ancorato e hanno provato ad abbordarlo”». [9] Sarebbe anomala anche la rotta della “Ocean Breeze”, un’altra nave greca, molto simile alla “Enrica Lexie”: transitata nell’area di Kochi, si è poi spostata a Singapore, tappa apparentemente incongrua rispetto al piano di navigazione. [10]

«Nei corpi dei pescatori abbiamo recuperato due pallotole calibro 0.54 pollici compatibili con diverse armi», ha testimoniato Firoz. Di Gianvito & Sarcina: «Particolare prezioso, perché normalmente i fucilieri del Reggimento San Marco utilizzano proiettili più piccoli: 5.56 millimetri, secondo lo standard Nato. A sparare, dunque, se è vero quello che dice l’assistente commissario Firoz, sarebbe stato qualcuno con armamenti più pesanti (per esempio delle mitragliatrici). Ma a Kochi, dove sono concentrate le indagini, nessun ufficiale si espone. Le uniche tracce visibili sono le indiscrezioni pubblicate da uno dei giornali più diffusi, “Indian Express”. Il quotidiano cita un “top official” della polizia e sostiene che i proiettili recuperati con l’autopsia avrebbero un calibro di 5.56 millimetri, come quelli utilizzati dai marò» (agli esami di laboratorio sono stati ammessi esperti italiani). [8]

Più dei numeri della balistica, potrebbero contare i numeri della politica. Vincenzo Nigro: «71-68: sono i deputati della maggioranza e della minoranza nel parlamento dello stato del Kerala, il filo sottile a cui è appeso il posto del governatore Oommen Chandy. Altro numero: il 17 marzo si vota per un’elezione suppletiva nel distretto di Piravon, e a votare andranno molti dei due milioni fra pescatori e loro familiari dello Stato, direttamente travolti dall’emozione per questo caso. La sottile maggioranza che regge il governo di Chandy, sostenuto dal cartello Union Democratic Front (c’è dentro il Congress della Gandhi e altri partiti locali e nazionali) potrebbe andare in crisi». [11]

Il Left democratic Front (due partiti comunisti, un Partito Socialista Rivoluzionario e altri gruppi locali) è scatenato contro gli «assassini europei». Pe difendersi, Chandy è stato il primo a sventolare la bandiera della nazione indiana «che non si deve piegare a nessuna ragione di Stato». [11] Il Kerala è passato da poco al Congress di Sonia Gandhi. Nigro: «Sonia Gandhi è ancora, dopo 40 anni, “l’italiana”, e allora giù accuse e sospetti, l’italiana che vuole aiutare i mafiosi italiani». [12] Cesare Bieller, addetto culturale dell’ambasciata d’Italia a New Delhi: «Mi sembra fantapolitica. Ma chi lo dice? Qui non si è mai sentito nulla del genere. C’è una campagna elettorale “calda”, ma nessuno si sogna di strumentalizzare chicchessia». [13]

Macchinazione politica o meno, il Cocer della Marina si è chiesto provocatoriamente perché i marò sono finiti nella mani della giustizia indiana. [11] Di chiunque sia la colpa (l’armatore? Un ministero? Il consolato?), l’esperto di diritto internazionale Natalino Ronzitti assicura che Girone e Latorre hanno «pieno diritto all’immunità funzionale degli organi dello Stato» perché a bordo della petroliera in applicazione alle «misure anti-pirateria stabilite dalla Convenzione Onu». [14] Secondo i più critici, però, i marò sulla petroliera non ci dovevano proprio salire. Fabio Mini: «La foga di mettersi “sul mercato”, di vendere beni e servizi, di accumulare “fatturato” e di proteggere interessi privati ha fatto sottovalutare l’unico fattore importante e invendibile: lo status militare». [15]

Note: [1] Paolo G. Brera, Vincenzo Nigro, la Repubblica 20/2; [2] Dino Messina, Corriere della Sera 20/2; [3] Guido Olimpio, Corriere della Sera 20/2; [4] Paolo G. Brera, la Repubblica 17/2; [5] Marco Nese, Corriere della Sera 20/2; [6] Paolo G. Brera, la Repubblica 22/2; [7] Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 24/2; Paolo G. Brera, la Repubblica 17/2; Paolo G. Brera, la Repubblica 17/2; Paolo G. Brera, Vincenzo Nigro, la Repubblica 20/2; Francesco Grignetti, La Stampa 24/2; [8] Lavinia Di Gianvito, Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 25/2; [9] Lavinia Di Gianvito, Corriere della Sera 22/2; [10] Francesco Grignetti, La Stampa 25/2; [11] Vincenzo Nigro, la Repubblica 25/2; [12] Vincenzo Nigro, la Repubblica 23/2; [13] Teodoro Chiarelli, La Stampa 20/2; [14] La Stampa 20/2; [15] Fabio Mini, la Repubblica 21/2.

(a cura di Massimo Parrini)