19 settembre 1996
Pacini Battaglia: «Si è pagato per uscire da Tangentopoli»
• Uno dei tanti colloqui captati dalle Fiamme gialle nell’ambito dell’inchiesta che ha portato tra l’altro all’arresto di Pierfrancesco Pacini Battaglia scatena una polemica che potrebbe riguardare l’intera portata dell’istruttoria milanese su Tangentopoli: «Io sono uscito da Mani pulite – dice il banchiere in un nastro dell’11 gennaio – soltanto perché si è pagato, non cominciamo a rompere i coglioni: quelli più bravi di noi non ci sono nemmeno entrati, forse se io avessi studiato la strada prima non sarei nemmeno entrato in Mani pulite». A quel «si è pagato» vengono date due chiavi di lettura opposte: una, legittimista, l’interpreta come sinonimo di coinvolgimento penale, Pacini Battaglia a Milano è plurindagato, ha dovuto chiamare in causa amici, consegnare conti miliardari e subire un gravissimo danno di immagine. Questo sarebbe il “prezzo pagato”. Il banchiere, però, è sempre sfuggito all’arresto, viene considerato un maestro del pentimento a rate, in diversi esposti più o meno anonimi è indicato come «un miracolato». «Non so esattamente che cosa intendesse con quella frase – replica il procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli – ma se Pacini Battaglia intende che sono stati pagati dei soldi, si assume tutte le responsabilità. E sono responsabilità molto gravi, ve lo assicuro». Il pm di Brescia Fabio Salamone include Pacini Battaglia e il suo avvocato Rosario Lucibello fra i testimoni chiesti dall’accusa nel processo che si aprirà a Brescia il 23 settembre.