1 dicembre 1902
Campanile di San Marco, Pietro Saccardo si difende
• La rivista americana
The Architectural Record (New York, vol. XII, n° 7) pubblica un articolo
firmato da Pietro Saccardo, in cui l’ex primo architetto della fabbriceria di
San Marco si difende dalle accuse che gli sono state mosse per la caduta del
campanile di San Marco.
La costruzione del campanile di San Marco a Venezia, che fu
eretto fra il decimo e l’undicesimo secolo, fu influenzata dai grezzi metodi di
quel periodo. Le murature erano composte di grandi mattoni si misura diseguale,
ottenuti dalla distruzione di antichi monumenti. Le superfici visibili dei muri
erano fatte di mattoni disposti in modo quasi regolare, ma all’interno i
mattoni errano disposti irregolarmente e legati da malte si qualità inferiore.
(...) Il campanile subì riparazioni in molte occasioni, nel
corso dei secoli; ma queste, per la maggior parte, furono limitate alla cella
campanaria, la cui forma finale fu in stile rinascimentale.
Secondo le informazioni che si hanno dalle cronache, sembra
che il corpo del campanile non abbia avuto nient’altro che parziali riparazioni
prima del diciottesimo secolo. Tuttavia venne stuccato e dipinto ad imitazione
dei mattoni, e tale rivestimento era, negli ultimi anni, visibile solo in
parte.
Era circa la metà del secolo in questione, ed esattamente il
1745, che un fulmine provocò delle gravi fessurazioni, sul lato sopra la
loggetta del Sansovino, e che questa parte dovette essere completamente
riparata. Il lavoro fu eseguito sotto la direzione dell’illustre Bernardino
Zendrini, l’ingegnere della Repubblica, e costò 6800 ducati, una somma molto
considerevole per quei tempi.
Questo restauro, dovrebbe essere notato con attenzione,
consistette di un muro esterno di muratura di mattoni simile a quello usato ai
tempi nostri, posto in opera con una malta di calce e pozzolana in tal modo che
questo lato del campanile presenta un’apparenza veramente moderna. Tuttavia,
poiché i mattoni del nuovo muro esterno non potevano essere legati a quelli del
muro interno (antico), furono sistemati grossi blocchi di pietra quadrata ad
unire le due parti. Le bianche superfici esterne di quest’ultime erano
visibili, sparpagliate sulla superficie del muro e sistemate ai suoi angoli.
Questa muratura esterna rimase in buone condizioni fino al
1898, e poi ebbe solo bisogno di alcune piccole riparazioni nella parte alta,
che furono richieste da fessurazioni di poca importanza, che non influenzavano
la stabilità generale del campanile.
Dunque il campanile di San Marco avrebbe potuto rimanere in
piedi per molti secoli, se mano d’uomo non fosse intervenuta a causarne la sua
rovina.
Il mese passato di giugno, l’ufficio regionale per la
conservazione dei monumenti in territorio veneziano, che era incaricata delle
riparazioni della loggetta, iniziò la sostituzione della copertura in piombo
del tetto di questo piccolo monumento.
Dato che la loggetta era costruita addosso al lato del
campanile, il tetto si appoggiava al suo muro, e presso la linea d’unione era
costruita, in questo muro, una cornice in aggetto e spiovente, che impediva
alla pioggia di infiltrarsi nel giunto tra la copertura di piombo e la
superficie del muro.
Coloro che erano alla direzione di tale lavoro, nella
necessità di rinnovare le lastre di piombo, ebbero la sfortunata idea di
rimuovere la cimasa aggettante, con l’intenzione di risistemarla
immediatamente, e nell’intenzione di far ciò essi provocarono un taglio nel
muro del campanile che penetrava orizzontalmente per più di due terzi della sua
profondità. In tal modo essi indebolirono seriamente la base del muro esterno,
che fu costruito dallo Zendrini, come sopra spiegato.
Bisogna notare che a quest’altezza il muro esterno era più
sottile che sopra, poiché a questa quota fu dato ad esso uno spessore molto più
considerevole, ovvero ai punti dove il fulmine causò le maggiori fessurazioni
sull’antica muratura, mentre più in basso un muro sottile servì allo scopo.
Ma questa era anche la parte soggetta ai maggiori sforzi,
poiché doveva sopportare, per una grande porzione, l’intero peso del muro
sopra.
Per aggiungere l’ultimo tocco a tale sfortuna, successe che,
nel tagliare parte per parte il muro esterno, quello interno venne danneggiato
in certi punti e questo taglio causò la caduta di una grande quantità di
detriti, creando di conseguenza uno spazio cavo all’interno. Che si allungava
verso l’alto e che non poteva essere riempito.
In tal modo, o come risultato del taglio orizzontale, che fu
lasciato aperto per molti giorni, o per via della cavità che venne provocata
all’interno del muro, la muratura esterna del 1745 fu spostata fuori piombo ed
all’interno del campanile iniziarono a farsi notare percettibili movimenti.
Durante questo tempo l’ingegner Saccardo, architetto in
carica per la Basilica di San Marco, era ammalato e nessuno gli riferì che il
lavoro stava procedendo. Nonostante ciò, non appena l’ufficio regionale lo
invitò a visitare il campanile giovedì 10 luglio, egli lo fece, a dispetto
della sua malattia, ma immediatamente capì che ogni tentativo di rimedio
sarebbe stato inutile e che l’unica cosa che si poteva sperare era che, qualora
il taglio fosse stato riempito nuovamente, il muro esterno potesse riacquistare
la sua stabilità.
Va fatto notare tuttavia che, sebbene l’architetto della
basilica fosse stato avvisato del taglio nel muro esterno, egli non venne messo
al corrente della cavità all’interno, cosicché, fino al punto in cui la sua
conoscenza poteva arrivare, le sue speranze erano giustificate. È anche
importante notare che, fino al fatidico giorno, sui muri esterni non apparivano
ovvi segni di pericolo.
Fu così fino a domenica 13 luglio, quando sull’angolo
nordest del campanile iniziarono ad apparire delle fessure, di carattere
talmente minaccioso che l’architetto Saccardo, sebbene ancora ammalato, fu
obbligato a dare immediate disposizioni, di carattere inflessibile, per la
pubblica sicurezza. Infatti il lunedì seguente, alle dieci meno cinque della
mattina, il campanile cadde. Dalla maniera in cui avvenne questo crollo si ebbe
prova che la diretta e unica causa della catastrofe fu il taglio praticato nel
muro esterno del 1745 e il danno causato da quest’azione nella muratura antica
interna, visto che il collasso iniziò con il crollo totale del menzionato muro
esterno, che precedette di vari secondi la completa rovina del campanile.
Possiamo ringraziare la provvidenza di non aver avuto da
lamentare alcun sacrificio di vite umane che la Basilica di San Marco, sebbene
posta a pochi metri di distanza dal campanile non venne danneggiata in nessun
modo dal suo crollo.
Bisogna aggiungere tuttavia che una vittima vi fu, e questa
vittima fu il signor Petro Saccardo, architetto della Basilica, che avendo
lavorato negli anni passati al restauro del campanile, dovette patire il dolore
di vedere il suo impegno interrotto da congiure di avversari invidiosi.
In quest’ultima occasione egli venne rimosso dal suo
incarico con enorme ingiustizia, anche se temporaneamente, malgrado l’ovvia
evidenza della sua completa innocenza, e senza riguardo per la sua età, per i
suoi quarant’anni di servizio e per la sua instabile salute, mentre il vero
colpevole della catastrofe era ancora tranquillamente al suo posto. Cherchez la femme – la politique.
Un’investigazione è però in corso, per la quale si può
sperare che sia fatta giustizia, se ancora in questo mondo vi sia in atomo di
giustizia da ottenere. E se, contro tutte le prove, quella giustizia non
dovesse essere fatta, è solo l’architetto, Saccardo, che verrà danneggiato,
insieme alla moltitudine dei suoi amici che pochi mesi dopo lo hanno onorato
con una medaglia d’oro per i suoi servizi alla Basilica di San Marco.
Pietro Saccardo
[Campanile 1902]