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 2007  settembre 13 Giovedì calendario

L’euro ha superato ieri la soglia del dollaro e 39 (esattamente: 1,3902) stabilendo il nuovo record storico: il massimo precedente, toccato il 24 luglio, era di 1,3852

L’euro ha superato ieri la soglia del dollaro e 39 (esattamente: 1,3902) stabilendo il nuovo record storico: il massimo precedente, toccato il 24 luglio, era di 1,3852. La valuta europea aveva sfiorato il record già nella giornata di martedì, quando è stata scambiato col dollaro a 1,3848.

• Adesso spieghi.
Ma è molto semplice. Un americano che venisse in Europa per comprare 10 euro dovrebbe tirar fuori 13 dollari virgola 90 centesimi. Noi, invece, se andassimo in America, per comprare dieci dollari dovremmo tirar fuori poco più di sette euro. Esattamente: 7,1942. Si dice in questi casi che l’euro è forte e il dollaro è debole. Sul piano pratic quando andiamo negli Stati Uniti, tutti i prodotti ci sembrano a buon mercato. Quando invece gli americani vengono a Roma o a Parigi - dopo esserci stati magari qualche anno fa - esclaman «Caspita!, come sono aumentati i prezzi». Infatti, all’americano che passeggia per via Condotti sembreranno più care, rispetto – mettiamo – al 2002, anche quelle merci il cui prezzo fosse per caso rimasto fermo. Nel 2002 l’euro e il dollaro erano quasi alla pari (anzi, l’euro valeva un po’ meno del dollaro) e quindi il cittadino degli Stati Uniti comprava con un po’ meno di 10 dollari un paio di calzini da 10 euro. Oggi lo stesso paio di calzini a 10 euro gli costano 13 dollari. Discorso inverso per noi se andiamo a spasso per Manhattan.

• Quindi dovremmo esser felici?
C’è un rovescio della medaglia. I prezzi delle nostre merci all’estero risultano a questo punto più care, dato che gran parte del commercio estero si svolge in dollari. Come accade sempre quando aumentano i prezzi, si vende perciò di meno. Quindi l’imprenditore italiano – che ragiona sempre in termini di euro – potrebbe alla fine rimetterci. Da questo punto di vista, cioè, l’euro forte è un guaio. E infatti, quando c’era la lira, gli imprenditori italiani superavano le loro difficoltà persuadendo la Banca d’Italia a svalutare, cioè a far valere di meno la lira rispetto alle altre monete. In questo modo facevano facilmente la concorrenza ai prodotti stranieri senza apparentemente rimetterci. Da quando siamo in Europa, però, il trucco di svalutare non si può più fare: il governo della moneta non è più nelle nostre mani, ma a Francoforte, dove sta la Banca centrale europea (BCE). lì che prendono le decisioni sui tassi d’interesse, una delle componenti fondamentali del valore di una moneta.

• Che c’entrano i tassi d’interesse?
Beh, tutti si aspettano che gli americani taglino i loro tassi di interesse, il che significa che i depositi in dollari renderanno meno. Non ci si aspettano tagli, invece, dalla Banca europea. Quindi adesso è non più così conveniente tenere i soldi in America invece che in Europa, anche se il differenziale è ancora a vantaggio degli Stati Uniti (5,25 contro 4 per cento). In pratica, chi ha dollari li vende e compra euro. Le oscillazioni delle valute sono identiche a quelle di qualunque altra merce.

• Perché gli americani dovrebbero tagliare i tassi?
 l’ultima conseguenza della famosa crisi dei mutui. I mercati pensano che il problema sia americano e soprattutto americano. E che possa a un certo punto portare il paese a una recessione. L’altro giorno Kenneth Rogoff, già capoeconomista del Fondo Monetario, ha detto a Cernobbio che una grande banca Usa sta per saltare. Antoine Bernheim ha poi aggiunt «Mi hanno detto che Citibank è in difficoltà». Non è strano che in questo clima di incertezza il dollaro si indebolisca.

• Beh, ci sarà il rovescio della medaglia anche per gli americani, no? Esporteranno di più...
Guardi che la valuta è diventata ormai un terreno di scontro politico. Una corrente di pensiero autorevole ritiene che l’attacco all’Iraq da parte americana sia stato provocato dalla volontà di Saddam di commerciare il petrolio in euro invece che in dollari. Ahmadinejad ha aperto a Teheran una Borsa del petrolio dove le contrattazioni avvengono in euro e il dollaro è escluso. Pochi giorni fa il Wall Street Journal ha lanciato l’allarme sulla Russia: Putin starebbe pensando seriamente di commerciare il petrolio russo in rubli e di non accettare più né dollari né euro. Il fatto è che una volta il valore della banconota era legato a un bene: ci si immaginava che in qualunque istante, presentandosi in banca, si sarebbe potuta riscuotere una quantità d’oro corrispondente al valore stampato sul pezzo di carta. Oggi la convertibilità non esiste più. Cioè: il dollaro ha di fatto sostituito l’oro. Lei capisce quale potere questo ha dato agli americani: ogni volta che stampano un dollaro è come se creassero dell’oro. Non è strano che altri vogliano impossessarsi di questa pietra filosofale. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/9/2007]