Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1978  marzo 30 Giovedì calendario

«L’infame ricatto»

(...) Tutti i meccanismi da mettere in moto contro «l’infame ricatto» vengono messi a punto e lubrificati nell’attesa che «l’infame ricatto» venga avanzato. Ma non se ne parla nel primo comunicato delle Brigate rosse: quello che il 18 marzo, assieme a una fotografia di Moro, arriva a un giornale romano (l’immagine di Moro, che ha come fondo il drappo delle Brigate rosse, non è diversa, nell’espressione di stanchezza e di noia, e con un baluginare d’ironia tra la nebbia del tedio, di quella che milioni di telespettatori conoscono). Non se ne parla nel secondo. E nemmeno nel terzo, che accompagna la lettera di Moro a Cossiga. Le Brigate rosse hanno fatto in modo che «l’infame ricatto» apparisse voluto e sollecitato soltanto da Moro. Gli avranno fatto credere di averle già avanzate, le loro richieste: ma senza esito o risposta. Era ora affar suo, di Moro, convincere «gli amici» del governo al baratto. L’astuzia delle Brigate rosse, il raggiro in cui avevano preso Moro, era facilmente arguibile appunto come astuzia, come raggiro: dal tono stesso della lettera a Cossiga, che è di chi continua un discorso da altri cominciato o vi interviene. Ma nessuno si è dato la pena, mi pare, di farlo notare. Le Brigate rosse avevano interesse a che Moro apparisse il solo rogante e sollecitatore dello scambio cui poi loro, per clemenza e come a commutazione della condanna a morte, si sarebbero resi. Tremante davanti al loro processo, intanto. Da parte diciamo governativa, invece, l’interesse era di buttarsi subito sulla devastazione psichica e morale che le Brigate rosse avevano operato su Moro, riducendo l’uomo che aveva «il senso dello Stato», «il grande statista», a domandare che lo Stato abdicasse alla propria natura e funzione (...). Leonardo Sciascia [da L’affaire Moro, Palermo 1978]