Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  gennaio 09 Lunedì calendario

DALLA NUVOLA DI FUKSAS ALLE TORRI DI PIANO: SUCCESSI E AFFARI DELLE GRANDI ARCHISTAR

U na manciata di spiccioli e una montagna di polemiche. Questo è più o meno quello che ha prodotto La Nuvola di Massimiliano Fuksas. Fulcro del progetto del Nuovo centro congressi all’Eur di Roma, costata circa 240 milioni, ha rischiato di restare incompiuta. Poi Renzi l’ha fortemente voluta malgrado i tanti avversari. Come sempre, le grandi opere in Italia diventano guerre di religione: basta ricordare quelle ricorrenti legate all’ipotesi del ponte sullo Stretto di Messina. Ma nel mondo le cose vanno un po’ diversamente, ed è una buona notizia. Le costruzioni infatti continueranno a fare il loro dovere: trainare l’economia mondiale nei prossimi anni, come confermano diversi e autorevoli studi.
A rappresentare gli esempi di punta del settore saranno progetti nel segno del binomio grandi opere & grandi architetti. O, quanto meno, grandi studi di architettura. Come quelli che guidano la classifica da poco uscita della rivista Building Design, il ranking dei primi cento studi al mondo guidato da due atelier californiani: l’Aecom di Los Angeles, 1.370 architetti, e il Gensler di San Francisco, 1.346 architetti. Vere e proprie multinazionali della progettazione con fatturati di centinaia di milioni di dollari nei principali Paesi. Certo, anche l’architettura si è da tempo arresa al fenomeno delle grandi firme, archistar la cui griffe va a impreziosire imponenti programmi di sviluppo edilizio. Per esempio l’aeroporto
di Pechino, un complesso piano infrastrutturale la cui prima parte è stata completata nel 2008 ma che si concluderà solo nel 2025: il terminal 1 è stato firmato da Zaha Hadid, la progettista inglese di origine irachena scomparsa a marzo. Ma vediamo meglio le previsioni. Il report Global Construction 2030, elaborato da Oxford Economics e Global Construction Prespectives, prevede che nei prossimi 13 anni le costruzioni nel mondo cresceranno del 58% raggiungendo un valore di 15,5 trilioni di dollari nel 2030. Una crescita annuale del 3,9%, superiore di un punto a quella prevista per il pil mondiale. E guidata da tre Paesi, Stati Uniti, Cina e India, che da soli svilupperanno il 57% della crescita totale. Gli Usa saranno primi, con un ritmo del 5 per cento annuo, mentre la Cina pur restando fra i leader rallenterà, come era inevitabile, considerato che nel triennio 2010-2012 ha costruito più di quanto abbiano fatto gli Stati Uniti in oltre un secolo, dal 1900 al 2013. Fra i primi tre, il fenomeno emergente è quello dell’India, che secondo le previsioni del report già nel 2021 sorpasserà l’attuale terzo in classifica, il Giappone, per assecondare un boom demografico che fino al 2030 conteggerà una popolazione di 165 milioni di persone in più. Altri Paesi dalla crescita importante saranno: in Medio Oriente, Arabia Saudita e Qatar, in Asia l’Indonesia, e poi le nazioni dell’Africa subsahariana, in particolare la Nigeria. Negative le stime per l’ex emergente Brasile, con un’ipotesi di crescita media annua fino al 2030 dell’1 per cento scarso. Attualmente un’ipotetica classifica mondiale delle grandi opere vedrebbe ai primi posti alcuni progetti in Medio Oriente, per esempio l’aeroporto Al Maktoum di Dubai, che quando sarà completato nel 2018 si estenderà per oltre 22 miglia quadrate, o il “padre” di tutti i parchi giochi, sempre a Dubai: il divertimentificio, previsto per il 2025, quando sarà finito, con i suoi 278 chilometri quadrati potrebbe contenere senza problemi tre Disneyland World. O ancora Jubail II, la grande città industriale dell’Arabia Saudita che dovrebbe essere ultimata entro il 2024. I costi non sono ancora esattamente calcolabili, ma per le sole infrastrutture si spenderanno circa 80 miliardi di dollari. In Cina si stanno invece concentrando sul problema dell’acqua: il cinquanta per cento della popolazione che vive nel nord del Paese ha solo il 20 per cento delle risorse idriche e quindi nei prossimi anni si lavorerà soprattutto a dighe e canali, in particolare i tre che con percorsi complessivamente pari a più di seicento miglia faranno arrivare a nord l’acqua dei grandi fiumi grazie a lavori che dovrebbero durare quasi cinquanta anni. In Europa, dove si prevede che per tornare ai livelli pre-crisi si dovrà aspettare il 2025, Brexit permettendo il Paese trainante resterà l’Inghilterra, in cui al momento l’opera più importante è l’estensione della metropolitana: il Crossrail si svilupperà per un centinaio di chilometri. Prossime fasi di ultimazione: il tratto della Elizabeth Lane da Liverpool Street a Shenfield verrà inaugurato a maggio prossimo; gli altri fra il 2018 e il 2020. In tanto fermento, di cui quelli citati non sono che alcuni macroscopici esempi, gli studi italiani o quelli stranieri con una sede e un fatturato italiano non sono certo protagonisti. Il fatturato dello studio di Renzo Piano Rpbw, primo classificato secondo il ranking della società milanese Guamari, è di 12,8 milioni di euro. Cifre relativamente piccole che risentono facilmente dell’arrivo o della scomparsa di importanti incarichi. Anche così si spiegano i forti incrementi del secondo e terzo in classifica, One Works, +81,6 per cento con 12,3 milioni di euro, e Lombardini22, +72,2 per cento con 9 milioni di euro. Da sottolineare la performance di Antonio Citterio che con Patricia Viel fattura 8,6 milioni di euro con la società dedicata agli interni, e 8 con quella di architettura, per un totale che vedrebbe il team al primo posto. Abbiamo contattato alcuni dei protagonisti dei grandi progetti dei prossimi anni per capire quali sono i lavori più interessanti e quali interventi ritengono prioritari per migliorare davvero la qualità della vita. Antonio Citterio indica i grattacieli residenziali su cui sta lavorando in Thailandia e Taiwan, mentre tra i progetti più qualificanti in tutto il mondo, in corso o recenti sceglie l’High Line di New York che ha trasformato in parco la ferrovia soprelevata in disuso, il Neues Museum di Berlino, il Rolex Learning Center di Losanna e l’Elbphilarmonie, la concert hall progettata da Herzog & de Meuron a Losanna. Tra i progetti utili alla qualità della vita, oltre a infrastrutture e strutture educative, indica il «flexibile affordable housing, una tipologia abitativa innovative, configurata sui nuovi bisogni ma anche flessibile e adattabile, comunque dimensionata per rispondere alle necessità delle nuove generazioni e, naturalmente, il riuso delle strutture esistenti». Daniel Libeskind tra le proprie opere sottolinea il «Kurdistan Museum a Erbil, in Iraq, che diventerà la più grande istituzione del mondo per presentare la cultura e l’identità curda. I Paesi chiave per le costruzioni continueranno a essere India e Cina, anche se la Cina dovrà migliorare le best pratices e gli standard per la sostenibilità. A questi due aggiungerei l’Africa. In ogni caso, ciò che può migliorare la qualità della vita nelle nostre città sono lo spazio pubblico e l’attenzione alla densità abitativa». Massimiliano a Doriana Fuksas ovviamente scelgono il Nuovo centro congressi, «il più grande progetto degli ultimi cinquant’anni a Roma», ma aggiungono «il Peres Center of Peace in Israele e la riqualificazione del Beverly Center di Los Angeles con un investimento di 500 milioni di dollari. Tra i Paesi più strategici indicano «l’Iran, che si sta aprendo al mondo, come altri in Oriente, ma soprattutto l’Africa ». Sulla qualità della vita Fuksas ha una pazza idea: «progettare una città con pochissime macchine, dove la gente si incontri, convivano tutela e rispetto del territorio, sostenibilità e cultura. Una città che offra stimoli, passioni, sentimenti, con più etica e meno estetica». Lo studio Zaha Hadid Architects che continua a essere molto attivo anche dopo la scomparsa della fondatrice, tra i punti strategici per le grandi opere del futuro, alla sostenibilità aggiunge la capacità di «ridurre le disparità sociali con una progettazione che sia inclusiva, grazie anche a una tecnica delle costruzioni meno costosa, che consenta anche a chi non è ricco di avere una casa propria. In questo le nuove tecnologie di progettazione sono importanti alleate perché permettono di avere edifici ad alte prestazioni, con spazi e forme ripensati sulle nuove esigenze, a costi più accessibili».