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 2017  gennaio 06 Venerdì calendario

BOLLORÈ SI FA PAGARE DAI COMUNI. PARIGI E 97 COMUNI VICINI DOVRANNO SCUCIRGLI 120 MLN


Come si chiamava quella formuletta economica dell’Italia ai tempi delle Partecipazioni Statali? Privatizzazione dei profitti e pubblicizzazione delle perdite. Come a dire che nelle società miste pubblico-privato è sempre il socio privato che ci guadagna e il socio pubblico che ci perde.
Non ci crederete, ma l’ultimo ad applicare con successo questa formuletta vincente, non in Italia ma in Francia (dove il peso del settore pubblico è ancora consistente), è il campione del capitalismo d’assalto, «il pirata» nella definizione hollandiana, quel Vincent Bolloré che, in questi giorni, sta battagliando, in Italia, con la famiglia Berlusconi per portarsi a casa il controllo di Mediaset, e in Francia con il Comune di Parigi e un centinaio di amministrazioni locali dell’Ile-de-France per scaricare sul pubblico le perdite della sua Autolib’, la rete di macchinette elettriche da prendere in affitto per spostarsi in città e nelle cintura metropolitana a 12 euro l’ora senza inquinare (vedere ItaliaOggi del 12 gennaio 2016).
La faccenda è indicativa dello stile e della spregiudicatezza del personaggio. E l’unico giornale a raccontarla, nell’ultimo numero di mercoledì 4 gennaio, è stato, comme d’habitude, il settimanale satirico «Le Canard Enchaîné», quello che, pur essendo sulfureo, non ha mai preso una querela in cent’anni di vita (vedere ItaliaOggi del 13 dicembre scorso). Partiamo dall’inizio, dal 2011 quando l’uomo d’affari bretone propone all’allora sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoë, paladino dell’ecologia metropolitana (niente auto, in primis) come del resto il suo successore, Anne Hidalgo, di sperimentare in città le vetturette elettriche disegnate da Pininfarina, prodotte da Psa-Peugeot Citroën ed equipaggiate con le nuove batterie al litio messe a punto dai laboratori Bolloré a Vaucresson.
L’accordo sembra vantaggioso per entrambi: Bolloré mette a disposizione 4mila Bluecar elettriche via via che escono dai suoi stabilimenti in Bretagna; il Comune di Parigi e poi, man mano, tutte le altre 97 Marie (comuni) dell’hinterland, si fanno carico della realizzazione di ben 1.100 aree di parcheggio con 6.300 colonnine di ricarica per un investimento non proprio irrisorio di 66milioni di euro (versati cash alla nuova società mista Autolib’ Metropole perché avvii i lavori).
All’inizio sembra un grande successo, un esempio di quel «capitalismo paziente» (per usare un’immagine cara agli economisti keynesiani) capace di valorizzare le risorse del pubblico e l’inventiva del privato. Sentite, per esempio, come si esprimeva solo qualche settimana fa la sindachessa di Parigi a proposito di Autolib’: «Je suis très fière de travailler avec des industriels français qui ont su prendre des risques au bon moment», sono fiera di lavorare con industriali francesi che hanno saputo prendersi dei rischi al momento giusto
E sentite, ancora, l’assessore al traffico, Christophe Najdosky: «Bollorè est très reactive: quand il y de pics de pollution, on demande la gratuite de l’abonnement et on l’obtien en trois heures», Bollorè è sempre disponibile, nei giorni in cui si registrano i picchi di inquinamento, come a dicembre scorso, l’abbonamento Autolib’ è gratuito. In realtà di gratuito nell’operazione Autolib’ non c’è niente. Ma la sindachessa di Parigi e gli altri suoi 97 colleghi dell’Ile-de-France se ne sono accorti solo alla vigilia di Natale quando «Bolloré l’écolo» (come da titolo in prima pagina del quotidiano economico Les Echos) ha presentato il conto.
«La révolution urbaine» promessa da Delanoë e applicata entusiasticamente abbracciando il progetto di Autolib’ perde molti quattrini, almeno 180 milioni di euro. E Bolloré, l’industriale buono-ecologico-che sa prendersi dei rischi (definizione della Hidalgo) non è affatto disponibile a farsene carico se non fino al tetto del 30%: 60milioni di euro. Il resto (120milioni) dovrà essere trovato nei bilanci dei Comuni.
Ovviamente era tutto scritto nel contratto del 2011, quello che aveva dato vita alla società mista Autolib’ Metropole. Solo che, all’epoca, nessuno ci aveva fatto caso o si era preferito nasconderlo all’opinione pubblica nella convinzione che le 4mila vetturette elettriche, affittate a 12 euro all’ora (oltre a 60 d’abbonamento) non sarebbero mai e poi mai andate in perdita.
Forse sarebbe bastato dare ascolto a un giovane ingegnere del Politecnico, Nicolas Louvet, direttore del centro di ricerca dell’Ecole nationale des pontes et des chaussées. Louvet aveva fatto qualche simulazione e aveva concluso (ma nessun grande giornale gli aveva dato spazio, immaginarsi!) che il modello economico di Autolib’ non sarebbe mai diventato redditizio. Al massimo, aveva spiegato, può diventare un’icona dell’industria francese com’è stato il Concorde: un successo tecnologico ma una sconfitta economica.
Non sapeva l’ingegner Louvet così come non sapevano i contribuenti francesi che il prezzo di questa sconfitta sarebbe stato pagato dalle casse pubbliche, dai 97 Comuni che si sono fidati di Bolloré l’écolo.
Che, tanto per gradire, oltre alle perdite ha messo a carico dei sindaci anche il costo del sistema informatico che gestisce il parco delle sue 4mila Bluecar: altri 60 milioni di euro, fatturati dalla società Polyconseil, filiale del gruppo Bolloré. Ça va sans dire.