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 2015  agosto 11 Martedì calendario

I 46 MESI INGARBUGLIATI DEI DUE MARO’

La vicenda arrivata ieri dopo tre anni e mezzo di confronto e colpi di scena davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo ha la caratteristica dell’eccezionalità. Non solo, infatti non ha precedenti comparabili se non - altro caso di imbarcazione di un paese che ha cercato di rivendicare il proprio interesse contro un altro Stato che reclamava la propria giurisdizione in quello della SS Lotus (battello francese che il 2 agosto 1926 speronò in acque internazionali una nave passeggeri turca provocando otto morti). Il caso che coinvolge i due fucilieri del Reggimento San Marco Salvatore Girone e Massimiliano Latorre è iniziato il 15 febbraio 2012 al largo delle coste dello Stato meridionale indiano del Kerala con l’uccisione di due pescatori indiani, Valentine Jalestine e Ajesh Binki. Per la parte italiana colpiti in risposta a un tentativo di arrembaggio alla navecisterna ’Enrica Lexie’, per quella indiana un duplice omicidio volontario da parte dei due fucilieri di Marina di scorta alla nostra nave. Un fatto non verificatosi nelle acque territoriali indiane, ma che gli indiani ritengono di loro competenza e il cui sviluppo successivo molto deve al successivo attracco della nave italiana nel porto di Kochi su pressione delle autorità marittime locali. Quando pochi giorni dopo i due marò vennero arrestati e posti in custodia cautelare la vicenda acquisì la connotazione di un difficile contenzioso tra due diplomazie, diventando un elemento dei giochi di potere a livello nazionale e locale. In questa situazione si accende, dopo un primo rimpatrio per le festività di fine anno e il trasferimento dei due italiani e della giurisdizione sulle indagini a New Delhi a inizio 2013, la crisi accesa dal rientro in Italia per votare alle politiche del febbraio 2013. Dopo avere annunciato che sarebbero rimasti in patria, la nostra diplomazia cede alle pressioni di New Delhi in cambio di assicurazioni che in nessun caso sarebbe stata applicata contro i marò la pena capitale. La vicenda porta alle dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi. Sul fronte delle indagini, il caso viene posto sotto la giurisdizione dei servizi antiterrorismo e questo riapre i timori di una pena esemplare per i marò. Eventualità sventata quando il 28 marzo 2014 la Corte Suprema indiana accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri italiani. Seguono la sospensione dei lavori del Tribunale speciale al quale era stato affiato il caso nella capitale New Delhi e un periodo di incertezza. I due restano ospiti dell’ambasciata italiana, con libertà limitata in India, ma senza possibilità di espatrio. Il 12 settembre 2014, a seguito di un episodio ischemico, i giudici indiani danno il via libera al rientro in Italia per quattro mesi di Massimiliano Latorre , ma negano un nuovo permesso a Girone per visitare la famiglia a Natale. Circostanza che accende la polemica sul ’ricatto’ indiano, sulla ’presa in ostaggio’ del militare al centro dell’istanza presentata dall’Italia ad Amburgo. Il 14 gennaio 2015 la Corte Suprema indiana - auspicando un avvio in tempi brevi del processo presso la Corte speciale - concede una proroga di tre mesi a Latorre, nel frattempo operato, e il 9 aprile un’ulteriore estensione fino al 15 luglio. Il 26 giugno, l’Italia avanza richiesta di arbitrato internazionale nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. L’accettazione dell’arbitrato da parte indiana il 15 luglio è accompagnata dal prolungamento del soggiorno di Latorre per sei mesi, ma non la cessazione della giurisdizione di New Delhi sulla vicenda, come chiesto da Roma.