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 2015  marzo 08 Domenica calendario

LA MESSA IN ITALIANO HA 50 ANNI. IL PAPA: FU UNA SCELTA CORAGGIOSA

CITTÀ DEL VATICANO Quell’anno in Vietnam iniziavano i primi bombardamenti americani, veniva assassinato Malcom X, Saragat inaugurava a Taranto l’Italsider, e la Chiesa compiva un passaggio storico. Il latino finiva in soffitta. Era il 7 marzo 1965 quando Paolo VI indossava i paramenti per celebrare la prima messa in italiano. Montini scelse di celebrare il rito non a San Pietro, in basilica, ma in una parrocchia periferica sull’Appia Nuova, la chiesa di Ognissanti, in mezzo a gente comune, ai religiosi orionini, a gruppi di bambini. Voleva dare un segnale, avvalorare il messaggio conciliare. «Questa domenica - annunciò durante l’omelia - segna una data memorabile nella storia della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico». La Chiesa, aggiunse, «ha sacrificato tradizioni di secoli per arrivare a tutti». La messa in italiano rappresentò il primo, rivoluzionario frutto del Concilio Vaticano II. Ma, allo stesso tempo, per tanti padri conciliari, fu vista come una sorta di forzatura, incoraggiata dallo stesso Paolo VI. «Un gesto coraggioso - ha aggiunto ieri il Papa - con cui la Chiesa si è avvicinata al popolo di Dio».
LA SVOLTA

La «Sacrosanctum Concilium», la costituzione sulla liturgia approvata nel dicembre del 1963 (fu primo documento del Vaticano II), aveva una struttura prudente eppure assai possente per incidere nella storia. «Si possa concedere nelle messe celebrate con partecipazione di popolo una congrua parte alla lingua volgare. Si abbia però cura che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme anche in lingua latina le parti dell´Ordinario della messa che spettano ad essi». Come in tutte le rivoluzioni anche la riforma liturgica era stata preceduta da una lenta incubazione. Al Nord, in Francia e in Germania, le lingue nazionali erano già state inserite parzialmente nella messa per concessione papale sin dai tempi di Pio XII e comunque erano già in uso i messalini bilingui. Certi monasteri, come Maria Laach in Germania, registravano un afflusso eccezionale di giovani la domenica proprio perché il rito era capito nella lingua quotidiana. Ma l’idea sacrale del latino rimaneva nonostante tutto fortissima.
MEMORIA
Lo stesso edificio sull’Appia che cinquant’anni fa accolse Montini, ieri pomeriggio ha abbracciato Papa Bergoglio, il quale ha ricordato così quei momenti. «La Chiesa ci chiama ad avere e promuovere una vita liturgica autentica, affinché vi possa essere sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che noi viviamo nella nostra esistenza. Si tratta di esprimere nella vita quanto abbiamo ricevuto mediante la fede». Uscendo dalla sacrestia, in processione per dirigersi all’altare, Francesco camminava aiutandosi con il pastorale d’argento di Paolo VI, un Cristo stilizzato e sofferente per i mali del mondo. Poi a braccio una postilla contro chi pratica solo un culto esteriore «fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse materiale». Come dire che contano i fatti, la voglia di cambiare il proprio cuore, più la sostanza che la forma. «Il discepolo di Gesù non va in chiesa per osservare un precetto, per sentirsi a posto con un Dio che poi non deve disturbare troppo. Va in chiesa per incontrare il Signore e la forza di pensare e agire secondo il Vangelo». Ossia secondo giustizia, onestà e carità.