Lea Mattarella, la Repubblica 31/1/2015, 31 gennaio 2015
DE NITTIS E GLI ALTRI, GLI EMIGRANTI DEL PENNELLO
A Forlì non c’è solo la pennellata guizzante e fulminea di Giovanni Boldini. La mostra ricostruisce infatti il clima tra Italia e Francia, in cui si è sviluppata la sua pittura che diventerà celebre soprattutto per i ritratti femminili capaci di raccontare una Parigi di sete e chiffon.
Nella capitale francese ci sono altri due grandi artisti italiani che si guardano intorno interpretando, anche grazie alla mediazione degli impressionisti, la Ville Lumière come un grande palcoscenico della modernità.
Sono Giuseppe de Nittis e Federico Zandomeneghi. Il primo arriva a Napoli da Barletta, dove era nato nel 1846 (morirà a soli 38 anni) e subito fa corpo con gli artisti della Scuola di Resina, che guardano il paesaggio e lo vogliono dipingere dal vero e non in atelier. Al 1867 risale il suo primo viaggio a Parigi, dove si trasferisce stabilmente nel 1868. Così al suo amore per la veduta si unisce la grande passione per il racconto per immagini della vita mondana della città. Nel suo salotto si incontrano gli artisti italiani e i grandi protagonisti dell’arte moderna parigina: ci saranno D’Ancona, De Tivoli, Signorini accanto a Manet e Degas, ma anche a scrittori come Zola, i Goncourt (in mostra c’è un bel ritratto di Edmond), Duranty. Lo scambio è continuo.
De Nittis dipinge le corse dei cavalli, come Degas. Solo che l’italiano cerca di cogliere soprattutto l’eleganza del pubblico, la raffinatezza delle vesti, avendo sempre ben presente una giusta misura compositiva dell’opera, un taglio originale, una scelta dei toni che spesso sono autunnali e che utilizzano in maniera estremamente raffinata le diverse possibilità dei grigi. Un bell’esempio qui a Forlì di questo suo modo di procedere è il dipinto Alle corse di Auteuil, che inquadra una coppia intenta a guardare uno spettacolo che a noi resta sconosciuto. Un espediente che crea curiosità e nello stesso tempo lascia che lo sguardo si concentri sulla posizione della donna in piedi sulla sedia, sulle stoffe delle vesti, sulla fattura del cappellino illuminato dal rosa dei fiori, sulle piccole scarpine lucide. Viene in mente Charles Baudelaire che auspicava la nascita di pittori «che sapessero strappare alla vita odierna il suo lato epico, e farci vedere e comprendere, mediante il colore e il disegno, quanto siamo grandi e poetici con le nostre cravatte e le nostre scarpe di vernice».
Ci sono poi i boulevard sempre animati dalla vivacità delle persone che passeggiano, le piazze come quella della chiesa di Saint Augustin, costruita negli anni Sessanta dell’Ottocento, le dame nei giardini intente a leggere o a portare a spasso i loro cagnolini. Un mondo che lo porterà a condividere l’esperienza della celeberrima Prima mostra degli impressionisti allestita nel 1874 presso l’atelier del fotografo Nadar.
In quello stesso anno Federico Zandomeneghi arriva a Parigi da Venezia e quindi porta con sé il colore respirato nella città natia e la “macchia” imparata a Firenze, dov’è in contatto con i pittori che da questo modo di dipingere — senza contorni definiti e a tocchi di colore — prenderanno il nome: i macchiaioli.
La sua pittura appena giunto a Parigi si concentra sulle esperienze di Degas, Toulouse-Lautrec e Renoir. Tra le sue opere più belle ecco Al Cafè de la Nouvelle Athènes in cui la protagonista, seduta al tavolo del luogo di incontro di artisti e scrittori del tempo, è la più bella modella di Montmartre, la pittrice Suzanne Valadon, madre di Maurice Utrillo. E poi donne dai lunghi capelli rossi che si risvegliano e dame a teatro, nei palchi, attente più a farsi ammirare che a guardare lo spettacolo. In un’opera dipinta tra il 1885 e il 1895 ci sono quattro eleganti figure femminili e i loro sguardi non combaciano, ognuna ha il suo spettacolo privato da tenere d’occhio.
Vivranno una fase parigina anche Vittorio Corcos e Serafino de Tivoli. Il primo è un cantore della bellezza e dell’eleganza femminile; l’altro si sofferma sul paesaggio frequentando quelle rive della Senna tanto amate dagli impressionisti.
C’è anche chi, come Sem, pseudonimo di George Goursat e grande amico di Boldini, dà di questa Parigi fin de siècle un ritratto ironico e divertito tra la caricatura e il gioco. Un altro modo di attraversare un’epoca affascinante che ancora oggi riesce a essere sorprendente.
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Ci sono i boulevard animati le piazze, le dame nei giardini