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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

ORO, LA SVIZZERA POTREBBE ACQUISTARE 1.500 TONNELLATE

A pochi giorni dal crollo sotto quota 1.200 dollari, l’oro è tornato a brillare, superando 1.230 dollari l’oncia nella seduta di ieri. A rimetterlo in luce è stata soprattutto la Federal Reserve, che dalle minute del comitato monetario è sembrata meno determinata di quanto si credesse a rialzare in fretta il costo del denaro.
Ci si è poi messa anche Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, invocando di nuovo un’operazione di quantitive easing da parte della Banca centrale europea e sventolando lo spettro di nuova recessione dell’Eurozona, «possibile al 35-40%». Nel generale ritorno dei mercati alla modalità risk-off, la risalita dell’oro – iniziata peraltro già da lunedì – è stata ovviamente agevolata.
Sullo sfondo comincia però a guadagnare peso anche un altro elemento, con implicazioni potenzialmente esplosive non solo per il mercato dell’oro, ma anche – e forse ancora di più – per quelli valutari, che spesso intrecciano i loro destini con quelli del lingotto. Tra meno di due mesi, il 30 novembre, i cittadini svizzeri saranno chiamati alle urne per un referendum che punta ad imporre alla banca centrale di elevare ad almeno il 20% la quota di riserve in oro e ad impedirle ogni vendita di lingotti nel futuro.
Secondo Beat Siegenthaler, analista di Ubs, una vittoria del sì costringerebbe la Banca nazionale svizzera (Bns) ad acquistare 1.500 tonnellate di oro in cinque anni. Gli ultimi dati del World Gold Council mostrano che le riserve auree elvetiche ammontano oggi a 1.040 tonnellate e sono pari al 7,8% del totale delle riserve.
L’impatto (rialzista) sulle quotazioni dell’oro potrebbe essere notevole: tanto per avere qualche termine di paragone, la produzione aurifera mineraria è di circa 3mila tonnellate l’anno, mentre le banche centrali – tutte le banche centrali del mondo – l’anno scorso hanno fatto acquisti netti per 409,3 tonnellate di oro.
Non ci sono ancora sondaggi sull’orientamento dei cittadini elvetici, ma il referendum – promosso con oltre 100mila firme dai conservatori dell’Unione democratica di centro – spaventa il governo e la Banca nazionale svizzera, che si sono fortemente schierati dalla parte del no. La banca centrale in particolare teme di ritrovarsi in futuro con le mani legate nelle politiche monetarie, già particolarmente onerose da quando la Bns nel 2011 ha fissato a 1,20 la soglia minima per il cambio euro-franco: «Le misure proposte – ha commentato il suo presidente Thomas Jordan – sono basate sul fraintendimento dell’importanza dell’oro nella politica monetaria e comprometterebbero la capacità di agire della Bns. Nello scenario peggiore la banca si ritroverebbe col tempo ad avere tra gli asset in bilancio soprattutto oro invendibile».
Gli analisti intravvedono forti rischi anche per l’euro. La banca centrale elvetica, che alla fine di settembre aveva riserve in valuta estera per ben 462 miliardi di franchi (382 miliardi di euro) su un totale di 522 miliardi, per comprare lingotti avrebbe bisogno di dollari. Ad essere sacrificata nel mix delle riserve sarebbe quindi soprattutto la divisa europea.