Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

«HO CHIESTO IO STESSO DI ESSERE RICOVERATO E MESSO IN ISOLAMENTO» DICE L’ORTOPEDICO RICOVERATO ALLO SPALLANZANI PER TIMORE DELL’EBOLA


«Sto perfettamente, ho chiesto io di fare accertamenti per prudenza, una condotta, questa, che deve sempre guidare un medico nella sua professione». Poche parole, dette al telefono, dall’ortopedico marchigiano ricoverato allo Spallanzani di Roma, centro di riferimento nazionale per il virus Ebola.
Il medico, nato e vissuto a Roma dove si è laureato alla Sapienza, il 3 ottobre è ritornato in Italia dopo un periodo passato a lavorare in un ospedale della Sierra Leone in qualità di coordinator di Emergency. E quando è atterrato a Fiumicino ha riferito, come prevede il protocollo, le modalità del suo lavoro e i contatti avuti nella terra martoriata dall’Ebola. Un contatto molto marginale, durante una festa, ha fatto scattare l’allarme. A fine settembre il medico marchigiano ha partecipato a Freetown a un brindisi di saluto con altri operatori di Emergency, tra loro c’era anche il pediatra ugandese che successivamente si è ammalato di Ebola e che ora è in Germania per curarsi. Quel contatto ha messo in moto una procedura rigida e una serie di controlli, anche se il medico marchigiano non ha sintomi (febbre e diarrea) e ha avuto contatti con il collega ugandese quando non si era ancora manifestata la malattia, quindi con possibilità di contagio ridotta a zero.
«Ho chiesto io di essere sottoposto a tutti gli accertamenti - dice al telefono il medico che ha 60 anni - l’ho fatto a titolo precauzionale, per ragioni di prudenza ma, ripeto, sto perfettamente, mi sento bene, non ho alcun problema». Vorrebbe chiudere subito: «Non è questo il momento di parlare». Aggiunge solo: «La prudenza è la condotta che deve guidare un medico nella professione e nella vita, sempre». Quando uscirà? «Devo stare qui 21 giorni, il periodo previsto per tutti coloro che si siano recati in una zona dove esiste quel tipo di problema». Ventuno giorni è il periodo di incubazione del virus che in questo caso, va specificato, non è stato diagnosticato, tutti i test fatti finora sono negativi e il medico sta bene, come ha assicurato lui stesso al telefono e come ha ribadito ieri il direttore dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, Giuseppe Ippolito: «L’ortopedico non ha sintomi dell’infezione da virus Ebola. In Italia al momento non ci sono casi di Ebola e non ci sono rischi addizionali legati alla situazione. Il medico resterà in osservazione per 21 giorni e poi sarà dimesso».
L’ortopedico si è trasferito da tempo nelle Marche dove ha lavorato per diversi anni in due ospedali, poi tre anni fa la decisione di lasciare l’Italia e proseguire la professione negli ospedali africani. Ogni tanto prende una pausa e torna in provincia di Macerata, dalla moglie e dai figli, con i quali è comunque sempre in contatto. Sul suo profilo Facebook dominano l’Africa, la sua bellezza e le sue cattiverie. Foto di corsie e ammalati, sofferenza ma anche panorami da sogno e guarigioni che si leggono negli ampi sorrisi dei bambini, appena operati. La vita del medico è per lo più nella capitale della Sierra Leone, Freetown dove lavora in un Centro chirurgico di emergenza. L’ultimo post è del 3 ottobre e un amico chirurgo scrive, in inglese, dell’emergenza Ebola in Sierra Leone e parla dell’ospedale dove lavorano come di una prima linea («front line») nell’epidemia.