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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

ITALICUM FERMO AL SENATO. PD E FI DIVISI DAL BALLOTTAGGIO

Delle riforme rimaste a metà, l’«Italicum» è il caso più misterioso. Quasi nessuno sa spiegare come mai la riforma elettorale resti chiusa in un cassetto. Renzi aveva fatto fuoco e fiamme per approvarla alla Camera entro marzo. Sembrava che non ci fosse un minuto da perdere. Invece poi, messo il timbro di Montecitorio, da sei mesi l’«Italicum» giace «spiaggiato» a Palazzo Madama: immagine cruda del «Mattinale», bollettino web ispirato da Brunetta.
L’esame in seconda lettura non è nemmeno incominciato. Tantomeno è stata fissata una data. Però sarebbe ingiusto prendersela con Anna Finocchiaro, che presiede la Commissione incaricata: mille volte è stata sul punto di iscrivere la riforma all’ordine dei lavori, ma l’hanno sempre pregata di attendere. Ci sono problemi lassù, nelle altissime sfere dove solo in pochi hanno diritto di accesso: Renzi, la Boschi, Berlusconi, Lotti, Verdini, Gianni Letta... Tutti gli altri possono solo intuire che cosa sta accadendo. E pare che causa dei ritardi siano certe modifiche da apportare all’«Italicum». Anzitutto sul famoso premio di maggioranza: nel testo attuale scatta per chi supera il 37 per cento, altrimenti si va al ballottaggio. Renzi vuole portare la soglia al 40 per cento, rendendo il ballottaggio molto probabile. E poi insiste perché il duello finale abbia luogo non tra due coalizioni ma tra i due partiti meglio piazzati.
La cosa cambia parecchio sebbene Silvio, il quale su questi temi poco si applica, sulle prime non abbia colto la differenza. Tanto che nel loro ultimo incontro aveva dato via libera a Renzi. «Mi sta bene un ballottaggio tra i due maggiori partiti», aveva detto distratto. «Un momento», l’aveva stoppato Verdini, «questa cosa non ci conviene, perché Forza Italia rischia di arrivare terza dietro Grillo, dunque di essere esclusa dai ballottaggi». Non solo: se ogni partito corresse per conto suo, quei furboni di Ncd sarebbero tentati di scegliere da che parte stare solo all’ultimo momento, idem Lega e Fratelli d’Italia, un po’ come fanno i piccoli partiti in Francia dove vige un sistema analogo. Meglio obbligarli a schierarsi fin dall’inizio, tramite un ballottaggio di coalizione.
Insomma, c’è questo primo nodo da sciogliere. L’altro riguarda il relatore della legge in Senato. La Boschi vedrebbe bene Doris Lo Moro, di cui molto si fida, il resto del Pd un po’ meno. I forzisti pretendono un relatore loro, altrimenti che accordo sarebbe? Ma pure Ncd rivendica quel ruolo. Cosicché Renzi deve scegliere, come segnala Quagliariello, tra patto del Nazareno e patto di maggioranza. Il premier fa sapere che deciderà quanto prima.
Ugo Magri