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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

PROPOSTE PER UN NUOVO SENATO DOVE PARLARE DI CULTURA


È nella cultura — e per cultura intendo Istruzione e Ricerca — che si costruisce la fiducia, ingrediente necessario per una reale ripresa economica. Sul supplemento culturale del Sole 24 Ore dell’8 dicembre, un articolo di Armando Massarenti affronta la questione andando direttamente al nocciolo: ispirandosi al motto di Einaudi «conoscere per deliberare». Il giornalista afferma che in Italia è quanto mai necessario ricostruire il nesso tra «cultura e politica, tra produzione di conoscenza e deliberazione pubblica». Chi ci governa spesso ignora quali siano le problematiche scientifiche su cui si trova a votare (si pensi alla tanto dibattuta questione delle cellule staminali). In occasione di un Incontro su scienza, innovazione e salute, organizzato dalla Commissione Sanità al Senato, in presenza di Napolitano, Massarenti avanza una proposta da non sottovalutare: che il Senato divenga un organo «delle indagini conoscitive, del monitoraggio dei saperi che permettono all’intero assetto istituzionale di agire con saggezza e lungimiranza», sulla scia del modello della House of Lord britannica.
Anna Li Vigni

Cara Signora,
L’ idea è molto attraente. Anche a me piacerebbe una Camera Alta, nel vero senso della parola, che discute e approfondisce i grandi temi culturali e scientifici del nostro tempo, da quelli della bioetica alla convivenza delle confessioni religiose in una società multietnica, dai sistemi educativi delle scuole superiori a quelli delle facoltà universitarie, dalla diffusione delle droghe a quello della giustizia penale in una società moderna: una grande agorà dove non esistano vincoli di partito, pregiudizi ideologici, preoccupazioni elettorali. Ma vi sono alcune difficoltà, forse non insuperabili, di cui occorre tenere conto.
In primo luogo il Senato della Repubblica non sarà mai, nemmeno dopo la sperabile riforma di cui si parla da un paio di decenni, una Camera dei Lord. Grazie a due importanti mutamenti degli scorsi anni, la vecchia istituzione britannica ha soltanto 92 lord ereditari (su un totale di circa 760 membri) ed è ormai prevalentemente composta da «life peers» ( l’equivalente dei nostri senatori a vita) che vengono nominati dalla regina sulla base di liste presentate dal governo a Buckingham Palace. Come nel nostro Senato del Regno, queste liste contengono un florilegio di vecchi uomini politici, studiosi, scienziati, artisti, esponenti della pubblica amministrazione, imprenditori, operatori culturali. Non vi è questione, quindi, che la Camera dei Lord non possa affrontare in un comitato composto da personalità esperte e competenti. In Italia, invece, le competenze sono nei «Consigli» previsti dalla costituzioni o da legge speciali: Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, il Consiglio superiore della magistratura, della Sanità, dei Lavori pubblici, della Pubblica istruzione, della Difesa e il Comitato nazionale per la bioetica. Alcuni di questi organi hanno fatto un discreto lavoro, altri sono diventati prevalentemente rappresentanze corporative, altri ancora sono finiti nell’angolo morto del retrovisore. Ma se al Senato venissero affidati i compiti suggeriti da Massarenti, occorrerebbe decidere che cosa farne.
La seconda difficoltà, cara Signora, è nella svolta semi-federalista che l’Italia ha imboccato nell’ultimo decennio del secolo scorso. I risultati, salvo alcune lodevoli eccezioni, sono stati deludenti e terribilmente costosi. Ma temo che non si possa tornare indietro e che occorra quindi cercare di completare l’opera con una Camera delle regioni che eviti al sistema di diventare irrazionale e caotico. Credo insomma che allo stato attuale delle cose avremo un Senato delle regioni o continueremo a tenerci quello d’oggi: una Camera Alta che ha le stesse competenze della Camera Bassa e raddoppia i tempi della politica italiana.