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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

LA SIGNORA DEL DOLLARO, PER LA PRIMA VOLTA LA FED È ROSA


Quella che si appresta a diventare la donna più potente della storia americana è una signora elegante dalla folta chioma bianca cresciuta a Brooklyn e dal curriculum professionale strepitoso, messo insieme con tenacia nelle stanze della Federal Reserve, la banca centrale americana, fin dagli anni ’70. Qui, Janet Yellen ha incontrato quello che sarebbe diventato il suo futuro marito, l’economista George Akeloff, nonché premio Nobel nel 2001. Ma che la sua non sarebbe stata una semplice vita da «moglie di» lo si poteva capire da subito e la sua nomina da parte del presidente Barak Obama alla guida della Fed ne è la prova.
Sì, perché Yellen, dal 2010 numero due di Ben Bernanke, il cui mandato scade il 31 gennaio, sarà la prima donna a guidare il baluardo economico americano nei suoi 100 anni e passa di vita. Dopo la nomina della francese Christine Lagarde a capo del Fondo monetario internazionale (in seguito allo scandalo sessuale che coinvolse il connazionale Dominique Strauss-Kahn) un’altra donna si appresta a occupare quella che è ritenuta la poltrona più importante dopo quella del presidente degli Stati Uniti e per di più in un momento di grande incertezza per l’economia americana, alle prese con lo shutdown e con il braccio di ferro sul tetto del debito.
L’incarico a Yellen sposta gli equilibri di potere sui Democratici che ritornano alla guida della Fed dopo 30 anni (Paul Volcker fu sostituito da Ronald Reagan con Alan Greenspan nel 1987). Non che si tratti di un fulmine a ciel sereno, la sua scelta era praticamente annunciata dopo il rifiuto a settembre del candidato Larry Summers. L’ex segretario al Tesoro era il superfavorito di Obama e dell’ex presidente Bill Clinton, ma era osteggiato da esponenti di spicco del suo stesso partito che non vedevano di buon occhio un «falco» come Summer in quella posizione. In ballo c’è la continuità o meno della politica degli stimoli all’economia voluti da Bernanke, i falchi sostengono che è ora di finirla e mettono in guardia dai rischi dell’inflazione. Le colombe pongono, invece, l’accento sui pericoli di politiche restrittive e nel braccio di ferro per decidere la guida della Fed alla fine hanno avuto la meglio, per la felicità di chi temeva bruschi cambiamenti nella politica monetaria.
Già, perché la nomina di Yellen è sì rivoluzionaria, ma di certo le politiche della più potente banca centrale del mondo non cambieranno radicalmente in seguito a questa. Anzi. Gli analisti prevedono una forte continuità con la politica monetaria espansiva che ha caratterizzato i due mandati di Bernanke a partire dalla crisi del 2008 e che hanno portato al rilancio degli investimenti e all’acquisto di titoli pubblici a suon di 85 miliardi di dollari al mese. La Yellen, democratica dichiarata da sempre, porta avanti dei concetti particolarmente sensibili e efficaci di questi tempi. È convinta che il mercato debba avere delle regole, che la crescita e gli investimenti debbano avere il sopravvento e che la lotta alla disoccupazione sia un obiettivo da perseguire senza esitazioni.
Certo, davanti a sé non ha una strada facile, ma di sicuro non è una novellina, basti pensare che già nel 2005 come presidente della Federal Reserve di San Francisco aveva segnalato il rischio della bolla immobiliare. Purtroppo non fu ascoltata. Ora all’età di 67 anni, mentre molti colleghi sono in pensione, si accinge a un nuovo lavoro.

srenzini@unita.it