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 2013  agosto 27 Martedì calendario

«PUNIRE I CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ E’ UN DOVERE MORALE»

«Fino a poco tempo fa ero contrario a un intervento degli Stati Uniti o della Nato in Siria. Ma l’impiego dei gas tossici da parte di Assad non può restare impunito. È un terribile crimine contro l’umanità, e chi lo commette deve sapere che sarà chiamato a rispondere delle sue colpe. È una questione morale prima che politica e di diritto. Occorre stabilire un precedente, in modo che tragedie come queste non si ripetano mai più. Basta con le vittime civili innocenti».
Dall’università di Princeton, il filosofo Michael Walzer, l’autore di Guerre giuste e ingiuste , non trattiene la sua indignazione nei confronti di Damasco. «Gli Stati Uniti e l’Unione Europea non possono lasciarsi coinvolgere nella guerra civile siriana, le conseguenze sarebbero gravi e imprevedibili. Devono però punire gli autori della strage della scorsa settimana con una operazione militare limitata ma potente. Non so che cosa sarebbe più efficace, se l’uso di missili o altro. So che deve essere chiaro a tutti che l’uso di armi chimiche non verrà perdonato».
Damasco ha negato di aver fatto ricorso a gas tossici e ha aperto le porte alle ispezioni dell’Onu.
«Come ha detto la Casa Bianca, Damasco non è più credibile e negli ultimi giorni potrebbe avere inquinato le prove con cannoneggiamenti e bombardamenti. Da mesi Assad è accusato di impiegare armi chimiche. Io sospetto che questa ultima tragedia umanitaria sia avvenuta perché non abbiamo compiuto subito una rappresaglia. Rappresaglia mirata contro bersagli militari è ovvio. Vedendo che non reagivamo, il regime siriano si è spinto troppo avanti».
Perché l’Onu non ha preso provvedimenti risolutivi?
«Perché la Russia e la Cina si sono opposte, hanno forti interessi in gioco in Siria, economici e politici. L’ideale sarebbe stato un mandato delle Nazioni Unite alla Nato per un’azione militare punitiva. Ma dal momento che è mancato , non è rimasta che l’opzione Kosovo, come la chiamo io. Nel 1999, la Nato pose fine alle atrocità della Serbia dopo quasi due mesi e mezzo di bombardamenti».
Prevede uno scenario analogo in Siria?
«Non saprei, a Washington si parla anche d’imporre una “no-fly zone” alla Siria per stroncarne i bombardamenti, e di aiutare direttamente i ribelli, come facemmo in Iraq. Bisogna tuttavia stare attenti a non mandare truppe della Nato sul terreno, a non ampliare la guerra civile siriana e a non estenderla oltre i confini. A differenza del Kosovo, non possiamo neanche fidarci dei ribelli, tra i quali vi sono estremisti islamici e gente legata ad Al Qaeda».
Quindi gli obbiettivi dell’America e dell’Europa sono limitati.
«Direi di sì. Ripeto. L’obbiettivo immediato di una operazione militare punitiva è di fare capire a tutti, inclusi i terroristi, che nessuno può usare i gas tossici. L’obbiettivo più a medio termine è di dimostrare alle due parti in causa che né l’una né l’altra possono vincere il conflitto, di costringerle a cessare le ostilità e di cacciare Assad, come cacciammo Milosevic dal Kosovo».
Negli anni Ottanta Saddam Hussein ricorse alle armi chimiche nella guerra tra l’Iraq e l’Iran senza che nessuno intervenisse. Secondo la rivista «Foreign Policy» Washington lo sapeva ma non fece nulla perché voleva che l’Iran fosse sconfitto.
«Fu un grave errore e oggi ne vediamo gli effetti. Se il raìs fosse stato punito, avremmo evitato analoghe tragedie successive e reso più cauti i regimi dittatoriali dell’Islam. Io ritengo che una rappresaglia contro la Siria adesso funzionerebbe da deterrente».
Come reagirebbe l’Iran a un attacco missilistico americano ed europeo alle postazioni militari siriane?
«Credo che Obama abbia calcolato tutti i rischi che ciò comporta e abbia preso le misure necessarie a minimizzarli. Il più serio a mio parere non è che l’Iran intervenga in Siria ma che inneschi una nuova spirale di terrorismo in Medio Oriente e in Occidente. L’Iran sa di non potere provocare impunemente il presidente. Obama ha dimostrato quanto possa essere determinato quando ha eliminato Bin Laden».
Israele non si troverebbe in pericolo?
«A mio parere il pericolo maggiore che Israele corre è che l’impiego delle armi chimiche non venga stroncato una volta per tutte, perché se non lo fosse prima o poi ne diverrebbe vittima».
Che posizione prenderebbero la Russia e la Cina?
«Presumo che protesterebbero duramente, ma che non interferirebbero, anzi che cercherebbero di moderare l’Iran. Sanno che una escalation del conflitto destabilizzerebbe il Medio Oriente e il Golfo Persico, cosa che non è nel loro interesse. La Russia e la Cina possono essere insensibili alla devastazione causata da Assad in Siria, ai quasi centomila morti. Ma la loro politica estera è improntata al realismo».
Non c’è più tempo per una soluzione diplomatica della crisi siriana?
«Ci sarebbe se Assad se ne andasse oppure se lui e i ribelli decidessero di negoziare, ma è molto improbabile. Obama ha lavorato dietro le quinte con tutti per un cessate il fuoco e per un accordo, ma senza successo. Si può solo sperare nel modello Kosovo. Milosevic si rassegnò quando la Nato gli dimostrò che non gli avrebbe più concesso tregua».
Ennio Caretto