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 2013  aprile 28 Domenica calendario

HO UNA SOLA PAURA NON ESSERE COPIATO"

Oscar de la Renta è uno degli stilisti più famosi del mondo. Come e quando ha cominciato?

«Negli Anni Cinquanta. In famiglia ero l’ultimo arrivato, prima di me erano nate sei femmine. Mio padre mi avrebbe ucciso se avesse saputo che mi sarei occupato di moda, ma con l’aiuto di mia madre prima ho studiato per un anno architettura frequentando l’accademia d’arte, poi a 18 anni ho deciso di trasferirmi in Spagna. E all’accademia San Ferdinando di Madrid ho studiato arte. Allora volevo diventare un pittore, anche perché disegnavo piuttosto bene; per guadagnare un po’ di soldi entrai per caso nel mondo della moda facendo illustrazioni per delle maison madrilene. Attraverso un amico iniziai a lavorare nella casa di moda Balenciaga, che allora aveva molto successo a Parigi ma che a Madrid non poteva usare il proprio nome. Infatti in Spagna era conosciuta come Eisa, che era il nome di sua madre. Ci sono rimasto per tre anni e mezzo ed è stata un’esperienza molto importante e formativa. Pur non avendo frequentato una scuola di moda, ho imparato guardando lavorare il maestro».

E poi cosa è successo?

«È successo che ad un certo punto chiesi a Balenciaga di essere spostato a Parigi e lui mi rispose che avrei dovuto aspettare ancora un anno. Ma io ero così deciso che presi dieci giorni di vacanza, andai in treno a Parigi e ricevetti diverse offerte, tra cui una da Dior e un’altra da Lanvin. Da Dior se ne era appena andato via Yves Saint Laurent, sostituito da Marc Bohan. Allora parlavo molto male il francese, e si dà il caso che da Lanvin il designer fosse lo spagnolo Castillo. Morale: decisi di andare con lui e vi rimasi per tre anni. Poi nei primi Anni Sessanta mi spostai a New York».

Come mai?

«Perché avevo capito che il futuro era il prêt-à-porter e non l’alta moda. Lì conobbi Elisabeth Arden e, consigliato da Diana Vreeland, famosa direttrice di “Vogue America”, decisi di entrare da Arden dove ben presto iniziai a disegnare la collezione di alta moda. Stando lì mi sono fatto in fretta un nome e dopo tre anni ho cercato di convincere Elisabeth Arden a fare il prêt-à-porter».

Ma Elisabeth Arden allora aveva già una certa età...

«In ogni caso mi chiese di fare un progetto, anche se poi i suoi consiglieri le fecero cambiare idea. Così scelsi di lasciare, e nel giro di alcuni anni diventai semplicemente Oscar de la Renta. Nel 1967 mi aggiudicai il Coty Awards, una specie di premio Oscar per il miglior designer dell’anno, rivinto l’anno seguente. Nel 1968, finalmente, divenni indipendente. E sono ancora qui dopo cinquant’anni».

Ma chi è Oscar de la Renta?

«Uno che adora il proprio lavoro e che ogni giorno impara qualcosa di nuovo. E se qualcuno mi chiede quando mi ritirerò, rispondo: “Quando saprò tutto”. Con me in studio ci sono molti giovani, ma continuo a controllare tutti i capi che portano il mio nome».

Qual è la sua specialità?

«Mah, forse sono famoso per i vestiti da sera, anche perchè sono uno dei pochi che li sa ancora fare, ma me la cavo bene pure con quelli da giorno...».

La casa di moda è interamente sua?

«Sì, posseggo il 100% e nella gestione mi aiutano mia figlia e mio genero, così sono sicuro che il nome Oscar de la Renta sopravviverà. Negli ultimi 10 anni il business è cresciuto moltissimo. Abbiamo aperto negozi a Madrid, Dubai, Londra, Atene, Abu Dhabi e in America. E tutti i più prestigiosi grandi magazzini del mondo vendono la nostra marca».

E per quanto riguarda i profumi?

«Fino a sei anni fa erano in licenza, poi ho ricomprato la mia marca. Stiamo puntando molto su questo settore».

Com’è oggi il mondo della moda?

«La creatività è molto forte a New York, Parigi, Milano e Londra. Per quanto ci riguarda, dobbiamo capire bene chi sono i nostri consumatori: la moda è diventata un grande business globale».

Ha paura che copino i suoi vestiti?

«La mia unica paura sarebbe di non esser copiato».

Chi sono i suoi competitori?

«Ovunque c’è tanto talento, basta pensare al successo di Prada, Valentino, Dolce e Gabbana».

Come è cambiato il mondo della moda?

«È cambiato il compratore. Oggi ciò che conta è la donna che si vede per strada, la donna che lavora, la donna professionista. Ma contano anche i vestiti che riflettono la loro personalità».

A cosa è dovuto il suo successo?

«Credo molto nei vestiti, e per di più al giorno d’oggi il potere della femminilità è in crescita».

Lei è bravo anche nei dettagli?

«Così dicono. E credo di essere più bravo adesso di 20 anni fa perchè capisco meglio i miei clienti».

Valentino è stato un grande esempio nel mondo della moda?

«Senz’altro, anche se penso che ora gli manchi lo stimolo della creatività quotidiana».

È preoccupato quando esce una sua nuova collezione?

«Il giorno in cui non mi preoccuperò più sarà meglio che smetta. Ora è ogni giorno più difficile, quando ho cominciato questo lavoro le donne chiedevano ai loro mariti se potevano comprarsi un vestito...».

I suoi abiti sono molto costosi?

«Per quanto riguarda il prêtà-porter, costano dagli 800 ai 15 mila dollari. Per un decennio ho disegnato pure l’alta moda, con le collezioni parigine di Balmain, ma poi ho smesso perchè volevo far crescere nel migliore dei modi il mio business».

In definitiva è contento di lavorare a New York?

«Certo. È la città più eccitante del mondo, non esiste un’altra metropoli che abbia la stessa energia».

Come ha fatto a mantenere per così tanti anni il medesimo successo?

«Sono un gran buon nuotatore... A parte gli scherzi, la cosa fondamentale è cercare di capire chi è la donna a cui uno si indirizza, e così facendo la metà del lavoro è fatto. Poi bisogna fare innamorare le donne di quello che uno fa. Anche se lavoro molto, mi considero un grande privilegiato».

E lei è soddisfatto della sua vita?

«Sono felice di essere più che mai appassionato di fare ciò che faccio ogni giorno».

Forse suo padre oggi sarebbe contento e non la vorrebbe più uccidere...

«È così, prima di morire mi aveva detto di essere soddisfatto del mio successo».

Chi più di altri l’ha aiutata a diventare quello che è diventato?

«Mi hanno dato una mano in molti, ma in ogni caso ci si deve aiutare da soli. Anche perché il successo di solito non arriva mai per un colpo di fortuna, ma perchè uno ha lavorato tanto e con talento. Poi ci vogliono pure una grande passione, molta curiosità ed il desiderio di fare sempre meglio».