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 2013  aprile 28 Domenica calendario

ASSAGGIAVO I CIBI DI HITLER SAPEVO CHE POTEVO MORIRE"

Lei, come tutti i tedeschi durante la guerra, aveva fame. E davanti le mettevano piatti sontuosi: asparagi bianchi con patate lesse e burro fuso, peperoni dolci con riso, insalata di mele noci e cavolo rosso, zuppa di piselli, strudel di mele, macedonia di frutta esotica. Da mangiare, non da guardare. Ma non c’era gioia nel suo saziarsi, non poteva esserci: Margot Woelk era una delle quindici assaggiatrici addette alla cucina di Hitler nella Tana del Lupo, il quartier generale tedesco di Rastenburg nella Prussia orientale. Aveva 24 anni, un marito al fronte, la sua casa bombardata a Berlino. Per questo era sfollata dalla suocera nel paesino di Gross-Partsch - oggi Parcz in Polonia - dove sembrava di vivere in pace. Ma a nemmeno tre chilometri c’era la Wolfsschanze, gli ottanta bunker nascosti tra la foresta e le paludi, protetti da campi minati e filo spinato, dove Hitler passava lunghi periosi. La reclutò il sindaco di Gross-Partsch e lei - ancorché mai iscritta alla Gioventù hitleriana non potè dire di no. E per due anni e mezzo fu assaggiatrice ufficiale del Führer. Non lo incontrò mai, né mai vide un piatto di carne o di pesce: Hitler era strettamente vegetariano.

Di questo suo passato non ha parlato con nessuno, nemmeno con Karl, il marito che nel 1946 tornò a casa e visse con lei a Berlino per quasi quarant’anni. Non ne parlava, ma lo sognava. Finché quel passato è uscito da sè, durante un’intervista in occasione dei suoi 95 anni. Qualche settimana fa una giornalista di un quotidiano locale è andata a trovarla per raccogliere i suoi ricordi di guerra ed è stato lì, davanti a una tazza di caffè e una fetta di torta, che Margot Woelk ha deciso di parlare: «Volevo raccontare che cosa succedeva in quell’orribile posto, con quell’uomo ripugnante, quel porco».

Succedeva questo: ogni mattina alle 8 una SS passava sotto la sua finestra e gridava: «Margot, alzati!». Quando arrivava nella Tana, i cuochi avevano già cucinato. Il personale di servizio riempiva i piatti di verdure, salse, spaghetti, frutta e li disponeva su un grande tavolo di legno. Lì, tra le 11 e le 12, le 15 ragazze consumavano il loro tetro pasto. Poi, passata un’ora e constatato che erano ancora vive e vegete, i cibi venivano imballati dentro casse speciali e portati a Hitler. Girava voce che gli Alleati volessero avvelenarlo. In realtà, a tentare di ucciderlo furono alcuni ufficiali tedeschi, con una bomba nascosta in una valigetta e portata dal colonnello von Stauffenberg nella sala conferenze della Wolfsschanze. La bomba esplose uccidendo tre uomini, ma non Hitler. Era il 20 luglio 1944.

«Noi eravamo fuori, sedute su una panca - ha raccontato Margot Woelk -. quando abbiamo sentito un fortissimo “bang” e lo spostamento dell’aria ci ha fatte cadere. Qualcuno urlava “Hitler è morto”, ma non era vero». Da quel momento le misure di sicurezza divennero ancora più strette e le ragazze furono trasferite in una scuola vicina ai bunker, dove vivevano «come animali in una gabbia». Ci rimasero fino all’autunno, quando Hitler tornò a Berlino e lei dalla suocera.

Quando l’Armata rossa era a pochi chilometri da Rastenburg, un ufficiale tedesco la prese in disparte, le disse: “Va’, scappa” e la mise su un treno per Berlino. Le salvò la vita: le altre 14 assaggiatrici furono tutte uccise dai sovietici.