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 2013  aprile 28 Domenica calendario

BONINO, DALLA TRINCEA DEI DIRITTI UMANI ALLA FARNESINA

Da Bra, in provincia di Cuneo, per tutto il resto del mondo. La vita di Emma Bonino non è altro che questo: un viaggio, un perenne cammino in tutti gli angoli del globo per perorare le cause di quelli che non compaiono mai. Sui giornali, in tv, nei pensieri della gente. A Bra Emma è nata il 9 marzo del 1948. E a 28 anni appena compiuti finisce in Parlamento, rappresentante del mini drappello di radicali che Marco Pannella ha portato nel Palazzo. Oltre a lei e a Marco ne fanno parte Adele Faccio e Mauro Mellini. La prima è antesignana della lotta per togliere alle mammane il monopolio dell’aborto clandestino; il secondo bolla i socialisti di Craxi intenti a cambiare simbolo elettorale: «Tanto li riconosceranno dalle impronte digitali». Sono gli anni delle lotte per i diritti civili che assegneranno un preciso posto politico agli adepti del Cappello Frigio, simbolo sulla scheda, poi trasformatosi nel profilo di Gandhi, mito della lotta non violenta, e infine nella Rosa nel Pugno. Sono gli anni dei referendum: sul divorzio prima e sull’aborto poi; ma anche dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e della cosiddetta legge Reale che nei famigerati anni di piombo, quando il terrorismo mieteva vittime, consentiva alle forze dell’ordine l’uso delle armi per esigenze di ordine pubblico. In Parlamento i radicali portarono il loro modo di fare politica fuori da tutte le convenzioni e i paludamenti dell’epoca. Forme e modi poco ortodossi, che federo guadagnare a Pannella un ceffone da Giancarlo Pajetta quando il leader radicale si presentò con un fiore davanti a Botteghe oscure, e ad Emma il nomignolo «la mia monella», come l’apostrofava - prima dal seggio presidenziale della Camera e poi dal Quirinale - Sandro Pertini.

L’IMPEGNO UMANITARIO
Il profilo sempre più affilato e la voce perennemente arrochita, Emma comincia l’itinerario su e giù per i quattro angoli del mondo con un’unica bussola: denunciare le ingiustizie e mettere sotto riflettori i diseredati ovunque si trovino e qualunque regime li perseguiti. Battaglie che devono smuovere l’indifferenza dei tantissimi che voltano la testa dall’altra parte o che dicono che sono impegni che non vale la pena di perseguire, tanto le cose non cambieranno mai. Un atteggiamento che la Bonino sopporta malissimo. E che comunque combatte. Nel 1981, assieme a 113 premi Nobel firmatari dell’appello radicale, fonda l’associazione Food and Disarmement International per coordinare le iniziative contro lo sterminio per fame. Poi lancia una campagna per la difesa dei diritti umani nell’Europa dell’Est e vola a Varsavia per manifestare contro il regime del generale Jaruzelski. E’ il 1987: in Polonia c’è Solidarnosc; a Roma il polacco Karol Woityla è diventato Papa; a Berlino il Muro pencola: crollerà due anni dopo. Emma è infaticabile: adesso è in Cina per difendere i diritti del popolo tibetani e per sollecitare l’introduzione di meccanismi democratici nel regime di Pachino.

COMMISSARIO UE
Ovvio che tanto attivismo e una dedizione che non sembra avere confini mette la Bonino sotto i riflettori della politica anche nel passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica. Così nel gennaio 1995, nominata dal governo italiano, diventa Commissario europeo per gli aiuti umanitari. Chi pensa che adesso metta radici su una scrivania non ha capito proprio nulla di lei. A Bruxelles si fa stimare; ma il periplo del mondo per sostenere le cause meno popolari, quelle che non portano titoli sui giornali e vengono snobbate dalle tv, non conosce tregua. Così va in Somalia, arena dei Signori della Guerra dopo lo che lo Stato si è sfasciato, e nei pressi di Kisimaio il suo convoglio umanitario viene attaccato dai guerriglieri di Aidid: nessun Black howk down, fortunatamente. Piuttosto una marcia subequatoriale a contatto con i genocidi: quelli dei Tutsi contro gli Hutu al confine tra Ruanda e Uganda, quelli perpetrati in Sierra Leone a colpi di machete contro civili inermi. Nel 1996 è nominata ”Personalità europea”.

MINISTRO CON PRODI
Alle elezioni europee del 1999 la sua Lista ottiene quasi il 9 per cento dei voti: un boom. Nel 2006 torna in Parlamento alleata con il centrosinistra e diventa ministro del Commercio estero del governo Prodi. Due anni viene eletta vicepresidente del Senato. Ora è arrivato l’incarico più importante. Ma sarà una nuova molla, non un coronamento.