Alberto Alesina-Francesco Giavazzi, Corriere della Sera 22/04/2013, 22 aprile 2013
E ADESSO PENSATE A FAMIGLIE E IMPRESE
La vacanza dalla realtà è finita. Il nuovo governo, chiunque lo guiderà, dovrà dare una risposta rapida e concreta ai problemi del Paese, altrimenti Grillo lo sommergerà. All’antipolitica e al populismo c’è un solo antidoto: fare qualcosa, finalmente, e farla bene.
In campo economico ci sono due priorità: abbassare le tasse su lavoro e investimenti e far ripartire il credito a famiglie e imprese. Dopo otto trimestri consecutivi in cui l’economia si è contratta (quasi un record) non c’è tempo per altro. Se non si arresta rapidamente questa spirale deflattiva e di sfiducia, abbandonando la politica economica del governo Monti, basata solo su aumenti di imposte, l’Italia rischia il collasso. A quel punto farla ripartire sarebbe molto più difficile.
Le proposte dei «saggi» incaricati dal presidente della Repubblica sono vaghe e soprattutto sono troppe. Solo dopo che si saranno ridotte le tasse e fatto ripartire il credito si potrà pensare ad altro. Pdl e Lega hanno già chiesto che venga eliminata l’Imu. Il nuovo presidente del Consiglio sarà costretto a dire di no. Ma la riduzione delle tasse su lavoro e imprese deve essere di un ammontare maggiore dell’Imu (che nel 2012 ha prodotto un gettito di circa 24 miliardi), altrimenti la pressione fiscale non scende.
Il taglio della pressione fiscale deve essere significativo. Ridurre le tasse di qualche miliardo non basta per far ripartire la fiducia e l’economia. Un obbiettivo di 4 punti di Pil (circa 50 miliardi), che ci allineerebbe alla pressione fiscale tedesca, non è irraggiungibile nell’arco di qualche anno.
Dove trovare le risorse? 10-12 miliardi di sussidi si possono abolire da domani, come da mesi chiede Confindustria. Ma non bisogna attendere, come ha fatto il governo Monti, il parere di innumerevoli ministeri e altrettanti burocrati che vivono amministrando quei sussidi. Bisogna tagliarli e basta. Il rapporto predisposto da uno di noi (Giavazzi) su incarico del governo uscente contiene l’elenco e un provvedimento di legge già pronto. La situazione del Paese è troppo grave per potersi permettere il lusso di continuare a finanziare servizi sostanzialmente gratuiti per tutti, anche per i ricchi, a partire da università e sanità. Ai ricchi va offerto uno scambio: meno tasse, ma in compenso cominceranno a pagare alcuni servizi. Uno studente universitario costa allo Stato, in media, 7 mila euro l’anno. I ricchi, dopo che gli sono state abbassate le tasse, devono pagarne 10. Con i 3 che avanzano si possono finanziare borse di studio per i meno abbienti meritevoli. Lo stesso vale per la sanità che non può essere gratuita per tutti.
La commissione Ceriani ha individuato 30 miliardi di agevolazioni fiscali, molte delle quali concesse a chi urlava di più. Qualcosa si può recuperare subito. Gli incentivi alle energie rinnovabili costano a famiglie e imprese (che li pagano in bolletta), oltre 10 miliardi l’anno. Una parte di questi denari sono una rendita concessa a chi ha investito nelle rinnovabili. Anche questo non ce lo possiamo permettere. L’argomento che non si violano i contratti è debole. Se il Paese rischia il collasso e si stanno pagando rendite ingiustificate nulla può essere sacro.
Secondo, far ripartire il credito. Le banche oggi non prestano perché (come abbiamo spiegato su queste pagine il 2 aprile) non hanno abbastanza capitale. Occorre urgentemente costituire delle bad bank, cioè togliere i crediti andati a male dai bilanci delle banche — spostandoli in nuove società, appunto le cosiddette bad bank — perché solo banche «ripulite» possono attirare nuovi investitori e così rafforzare il loro patrimonio. I vecchi azionisti (le Fondazioni) si oppongono perché questa operazione evidenzierebbe le loro perdite, che ora vengono tenute nascoste. Si opposero anche in Giappone e questa è una delle ragioni per cui da oltre vent’anni quell’economia non cresce. Una parte dei crediti inesigibili ricadrebbe sugli azionisti, ma inevitabilmente anche sullo Stato, come accadrà con il Monte dei Paschi di Siena.
Ma meglio lasciare che il debito salga di qualche punto piuttosto che continuare con una stretta creditizia che soffoca imprese e famiglie e impedisce la crescita. In assenza di crescita, il
rapporto debito-Pil salirebbe ancora di più.
Può darsi che per effetto di queste misure il deficit temporaneamente superi la soglia del 3%. Poco male, se l’economia continuasse a contrarsi salirebbe anche di più. Dopo un intervento radicale su tasse e spese (non prima), con Bruxelles si potrà negoziare.
Alberto Alesina Francesco Giavazzi